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sabato 1 aprile 2017

DOMINIO
di Franco Astengo
Pierre Macherey

Sotto il titolo “L’insidiosa creatività del dominio” il Manifesto pubblica una recensione di Giulia Valpione dedicata all’importante saggio del filosofo francese Pierre Macherey “Il soggetto e la norma” appena tradotto da Ombre Corte. Vale la pena entrare nel merito delle argomentazioni ivi sostenute perché il tema è quello del dominio, un tema al centro della discussione sul piano teorico proprio nella fase storica in cui: “ l’ideologia ha perso la propria forza nell’analisi filosofica e politica per il proprio carattere di idea e di rappresentazione”. Insorge dunque: “Il potere delle norme”.
Un potere che si rivela particolarmente insidioso per il suo statuto non meramente negativo ma positivo e creativo. Formando gli elementi che regolano, le norme ne determinano anche il campo di possibilità: se quindi le leggi si applicano a un reale già dato, le norme si esercitano sul possibile.
In sostanza le norme sono lo strumento dell’azione di governo: il che significa: “strutturare il campo d’azione possibile per gli altri”. L’autrice della recensione pone, allora, una domanda: “Se il soggetto è il risultato delle norme (costretto entro il solo campo d’azione possibile n.d.a.) è possibile pensare a una resistenza? A questo punto secondo Macherey sì: anzi è un compito che ci coinvolge tutti, perché i fenomeni del dominio non sono mai “a senso unico” ma contengono sempre la condizione del proprio rovesciamento. Il potere non offre mai una soluzione definitiva: come hanno invece pensato, negli ultimi vent’anni, i teorici della resa definitiva e dell’accoccolamento nei meandri del potere che dettava a tutti proprio “lo spazio costituito”.
Il tema diventa allora quello delle lotte e qui insorge un punto notevole, si può determinante, di visione strategica. Macherey, infatti, riprendendo anche il Foucault del “le parole e le cose” indica l’orizzonte del darsi norme al di là della richiesta di leggi e diritti, imponendo un “allentamento delle maglie del potere”. Ritorna così una discussione antica e sempre nuova: “allentamento delle maglie del potere” o “rovesciamento del potere e costruzione di un contropotere”?
Un dilemma solo apparente ma interno ancora alla stessa logica del dominio che andrebbe oltrepassato recuperando un elemento fondamentale sul piano teorico.
Nonostante l’evidente complicarsi delle contraddizioni operanti nella modernità non ci è permesso ignorare come sfruttamento e alienazione rimangano coppia inscindibile nella “contraddizione principale” e formino la base dell’espressione e dell’esercizio del dominio.
Vale la pena citare Kant “agire in modo da trattare l’umanità, nella tua come nell’altrui persona, sempre come fine mai come mezzo”.
È proprio in questa assenza di capacità di comprensione che il capitalismo va combattuto come incompatibile con lo sviluppo umano : più che mai oggi quando ideologia e normativa si stringono a negare l’orizzonte del possibile rovesciamento dei meccanismi della sopraffazione.
Dal punto di vista oggettivo, sorge un mondo di cose già fatte e di rapporti tra cose (il campo già delimitato) regolato da leggi le quali, pur potendo a poco a poco essere conosciute dagli uomini, si contrappongono ugualmente a essi come forze che non si lasciano imbrigliare e che esercitano in modo autonomo la propria azione. Quindi, benché possa indubbiamente utilizzare a proprio vantaggio la conoscenza di queste leggi, l’individuo non può influire, mediante la stessa realtà in modo da modificarlo. L’aspetto soggettivo consiste invece nel fatto che in un’economia compiutamente mercificata, l’attività umana si oggettiva di fronte all’uomo stesso trasformandosi in merce”. La fase del ciclo capitalistico che stiamo attraversando è proprio quella della mercificazione totale dei rapporti sociali come prevista da Marx e già descritta da Luckas.
Una mercificazione totale dei rapporti sociali che si situa ben oltre quelli di produzione e al di là della distinzione classica tra struttura e sovrastruttura : una sintesi tra struttura e sovrastruttura regolata proprio da quell’intreccio tra ideologia negativa e formazione della norma ad uso esclusivo del dominio. Comprendere appieno questo fatto (oggi ben occultato dalla macchina propagandistica dei diversi regimi) e non dimenticarlo appare il punto fondamentale dell’ipotesi di senso che deve sostenere oggi la ripresa della lotta politica. Una domanda, infine: perché nell’occasione si è usato sovranazionale e non internazionalismo per indicare la dimensione della lotta?