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lunedì 5 giugno 2017

Marwan Barghouti, un rivoltoso illuminato e pacifista
di Milli Martinelli 

Marwan Barghouti
Sciopero della fame: un’altra azione non violenta quella di Marwan Barghouti per protestare contro le condizioni subumane delle galere israeliane e, come sempre, per protestare contro l’occupazione che – come si sa – il suo popolo subisce, diciamo dal ’67, dopo la guerra dei sei giorni. D’altronde lui in galera ci deve vivere; è condannato a cinque ergastoli e quarant’anni di reclusione. È troppo chiedere almeno condizioni meno disumane?
Erano allo stremo, dopo più di tre settimane di digiuno, lui e tutti gli altri prigionieri politici, nell’indifferenza più assoluta dei nostri mezzi di informazione. Finalmente l’opinione pubblica europea si è snebbiata ha protestato contro il silenzio dei media, la notizia si è diffusa, inducendo Israele, nel quarantunesimo giorno di digiuno, a fare qualche concessione, anche perché la gravità del fatto si faceva sempre più pesante per la minaccia dell’idratazione forzata, che è considerata un crimine anche dalla Corte Suprema.
Del resto tutta la storia di Barghouti, da quando aveva quindici anni, è una storia di esilio e di detenzione. Ora, da undici anni consecutivi Marwan giace nel carcere di massima sicurezza, senza poter ricevere visite dai familiari. Ammessa solo la moglie, ogni due settimane, per 45 minuti. I tre figli devono chiedere un permesso che gli viene accordato ogni due o tre anni. È stato l’unico politico “processato” perché avrebbe suscitato scandalo in tutto il mondo l’arresto amministrativo (senza processo) riservato a tutti i prigionieri politici, trattandosi di una persona di vasta fama. Ma lui ha rifiutato di riconoscere la legittimità della Corte israeliana in quanto, da grande uomo di legge com’è, ha dichiarato illegale un processo a carico di un rappresentante del popolo palestinese regolarmente eletto, confermando così anche l’appartenenza politica della Giustizia Israeliana al sistema  del Governo.

Ho conosciuto Marwan molti anni fa a Ramallah, in occasione di un suo breve ritorno durante gli Accordi di Oslo, grande illusione e ignobile beffa, trascinatisi per anni, durante i quali la costruzione degli insediamenti dei coloni non è mai stata sospesa; del resto, come si sa, continua tuttora nella ormai totale colonizzazione della Cisgiordania e nell’indifferenza dei democratici paesi europei. Non ho mai dimenticato la vivezza del suo sguardo, l’intelligenza della mente, la dolcezza del carattere, e il suo tenace pacifismo, convinto com’era che la pacificazione (a partire da quella interna tra le varie fazioni palestinesi) fosse l’unica via d’uscita, favorevole a entrambi i popoli. Al punto che fu lui l’ideatore del Documento dei prigionieri per la Riconciliazione Nazionale, redatto dai leader dei diversi partiti e fazioni politiche palestinesi nel 2007, che, dalla prigione, si dichiaravano d’accordo per uno Stato palestinese sui confini del 1967, per il cessate il fuoco e per l’adozione della resistenza popolare come la via per mettere fine all’occupazione.  Del resto, fin dalla prima e soprattutto dalla seconda intifada contro l’occupazione, Marwan esigeva che la “Resistenza” non costasse la vita di un solo civile. E nessuno che l’abbia conosciuto, almeno attraverso gli episodi della Resistenza Pacifica del popolo palestinese, potrebbe ignorare la sua statura morale e civile.
Disse di lui Jimmy Carter, quand’era presidente degli Stati Uniti e Nobel per la pace: «Marwan Barghouti è una voce importante a sostegno di una pace giusta con Israele ed è un forte sostenitore dell’unità nazionale palestinese…»
E Hubert Védrine,ex ministro degli esteri francese: «La vita e la visione politica di M. Barghouti, l’innegabile legittimità che ha fra i Palestinesi, come pure i legami a cui ha dato vita e ha mantenuto con la Francia, tutto questo lo rende un’importante figura palestinese (…). Non ho alcun dubbio che potrebbe portare, una volta libero, un contributo prezioso agli sforzi verso la pace.»
Mairead Maguire, premio Nobel per la pace: «Quale simbolo dimostrerebbe meglio che la pace è possibile, e che Israele è veramente interessato a una giusta pace, se non la liberazione di Marwan Barghouti? Barghouti, un uomo la cui vita ha personificato la “somoud”, la resistenza palestinese e le aspirazioni future, un uomo che ha condotto le negoziazioni che hanno portato a uno storico documento, quello dei Prigionieri che ha unito tutti i partiti e ha offerto la pace a Israele. Per sapere se Israele è interessato alla pace, Barghouti è il test. Come la pace e il cambiamento in sud Africa sono state sancite dal rilascio di Nelson Mandela, la libertà di Barghouti potrebbe simboleggiare che, in Palestina, Israele intende avviarsi su un nuovo percorso e che la libertà è prossima (…) Dalle tenebre delle prigioni israeliane, la libertà di Barghouti potrebbe simboleggiare che la lunga notte iniziata nel ’48, sta finalmente avviandosi al termine.»
Federico Zaragoza, ex direttore generale dell’UNESCO:
«Il popolo palestinese ha ancora oggi (…) tanti suoi cittadini nelle prigioni israeliane, in particolare Marwan Barghouti, il parlamentare che è stato uomo di pace e sostenitore indefesso della pace»
Eccola, la sua storia di “Rivoltoso”.


