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venerdì 17 febbraio 2017

L’arresto del mariuolo.
di Franco Astengo


Venticinque anni fa, 17 febbraio 1992, l’arresto del “mariuolo” Mario Chiesa rappresentò l’avvio del rotolarsi di una valanga che travolse tutto il sistema politico italiano (in combinato disposto, è bene ricordarlo, con la caduta del muro di Berlino avvenuta due anni e mezzo prima).
Naturalmente avremo, a questo proposito, articolate ricostruzioni e analisi ma in questo momento mi farebbe piacere prendere atto di una sintesi contenuto nel libro di Giuseppe Tamburrano (uno degli “sconfitti”) “La Sinistra Italiana 1892-1992”, recentemente pubblicato dalla Fondazione Nenni. Queste le ultime righe del testo: “Dobbiamo rivoltare l’Italia come un calzino” disse il magistrato Camillo Davigo. E’ stata rivoltata l’Italia ne è uscito Berlusconi.
Dopo Berlusconi, aggiungiamo, è arrivato addirittura Renzi con il suo tentativo di cambiare non solo la Costituzione ma addirittura la natura Parlamentare della Repubblica (e a fianco di Renzi il “tragico” M5S). Una fase, quella tra il 1992 e oggi che rappresenta un monumento all’insipienza, l’arroganza, il pressapochismo di un’intera classe politica.
Una fase di arretramento culturale, crescita abnorme delle diseguaglianze sociali, sottrazione di democrazia. Ritorniamo alle conclusioni i Tamburrano: “Ventiquattro anni dopo, lo stesso Davigo, diventato nel frattempo presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ha detto in un’intervista al “Corriere della Sera” (22 aprile 2016): i politici oggi rubano senza vergogna, è peggio di tangentopoli”.
Quest’affermazione del magistrato già componente del Pool “mani pulite”e ricordato da Tamburrano non è certo tacciabile di qualunquismo, almeno a nostro giudizio,  ma dettata dell’evidenza del fallimento della velleità di rispondere al malaffare con i partiti personali culla di quella che è stata definita “antipolitica”, con le liste civiche e i Sindaci eletti senza simbolo di partito. È stato un grande abbaglio quello di pensare di rispondere al procedere e all’intensificarsi del processo corruttivo avvenuto in assoluta continuità con il periodo dei grandi processi e dell’implosione del sistema attraverso l’invenzione di figure salvifiche provenienti dalla cosiddetta “società civile”.


Nel frattempo la corruzione è diventata sistema coinvolgendo giurisdizioni diverse, P3, P4, imprese e funzionari, faccendieri di vario ordine e grado: anche in virtù della divisione tra responsabilità amministrative e responsabilità politiche attuata attraverso le leggi “Bassanini”.
Dietro alle nuove forme di corruzione non c’è più la vecchia mappa dei partiti: oggi operano veri e propri comitati d’affari a conduzione privata che invadono il campo dell’amministrazione pubblica,  sfruttando anche nuovi campi d’intervento offerti dall’emergenza, come nel caso delle calamità naturali e delle ondate di migrazione. Si sono così create delle potenze private che operano nella gestione del pubblico intendendola come una sfera economica da conquistare al fine di sviluppare le proprie possibilità di lucro.
La corruzione odierna (Michele Prospero “Il nuovismo realizzato”) è figlia non tanto dell’invadenza dei partiti ma della debolezza estrema dei partiti che nei territori sono soppiantati da figure spregiudicate indifferenti a colori politici. Essi conquistano lo spazio di governo in ragione delle risorse che mobilitano a proprio sostegno e dell’odore di affari che promettono di annusare una volta insediati al potere”.
La differenza con tangentopoli può essere così individuata, in conclusione, nell’emergere, in luogo dell’antica logica di scambio, di una commistione inestricabile tra imprese, politici, “società civile”, faccendieri, rappresentanti di organi statali in un coacervo nel quale gli affari sono –appunto- il tratto comune distintivo. La sola risposta sarebbe quella di ricostruire soggetti collettivi capaci di sviluppare spazi per l’esercizio di una politica democratica: ma tutti gli indicatori sembrano dimostrarci che l’establishment, al centro come in  periferia, si muove esattamente in direzione contraria.