MILANO. TEATRO OSCAR
Tradizioni Tradite adattato e diretto da Emanuele Drago
da un lavoro di Emanuele Tremolada messo in scena al Teatro Oscar di Milano, è
un testo ambizioso. Quanti spunti culturali mette in campo il discorso sulla
tradizione è facilmente intuibile: politici, filosofici, estetici, artistici,
letterari, musicali, teatrali…tanti quanti sono le forme sociali e i linguaggi,
non solo verbali, che l’uomo ha elaborato e costruito nel corso della sua lunga
parabola evolutiva. Quanti tradimenti,
stravolgimenti, rivoluzionamenti, siano possibili di ciò che si è consolidato
nella storia come tradizione, anche questo si può immaginare. Il postulato dell’autore
viaggia su un doppio binario: “le tradizioni come fondamenta”, dunque qualcosa
che sorregge e tiene in piedi, cioè di positivo; e le tradizioni come cascame
deteriore, come istanza ricattatoria, soffocante, conservatrice.
Trattandosi di
uno spettacolo teatrale che ha privilegiato immagine, suono, ritmo,
gestualità, danza, rispetto alla strutturazione logica della parola, il
discorso è organizzato per simboli. Le figure simboliche della tradizione
richiamano vari campi e hanno le sembianze di un Arlecchino (teatro dell’Arte),
che però cammina e corre su una pedana da fitness ultra contemporanea dove
esegue anche le sue evoluzioni ginniche; di una cantante lirica in parrucca che canta arie mozartiane, di una
pianista che suona melodie romantiche di Chopin, una ballerina classica che
sembra uscita da un carillon, una figura fasciata di bianco che sembra volere
uscire dall’armatura che l’avviluppa e la condiziona: quasi una crisalide che
lotta col suo guscio per venire al modo. Il tutto mentre sul fondale velato da
cellofan vorticano colorate immagini video che richiamano la optical art e suggestive
maschere bianche danzano al ritmo sincopato di una musica da discoteca o da concerto
pop.
L’uso ben dosato delle luci rende il tutto lunare e sognante, estraniato,
e gli spettatori non si preoccupano più di seguire un ordito che non si lascia
afferrare, ma vanno dietro a queste strane figure che se non sentiamo più
nostre, tuttavia ci sono ancora troppo familiari, per via di quella tradizione
culturale che le ha fatte diventare “fondamenta”. Francamente non so quanti
spettatori abbiano fino in fondo colto ciò che le note di regia segnalano come
pista, e forse non è neppure importante. Conta essere stato dentro quei miti e
quelle ragioni, e se poi lo sforzo di Arlecchino, della crisalide, della cantante lirica e della ballerina non riesce del tutto, va bene lo stesso: un po’ di sana tradizione in fondo non
guasta.
In scena: Fabrizio Crista, Giuseppe De Bellis, Gabriella
Foletto, Fiorella Fruscio,Vittoria Franchina, Barbara Sirotti. L’organizzazione
è di Gloria Visconti Pellegatta, Produzione Pro4 Milano
Angelo Gaccione