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martedì 3 gennaio 2017

Riflessioni per un nuovo anno
LEGGETE PER VIVERE…
E RIFLETTETE SU VOI STESSI
di Chiara Pasetti


La crisi economica che da anni ha colpito il nostro paese, e che non solo non accenna a diminuire ma sembra destinata ad aumentare, non permette certamente di accostarci al nuovo anno con animo lieto e sereno. Siamo tutti sofferenti, poiché il benessere inteso come stabilità del lavoro, ritorno e misura materiale di tutta una serie di attività, è fortemente messo in discussione, e tutti gli aspetti legati a questo tipo di benessere sono attanagliati dalla drammatica situazione economica di un’Italia «che non cresce» (da Il Sole24ore). Il senso di assoluta precarietà che investe ogni ambito delle nostre vite rende tutti più insofferenti, depressi e chiusi nel proprio mondo, come se sulle nostre giornate incombesse una nube pesante che schiaccia, e scaccia, i pochi pensieri luminosi che ogni tanto timidamente fanno capolino nella mente di chi ancora crede che qualcosa possa cambiare e migliorare. In genere in questi momenti si sentono frasi retoriche, che più che servire a risollevare il morale lo deprimono ancora di più, non fornendo né spunti di riflessione propositivi né appigli di speranza. Forse, allora, più che rimuginare su un passato in cui “si stava meglio quando si stava peggio”, o fare previsioni nefaste su un futuro ancora più grigio, l’unica cosa che resta da fare è riflettere su un altro tipo di benessere, che non deve, o meglio non dovrebbe essere scalfito dalla situazione economica attuale: stiamo parlando del benessere spirituale, che poco ha a che fare con i beni materiali, e riguarda invece uno stato di quiete e salute della mente e del cuore. 


È pur vero che senza soldi né lavoro è molto difficile sentirsi in pace con se stessi e col mondo ma, come è sempre accaduto nei momenti di forte crisi economica e di conseguenza delle coscienze, se un lato, l’unico, positivo questa situazione ce l’ha, è quello di fare in modo che ognuno di noi rifletta su ciò che possiede a livello di affetti, amicizie, legami interpersonali e familiari, e possa valutare quali sono le modalità per conservare e rinsaldare questi rapporti, spesso messi in secondo piano o non valutati nella giusta prospettiva nei tempi in cui “va tutto bene”. Considerando inoltre che uno stato di maggior benessere porta inevitabilmente a sottrarre tempo a tutta una serie di legami e attività che invece richiedono cura, dedizione e pazienza, forse questa è l’occasione giusta per riconsiderare molti aspetti legati all’anima e non alla borsa… e per essere, ora più che mai, solidali, caritatevoli, e operosi, in un senso non finalizzato alla produzione di qualcosa, ma alla semina di frutti che ognuno raccoglierà per sé e dentro di sé, e che saranno magari molto più fecondi di quelli che sono stati piantati pensando necessariamente al raccolto.


Senza alcuna pretesa di fornire delle “soluzioni”, come il mio Maestro Gustave Flaubert ci insegna nelle righe che seguono, è ancora una volta alla sua lezione che voglio affidarmi (e affidarvi) per tentare di suggerire una possibile via di fuga dai «miasmi pestiferi» che in questo periodo ingombrano i nostri pensieri. Flaubert consigliava a un’amica in crisi con se stessa di leggere Montaigne, e poi i classici greci e romani, Omero, Petronio, Plauto, Apuleio, e Shakespeare, Goethe. E di leggerli con calma, lentamente, non per divertirsi, o per cercare una risposta alle mille domande che le anime «sofferenti» si pongono giornalmente, ma per calmarsi, e per vivere. Forse possiamo provare ad ascoltare la sua voce, che come tutte quelle dei classici ha anche questo, di grande: la capacità di essere sempre, e comunque, profondamente attuale. E di trasmettere anche un afflato religioso di cui tutti, specialmente ora, abbiamo ancora bisogno.