Fu arrestato a 19 anni: aveva fondato il movimento giovanile di Al-Fatah, considerata da Israele “un’organizzazione vietata”. Era l’organo più importante dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Nel 1989 fu eletto nel Consiglio Rivoluzionario e cinque anni dopo, con le elezioni democratiche del 1996, anno dei famigerati accordi di Oslo, era stato nominato Segretario Generale per la Cisgiordania, entrando nel Parlamento. Anni dopo fu rieletto capolista di Al-Fatah. Una bella carriera politica, condotta con saggezza quasi sempre nelle condizioni di esiliato o di detenuto. E tuttavia sempre impegnato a trovare un accordo diplomatico con la parte avversa. Nel frattempo, fra un esilio e una detenzione, aveva terminato la scuola secondaria e perseguito il diploma in prigione. Ammesso all’università di Bir Zeit, la più antica e prestigiosa università palestinese, dovettero passare undici anni prima che potesse laurearsi in Storia e Scienze politiche, e in Legge, con una tesi sulle relazioni franco-palestinesi, di cui aveva fatto esperienza come Presidente del Gruppo interparlamentare Francia-Palestina del Consiglio legislativo palestinese. È perfino riuscito a scrivere una tesi di dottorato mentre era in galera a Hadarim, affidando man mano le pagine scritte nel corso di un anno, al suo avvocato. 
Ci fu il fatto, credo noto a tutti, della provocazione di Ariel Sharon, che nel settembre del 2000 percorrendo tutta la spianata delle Moschee, si è tolto il gusto di profanare uno dei luoghi più sacri a tutti i musulmani: la Moschea di Al Aksa sotto la famosa Moschea della Roccia, detta così per la sua famosa cupola, opera di Maometto, che trionfa dall’alto della collina, e costituisce il monumento più sconvolgente di Gerusalemme.  Le proteste di molti palestinesi furono brutalmente soffocate, e da lì ebbe inizio la seconda intifada, nella quale, certo, Marwan ha avuto un ruolo centrale.


Riconosciuto come grande mediatore di pace dall’ONU, Marwan Barghouti non ha mai interrotto la sua campagna di pace che conduce da sempre fra i palestinesi e gli israeliani molti dei quali impararono ad apprezzarlo e a sostenerlo con convinzione, fattisi  persuasi che pace e sicurezza siano essenziali per tutti i popoli della regione: l’eccezionalità della sua persona, che in qualche modo è un’espressione del carattere antropologico culturale del suo popolo, fiducioso, malgrado tutto, ridevole, paziente, accogliente: tre generazioni di rifugiati nei campi profughi, che conservano le chiavi delle loro case da cui sono stati cacciati col sogno del ritorno; è una grande utopia, cui non rinunciano. Bargouthi li rappresenta tutti, è un punto di riferimento per tutti gli schieramenti politici, e per tutti giovani che stanno dissipando la loro giovinezza nel buio inerte di una vita senza speranza.  Marwan deve tornare ad essere libero, libero di camminare per le strade di Palestina, di guidare il suo popolo, con onestà e semplicità, combattendo per la giustizia per la liberazione, ma anche contro la corruzione, come ha fatto finora, nelle condizioni che sappiamo.
Barghouti libero significherebbe davvero un “nuovo inizio” per tutti. Per la comunità palestinese, e anche per il popolo israeliano, con il sollievo di togliersi di dosso la stretta della paura e dell’odio e l’orrore di mettere in mano le armi a ragazzi appena adolescenti.
Barghouti è il Mandela dei Palestinesi, dice Luisa Morgantini già parlamentare europea, che ha dedicato tutta la sua vita alla loro causa, bisogna trovare il De Clerk israeliano.