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martedì 21 febbraio 2017

MILANO. TEATRO OSCAR


Tradizioni Tradite adattato e diretto da Emanuele Drago da un lavoro di Emanuele Tremolada messo in scena al Teatro Oscar di Milano, è un testo ambizioso. Quanti spunti culturali mette in campo il discorso sulla tradizione è facilmente intuibile: politici, filosofici, estetici, artistici, letterari, musicali, teatrali…tanti quanti sono le forme sociali e i linguaggi, non solo verbali, che l’uomo ha elaborato e costruito nel corso della sua lunga parabola evolutiva. Quanti tradimenti, stravolgimenti, rivoluzionamenti, siano possibili di ciò che si è consolidato nella storia come tradizione, anche questo si può immaginare. Il postulato dell’autore viaggia su un doppio binario: “le tradizioni come fondamenta”, dunque qualcosa che sorregge e tiene in piedi, cioè di positivo; e le tradizioni come cascame deteriore, come istanza ricattatoria, soffocante, conservatrice. 


Trattandosi di uno spettacolo teatrale che ha privilegiato immagine, suono, ritmo, gestualità, danza, rispetto alla strutturazione logica della parola, il discorso è organizzato per simboli. Le figure simboliche della tradizione richiamano vari campi e hanno le sembianze di un Arlecchino (teatro dell’Arte), che però cammina e corre su una pedana da fitness ultra contemporanea dove esegue anche le sue evoluzioni ginniche; di una cantante lirica  in parrucca che canta arie mozartiane, di una pianista che suona melodie romantiche di Chopin, una ballerina classica che sembra uscita da un carillon, una figura fasciata di bianco che sembra volere uscire dall’armatura che l’avviluppa e la condiziona: quasi una crisalide che lotta col suo guscio per venire al modo. Il tutto mentre sul fondale velato da cellofan vorticano colorate immagini video che richiamano la optical art e suggestive maschere bianche danzano al ritmo sincopato di una musica da discoteca o da concerto pop. 


L’uso ben dosato delle luci rende il tutto lunare e sognante, estraniato, e gli spettatori non si preoccupano più di seguire un ordito che non si lascia afferrare, ma vanno dietro a queste strane figure che se non sentiamo più nostre, tuttavia ci sono ancora troppo familiari, per via di quella tradizione culturale che le ha fatte diventare “fondamenta”. Francamente non so quanti spettatori abbiano fino in fondo colto ciò che le note di regia segnalano come pista, e forse non è neppure importante. Conta essere stato dentro quei miti e quelle ragioni, e se poi lo sforzo di Arlecchino, della crisalide, della cantante lirica e della ballerina non riesce del tutto, va bene lo stesso: un po’ di sana tradizione in fondo non guasta.




In scena: Fabrizio Crista, Giuseppe De Bellis, Gabriella Foletto, Fiorella Fruscio,Vittoria Franchina, Barbara Sirotti. L’organizzazione è di Gloria Visconti Pellegatta, Produzione Pro4 Milano
Angelo Gaccione