«Vi rivoltate contro l’ingiustizia del mondo, contro la sua bassezza, la sua tirannia, e tutte le turpitudini e il marciume dell’esistenza. Ma le conoscete bene? Avete studiato tutto? Siete Dio? Chi vi dice che il vostro giudizio umano sia infallibile? Come possiamo noi, con i nostri sensi limitati e la nostra intelligenza finita, arrivare alla conoscenza assoluta del vero e del bene? Potremo mai cogliere l’assoluto? Se si vuole vivere, bisogna rinunciare ad avere un’idea precisa su qualsiasi cosa. L’umanità è così, non si tratta di cambiarla, ma di conoscerla. Pensate meno a voi stessa. Abbandonate la speranza di una soluzione. È in seno al Padre: lui solo la conosce e non la comunica. Ma, nell’ardore dello studio, ci sono delle gioie ideali fatte per le anime nobili. Associatevi con il pensiero ai vostri fratelli di tremila anni fa; riprendete le loro sofferenze, i loro sogni, sentirete allargarsi il vostro cuore e la vostra intelligenza; una simpatia profonda e smisurata avvolgerà come un manto tutti i fantasmi e tutti gli esseri. Sforzatevi dunque di non vivere più in voi stessa. Fate grandi letture. Stilate un piano di studi che sia rigoroso, e seguitelo. Leggete la storia, quella antica soprattutto. Costringetevi a un lavoro regolare e faticoso. […] Leggete i grandi maestri sforzando di cogliere il loro pensiero, di avvicinarvi alle loro anime, e ne uscirete con degli abbagliamenti che vi renderanno gioiosa. Sarete come Mosè che scende dal Monte Sinai. Egli aveva dei raggi intorno al viso, per aver contemplato Dio. Perché parlate di rimorsi, di colpe, di vaghe apprensioni e di confessioni? Lasciate tutto questo, povera anima! […] Che timore può esserci quando non si è colpevoli? Manchevoli come siamo, per il male come per il bene! Tutti i vostri dolori vengono dall’eccesso di un pensiero ozioso. È vorace e, non avendo nutrimento esterno, si rigetta su se stesso, e si divora fino al midollo. […] L’umanità è ora esattamente come voi. Il sangue del medioevo palpita ancora nelle sue vene ed essa aspira il grande vento dei secoli futuri, che reca in sé solo tempeste. E tutto questo perché vuole una soluzione. Oh! Orgoglio umano… una soluzione! lo scopo, la causa! Ma saremmo Dio, se possedessimo la causa. […] L’infinito, del resto, sommerge ogni nostra concezione. E dal momento che esso è, perché dovrebbe esserci un fine a una cosa così relativa quale siamo noi? Immaginate un uomo che, con bilance di mille cubiti, volesse pesare la sabbia del mare. Quand’anche egli fosse riuscito a riempire i suoi due piatti, questi traboccherebbero e il suo lavoro sarebbe di nuovo all’inizio. Tutti i filosofi  sono a questo punto. […] Siate dunque più cristiana. E rassegnatevi all’ignoranza. Mi domandate che libri leggere.Leggete Montaigne, leggetelo lentamente, pacatamente! Egli vi calmerà. […] ma non leggete, come i bambini, per divertirvi, né come gli ambiziosi, per istruirvi. No. Leggete per vivere. Date alla vostra anima un’atmosfera intellettuale che sia composta dall’emanazione di tutti i grandi spiriti. Studiate a fondo Shakespeare e Goethe. […] Si tratta di lavorare, mi capite? Non amo vedere una bella natura come la vostra che sprofonda nel dolore e nell’inoperosità. Allargate i vostri orizzonti e respirerete più facilmente. […] Affaticate il vostro pensiero».[Lettere del 1857]

Dürer: Adamo ed Eva

Queste parole appartengono alla metà del 1800. L’incisione di  che riportiamo in foto è ancora più lontana dal nostro tempo, è del 1507 e raffigura Adamo ed Eva, e insieme a loro alcuni animali: l’alce, simbolo della depressione malinconica, il coniglio, simbolo della lussuria, il gatto, che rappresentava la crudeltà, e il bue, l’indolenza flemmatica. Secondo la teoria medievale dei quattro umori, questi all’inizio si trovavano nell’uomo in perfetto equilibrio, che è andato poi perduto dopo il peccato originale.
Che ne dite se, per il 2017, cominciassimo con il proposito di affrancarci da questi vizi, che sembrano oggi i veri dominatori dei rapporti umani, o di farli tornare in equilibrio, e ci costringessimo, come scriveva Flaubert, a un lavoro regolare e faticoso, magari prima di tutto su noi stessi e sui nostri valori? Ne riparliamo l’anno prossimo… Per il momento, Buon Anno a tutti!