Giorgio Bàrberi Squarotti, il grande critico
dal volto umano
di Franco Esposito
Il poeta Franco Esposito ricorda Bàrberi Squarotti
Le trappole non
catturano la morte,
gli aghi non l’avvelenano, i cani non l’afferrano coi
denti.
So che dobbiamo perire perché un nuovo polline sia
sulle colline.
A sinistra Giorgio Bàarberi Squarotti con Franco Esposito |
Stresa. Dopo la morte dell’amico Barberi Squarotti e dopo aver percorso con la
memoria più di quarant’anni di bella e lunga amicizia fatta di incontri, di
sentimenti, di gesti, di consigli, sono sempre più convinto che tutte le sue
parole, le sue opere devono essere tramandate assolutamente a futura memoria
perché facciano parte di un imponente libro patrimonio, deposito di tutti i
suoi interventi critici, ma anche della sua importante opera poetica che sono
convinto non tutti hanno preso in giusta considerazione e per dirla con franchezza
hanno un po’ tutti snobbato. Invece sono convinto che aveva ha un suo valore,
una sua originalità nel panorama della poesia italiana. Amava la poesia e sono
convinto che è stato il critico che ha seguito con più costanza e competenza
sia la poesia classica con studi di eccellenza sugli autori più importanti
della letteratura italiana, che i giovani che si avvicinavano a quest’arte
magica e sulfurea con consigli e per i
più meritevoli con sue splendide ed originali presentazioni. Era questo lo
spirito umano e critico di Barberi Squarotti, era questo che guidava il suo
pensiero e la sua mano di grande critico dal volto e dal cuore umano. Sicuramente
il più umano degli umani il più imparziale e generoso dei critici italiani di
cui la letteratura di tutti i tempi può vantarsi. Ci sono stati critici, ma,
soprattutto ci sono ancora critici che si autodefiniscono maestri che dai loro
pulpiti universitari, o dalle colonne di riviste e giornali sputtano sentenze e
quel che è peggio si vantano pubblicamente che non hanno bisogno di leggere, ma
sanno per opera divina che quasi tutto, se non tutto quello che si produce nel
campo delle lettere è spazzatura salvo i loro scritti e quelli dei loro amici
che sono naturalmente e magicamente dei capolavori della letteratura. Invece
Barberi Squarotti era e rimane uno dei pochi critici pieno di sensibilità verso
tutti e quello che è più importante anticipava i tempi. Penso che non ci sia un
autore in Italia che non abbia ricevuto, sia all’inizio della sua carriera che
dopo il successo una parola di incoraggiamento, un aggettivo per rincuorarlo a
studiare e andare avanti, non arrendersi. Sapeva con precisione e lo
trasmetteva ai più giovani che il vero poeta, il vero scrittore si misura coi
tempi lunghi, lunghissimi. Questo era lo spirito di Barberi Squarotti a
differenza dell’esercito di supponenti che circolano oggi come ieri in Italia. L’amico
Barberi Squarotti se n’è andato in silenzio, in punta di piedi coerente fino
alla fine con il suo stile langarolo elegante e discreto. Ricordo con grande
affetto e con una vena di tristezza l’ultima telefonata appena una diecina di
giorni prima della sua definitiva partenza da questa nostra plastificata,
faziosa e falsa vita culturale italiana. Come al solito dopo un piccolo cenno
alla sua età e la sua salute era sempre curioso e incominciava a chiedere della
nostra “Microprovincia” dico nostra di proposito, perché Barberi Squarotti è
stato in questi 38 anni un po’ l’anima della rivista, il fratello maggiore a
cui chiedevo consigli e suoi interventi su autori che amavamo entrambi e i suoi
magnifici saggi arrivano puntuali e puntuali scritti a macchina per scrivere
tutta sbilenca e con centinaia di correzioni a mano. Ricordo a casa sua a
Torino che mi lamentavo tutte le volte e gli dicevo almeno falla riallineare e
