Riflessioni per un nuovo
anno
LEGGETE PER
VIVERE…
E RIFLETTETE SU
VOI STESSI
di Chiara Pasetti
La crisi economica che da
anni ha colpito il nostro paese, e che non solo non accenna a diminuire ma
sembra destinata ad aumentare, non permette certamente di accostarci al nuovo
anno con animo lieto e sereno. Siamo tutti sofferenti, poiché il benessere
inteso come stabilità del lavoro, ritorno e misura materiale di tutta una serie
di attività, è fortemente messo in discussione, e tutti gli aspetti legati a
questo tipo di benessere sono attanagliati dalla drammatica situazione
economica di un’Italia «che non cresce» (da Il Sole24ore). Il
senso di assoluta precarietà che investe ogni ambito delle nostre vite rende
tutti più insofferenti, depressi e chiusi nel proprio mondo, come se sulle
nostre giornate incombesse una nube pesante che schiaccia, e scaccia, i pochi
pensieri luminosi che ogni tanto timidamente fanno capolino nella mente di chi
ancora crede che qualcosa possa cambiare e migliorare. In genere in questi
momenti si sentono frasi retoriche, che più che servire a risollevare il morale
lo deprimono ancora di più, non fornendo né spunti di riflessione propositivi
né appigli di speranza. Forse, allora, più che rimuginare su un passato in cui
“si stava meglio quando si stava peggio”, o fare previsioni nefaste su un
futuro ancora più grigio, l’unica cosa che resta da fare è riflettere su un
altro tipo di benessere, che non deve, o meglio non dovrebbe essere scalfito
dalla situazione economica attuale: stiamo parlando del benessere spirituale,
che poco ha a che fare con i beni materiali, e riguarda invece uno stato di
quiete e salute della mente e del cuore.
È pur vero che senza soldi né lavoro è
molto difficile sentirsi in pace con se stessi e col mondo ma, come è sempre
accaduto nei momenti di forte crisi economica e di conseguenza delle coscienze,
se un lato, l’unico, positivo questa situazione ce l’ha, è quello di fare in
modo che ognuno di noi rifletta su ciò che possiede a livello di affetti,
amicizie, legami interpersonali e familiari, e possa valutare quali sono le
modalità per conservare e rinsaldare questi rapporti, spesso messi in secondo
piano o non valutati nella giusta prospettiva nei tempi in cui “va tutto bene”.
Considerando inoltre che uno stato di maggior benessere porta inevitabilmente a
sottrarre tempo a tutta una serie di legami e attività che invece richiedono
cura, dedizione e pazienza, forse questa è l’occasione giusta per riconsiderare
molti aspetti legati all’anima e non alla borsa… e per essere, ora più che mai,
solidali, caritatevoli, e operosi, in un senso non finalizzato alla produzione
di qualcosa, ma alla semina di frutti che ognuno raccoglierà per sé e dentro di
sé, e che saranno magari molto più fecondi di quelli che sono stati piantati
pensando necessariamente al raccolto.
Senza alcuna pretesa di
fornire delle “soluzioni”, come il mio Maestro Gustave Flaubert ci insegna
nelle righe che seguono, è ancora una volta alla sua lezione che voglio affidarmi
(e affidarvi) per tentare di suggerire una possibile via di fuga dai «miasmi
pestiferi» che in questo periodo ingombrano i nostri pensieri. Flaubert
consigliava a un’amica in crisi con se stessa di leggere Montaigne, e poi i
classici greci e romani, Omero, Petronio, Plauto, Apuleio, e Shakespeare,
Goethe. E di leggerli con calma, lentamente, non per divertirsi, o per cercare
una risposta alle mille domande che le anime «sofferenti» si pongono
giornalmente, ma per calmarsi, e per vivere. Forse possiamo provare
ad ascoltare la sua voce, che come tutte quelle dei classici ha anche questo,
di grande: la capacità di essere sempre, e comunque, profondamente attuale. E
di trasmettere anche un afflato religioso di cui tutti, specialmente ora,
abbiamo ancora bisogno.
«Vi rivoltate contro
l’ingiustizia del mondo, contro la sua bassezza, la sua tirannia, e tutte le
turpitudini e il marciume dell’esistenza. Ma le conoscete bene? Avete studiato
tutto? Siete Dio? Chi vi dice che il vostro giudizio umano sia infallibile?
