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sabato 22 aprile 2017

Una nota di Roberto Sanesi sul pittore Valentino Dionisi


Tre opere di Valentino Dionisi


Trittico del ciclo dantesco di Dionisi


Avevo già notato, in una precedente presentazione a Dionisi, come la sua pittura fosse orientata verso posizioni gestuali di un vitalismo fra il «popolare» e il «romantico» (virgolette necessarie, poiché non intendo riferirmi a significati storicizzati dei due termini), di una tensione da morphologie autre con venature espressionistiche e da opera non terminata, non ripassata dagli strumenti della ragione. Mi pare, oggi, che Dionisi non si sia separato da queste caratteristiche che gli sono evidentemente naturali, e che le abbia invece arricchite di motivazioni sempre più precise. Nelle masse che si slanciano vertiginose e contorte in spazi generalmente monocromi, e che sono trattate con una sorta di vigorosa indifferenza verso il dato estetizzante per quel che riguarda eventuali raffinatezze o concessioni al piacevole, se da un lato si può riconoscere una lontana aspirazione a elevazioni e distorsioni barocche, a esasperazioni monumentali, dall'altro si intravede una carica rabbiosa che non nasconde una volontà di riflessioni di tipo sociale. Le forme, a prima vista di una brutale astrazione gestuale, hanno una precisa origine antropomorfica, e sono corpi, mani, teste come ridotte a un fasciame di muscoli scoperti, mentre in altri casi l’occhio è come se penetrasse all’interno di ogni immagine a cogliere un particolare e a limitarlo, fino a farne il soggetto di una serie di «mandala» scarnificate. A mio parere, la chiave di comprensione di quanto Dionisi sta cercando di fare è data dai collages, dove un elemento fotografico isolato e di provenienza significativa (il Vietnam, gli alienati, ecc.) viene a integrarsi e a sommergersi in masse che ne riecheggiano in toni sordi e bruschi il motivo di fondo. A uno sguardo orientato verso soluzioni di quiete razionale i risultati di Dionisi possono anche apparire incompleti, o transitori, ma è difficile non cogliere la forza da cui sono stati dettati.