LA “FLAT TAX”
TASSAZIONE
FORFETTARIA DEI REDDITI PRODOTTI ALL’ESTERO:
NON È UN
CONDONO
di
Fabio Accinelli
Il giorno 8 marzo l’Agenzia delle Entrate, sulla
base dell’ultima legge di bilancio, ha emanato il provvedimento operativo della
norma studiata per attrarre in Italia la residenza dei “grandi contribuenti”.
Si tratta di un provvedimento “ad hoc” che riguarda solamente i contribuenti
persone fisiche (quindi non le società) che di fatto trasferiscono la residenza
fiscale in Italia. Tali persone non devono essere però state residenti in
Italia in almeno 9 dei 10 periodi di imposta che precedono l’inizio del periodo
di effettiva validità dell’opzione. La FLAT TAX colpisce gli effettivi redditi
prodotti all’estero mentre, ad esempio, non si applica alle plusvalenze
realizzate con la cessione, sempre a titolo oneroso, di partecipazioni
qualificate e quindi realizzate nei primi 5 periodi di imposta di validità
dell’opzione. Si apre così la porta non solo al “bel paese” turistico, ma
consequenzialmente anche al sistema fiscale italiano collegato ai “ricchissimi”
di tutto il mondo che vogliono stabilire qui la loro residenza. Ciò permetterà
all’Italia di giocarsi una grossa chance anche per convincere a trasferirsi in
Italia le grandi multinazionali ed i relativi manager in fuga dalla City
Londinese dopo la Brexit. E non solo: tale norma, ora sulla bocca di tutti come
“acchiappa paperoni”, permetterebbe di attrarre nel nostro paese pure capitale
umano con tutte le correlazioni attinenti a sviluppi anche nel campo del lavoro
con benefici tangibili socio economici. In prima analisi parrebbe che, con tale
norma, lo Stato Italiano potrebbe incassare meno tasse ma, secondo il
sottoscritto, non è così. Anzi è proprio il contrario perché si accenderebbe un
meccanismo tale da portare un aumento proporzionale del gettito fiscale,
proprio convincendo i manager e le di loro correlate aziende a trasferirsi, de
facto, in Italia permettendo di trasformare città come Milano in vere e proprie
“Financial Hub” della zona Europea con un grosso accredito anche sulla finanza
internazionale. Tecnicamente si tratta di versare €100.000,00 l’anno per 15
anni a prescindere da quanto si guadagna. Appare evidente il grado di interesse
economico che tale soluzione porta effettivamente a chi guadagna da €
250.000,00 lordi annui in su. A prescindere dalla somma effettivamente
percepita, il soggetto contribuente pagherà al fisco Italiano €100.000,00 più €
25.000,00 all’anno per ogni familiare a carico. Tale regime fiscale si proroga
in automatico di anno in anno per una durata massima consentita di 15 anni. Dal
provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate ha fatto partire tale
possibilità, come previsto dall’ultima legge di bilancio, si dovrà porre in
essere una check list accompagnatoria all’istanza di interpello che permetterà
una valutazione preventiva e quindi definitiva del fisco sulla effettiva
ammissibilità a tale regime fiscale. Voglio porre l’attenzione sul fatto che a
queste persone, trasferendo la loro residenza in Italia, verrà consequenzialmente
applicata una normale tassazione per ciò che concerne specificatamente i
successivi redditi prodotti in Italia, quindi si troveranno a pagare le tasse
esattamente come ogni altro comune cittadino italiano: unica diversità è che
sarà loro riservata una tassazione, come detto, forfettaria di €100.000,00 per
i redditi derivanti da patrimoni che rimangono però all’estero. Dai primi
commenti degli addetti ai lavori qualcuno parla di “nuovo condono” ma non è
così perché queste persone, che verrebbero a stabilire la propria residenza in
Italia, sono individui che non hanno alcun tipo di rapporto con il nostro fisco
nel senso tecnico-giuridico, nel senso cioè che non sono debitori di nulla
verso lo Stato italiano essendo residenti altrove. Considerato che condono vuol
dire sanare e scontare delle tasse a qualcuno che avrebbe dovuto versarle e non
le ha versate, appare chiaro che trattasi di due situazioni agli antipodi.
L’idea e poi la relativa scritturazione della “FLAT TAX” - mutuata da un
sistema già da tempo applicato sia nel Regno Unito che in Portogallo, Spagna e
Malta - da noi ha avuto una gestazione più lunga in considerazione del problema
di incostituzionalità che era stato sollevato da alcuni studiosi nel momento
della predisposizione dell’ultima legge di bilancio, e ciò in considerazione
del fatto che potesse essere in contrapposizione con l’articolo 53 della
Costituzione che recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche
in ragione della loro capacità contributiva” e “il sistema tributario è
informato a criteri di progressività”. Da una attenta analisi però si evince
che tale problema di incostituzionalità non risiede in questo provvedimento, in
primis perché i nuovi residenti andranno regolarmente a pagare le tasse dovute sui
redditi prodotti in Italia esattamente come tutti gli altri cittadini, e,
inoltre, perché, come da interpretazione giurisprudenziale della Corte
Costituzionale, l’art. 53 è da sempre visto come una norma oggettiva e generale
di valutazione di una “posizione fiscale complessiva” tale da tener conto non
solo delle imposte sul reddito ma anche delle reali ed effettive imposte sui
consumi: ciò fotografa una tipologia di persone con un alto profilo e
patrimonio, soggetti economicamente e fiscalmente individuati e definiti come
“High net worth individual”.