lui che rideva tutto soddisfatto. Amava sia la sua vecchia e cara macchina per
scrivere che la sua preziosa e inseparabile stilografica erano un po’ il suo
marchio di stile e di garanzia. Non parliamo delle sue lettere con una grafia
che i primi tempi mi sembravano sgorbi illeggibili, poi con gli anni riuscivo a
leggere non solo le mie lettere ma decifrare le tante lettere spedite ad amici
e conoscenti che con gentilezza mi facevano avere in fotocopia. A questi
piccoli ricordi personali che ho raccontato potrei aggiungere tantissimi altri,
ma altri toccano la sensibilità di personaggi e associazioni per cui
appartengono alla nostra amicizia, alle
nostre confidenze private che sono sepolte nella nostra proverbiale
discrezione, e nella nostra reciproca stima. Altro capitolo importante di
Barberi Squarotti è stato il suo amore per il nostro lago, infatti sono state
storiche le sue conferenze sugli scrittori piemontesi e soprattutto è stato il
primo ad aver tolto dall’oblio e dato spazio per primo a due allora giovani
esordienti scrittori di frontiera come Benito Mazzi e Gianfranco Lazzaro. Altro
capitolo importante per Stresa e il lago è stato la sua disponibilità, e
soprattutto ha messo a disposizione la sua competenza nel partecipare per tanti
anni come giurato al nostro “Premio Stresa di Narrativa” fino a quando le forze
gli avevano consentito il lungo tragitto Torino e Stresa. Ultimo capitolo, ma
non ultimo come ricordi personali, lo voglio dedicare ai faziosi di tutta la
stampa italiana, almeno fino ad oggi, nessuna testata esclusa. Il loro
comportamento è stato di una tale gravità per cui mi vergogno io per il loro egoismo e per la loro
insensibilità. La morte di Barberi Squarotti è stato trattato nello spazio e
nei ricordi giornalistici come se fosse scomparso uno degli ultimi degli
intellettuali italiani e non uno dei più grandi critici, uno che possedeva i
ferri del mestiere e a pieno diritto è entrato a far parte nell’olimpo in
compagnia di Contini, Macrì, Bo, Gramigna, solo per citare a memoria, con buona
pace dei falsi cercatori di gloria. Dell’impreparazione, dell’improvvisazione,
delle loro amnesie dei rifacitori delle pagine culturali dei nostri giornali
era nota a tutti da almeno un ventennio, ma che potessero arrivare a relegare
la notizia della morte dell’ultimo grande critico italiano Barberi Squarotti
con due striminzite colonnine ha sfiorato il ridicolo. Malgrado il loro
disinteresse resta uno dei critici più famosi d’Italia e uno dei più importanti
d’Europa. Barberi Squarotti fatevene una ragione è stato e resta il critico per
eccellenza nel senso più classico e più profondo della parola, con la forza
della sua scrittura, con la sua autorità, conquistata sul campo e non per
diritto di nascita, ha accompagnato una moltitudine di studenti e studiosi, per
farci cogliere la complessità della letteratura e dei suoi autori e darci o
indicarci una strada per poterci avvicinare
senza paura alle loro opere. Probabilmente, o forse senza probabilmente
almeno per me, è stato uno degli ultimi esempi di intellettuale, di critico in
Italia per il suo coraggio di stare non con i potenti, ma sempre dalla parte
degli umili, per contestare la verità del potere anche e soprattutto nel campo
delle lettere, per dare coraggio ai timidi, ai giovani di tante generazioni.
Comunque di una cosa sono certo, e lo dico non accecato dalla nostra lunga
amicizia, parecchi o quasi tutti i cosiddetti pseudo critici di oggi finiranno
del dimenticatoio, ma di Barberi Squarotti si continuerà a studiare a lungo la
sua opera e giustamente. Da parte mia e
di “Microprovincia” caro Giorgio, continueremo a volerti bene come abbiamo
fatto negli ultimi quarant’anni. Un altro amico che ci lascia, un altro dolore.