Come possiamo noi, con i nostri sensi limitati e la nostra intelligenza finita,
arrivare alla conoscenza assoluta del vero e del bene? Potremo mai cogliere
l’assoluto? Se si vuole vivere, bisogna rinunciare ad avere un’idea precisa su
qualsiasi cosa. L’umanità è così, non si tratta di cambiarla, ma di
conoscerla. Pensate meno a voi stessa. Abbandonate la speranza di una
soluzione. È in seno al Padre: lui solo la conosce e non la comunica. Ma, nell’ardore
dello studio, ci sono delle gioie ideali fatte per le anime nobili.
Associatevi con il pensiero ai vostri fratelli di tremila anni fa; riprendete
le loro sofferenze, i loro sogni, sentirete allargarsi il vostro cuore e la
vostra intelligenza; una simpatia profonda e smisurata avvolgerà come un manto
tutti i fantasmi e tutti gli esseri. Sforzatevi dunque di non vivere più in
voi stessa. Fate grandi letture. Stilate un piano di studi che sia
rigoroso, e seguitelo. Leggete la storia, quella antica soprattutto. Costringetevi
a un lavoro regolare e faticoso. […] Leggete i grandi maestri sforzando di
cogliere il loro pensiero, di avvicinarvi alle loro anime, e ne uscirete con
degli abbagliamenti che vi renderanno gioiosa. Sarete come Mosè che scende dal
Monte Sinai. Egli aveva dei raggi intorno al viso, per aver contemplato Dio.
Perché parlate di rimorsi, di colpe, di vaghe apprensioni e di confessioni?
Lasciate tutto questo, povera anima! […] Che timore può esserci quando non si è
colpevoli? Manchevoli come siamo, per il male come per il bene! Tutti i vostri
dolori vengono dall’eccesso di un pensiero ozioso. È vorace e, non avendo
nutrimento esterno, si rigetta su se stesso, e si divora fino al midollo. […]
L’umanità è ora esattamente come voi. Il sangue del medioevo palpita ancora
nelle sue vene ed essa aspira il grande vento dei secoli futuri, che reca in sé
solo tempeste. E tutto questo perché vuole una soluzione. Oh! Orgoglio
umano… una soluzione! lo scopo, la causa! Ma saremmo Dio, se possedessimo la
causa. […] L’infinito, del resto,
sommerge ogni nostra concezione. E dal momento che esso è, perché
dovrebbe esserci un fine a una cosa così relativa quale siamo noi?
Immaginate un uomo che, con bilance di mille cubiti, volesse pesare la sabbia
del mare. Quand’anche egli fosse riuscito a riempire i suoi due piatti, questi
traboccherebbero e il suo lavoro sarebbe di nuovo all’inizio. Tutti i filosofi sono a questo punto. […] Siate dunque più cristiana.
E rassegnatevi all’ignoranza. Mi domandate che libri leggere.Leggete Montaigne,
leggetelo lentamente, pacatamente! Egli vi calmerà. […] ma non leggete,
come i bambini, per divertirvi, né come gli ambiziosi, per istruirvi. No. Leggete
per vivere. Date alla vostra anima un’atmosfera intellettuale che sia
composta dall’emanazione di tutti i grandi spiriti. Studiate a fondo
Shakespeare e Goethe. […] Si tratta di lavorare, mi capite? Non amo
vedere una bella natura come la vostra che sprofonda nel dolore e
nell’inoperosità. Allargate i vostri orizzonti e respirerete più facilmente.
[…] Affaticate il vostro pensiero».[Lettere del 1857]
Dürer: Adamo ed Eva |
Queste parole appartengono
alla metà del 1800. L’incisione di che riportiamo in foto è ancora più
lontana dal nostro tempo, è del 1507 e raffigura Adamo ed Eva, e insieme a loro
alcuni animali: l’alce, simbolo della depressione malinconica, il coniglio,
simbolo della lussuria, il gatto, che rappresentava la crudeltà, e il bue, l’indolenza
flemmatica. Secondo la teoria medievale dei quattro umori, questi all’inizio si
trovavano nell’uomo in perfetto equilibrio, che è andato poi perduto dopo il
peccato originale.
Che ne dite se, per il
2017, cominciassimo con il proposito di affrancarci da questi vizi, che sembrano
oggi i veri dominatori dei rapporti umani, o di farli tornare in equilibrio, e
ci costringessimo, come scriveva Flaubert, a un lavoro regolare e faticoso,
magari prima di tutto su noi stessi e sui nostri valori? Ne riparliamo l’anno
prossimo… Per il momento, Buon Anno a tutti!