Pagine

domenica 24 settembre 2017

OMAGGIO ALLA CATALOGNA
di Franco Astengo


Questo testo contiene semplicemente un piccolo frammento del primo capitolo del celebre Omaggio alla Catalogna scritto da George Orwell nel 1938 di ritorno dall’aver militato nelle fila repubblicane nella guerra civile di Spagna. S’intende con questa microscopica operazione di semplice copiatura rendere nuovamente, in questi tempi difficili e drammatici, un omaggio alla Catalogna: non si dispone delle conoscenze e delle capacità per entrare nel merito della vicenda che, in queste ore, sta mettendo alla prova l’intero tessuto democratico della Spagna. Un presunto tessuto democratico quello spagnolo che si dimostra ancora in una fase di transizione dal mai dimenticato franchismo, con il ritorno in prima linea da protagonista del regime della Guardia Civil. Esiste però, in questo frangente, l’emergere di una faglia che neppure Rokkan ha inserito nei suoi testi fondamentali riguardanti i cleavages politici (vi si parla di centro/periferia): la linea di demarcazione tra monarchia e repubblica.
La Catalogna soffrì soprattutto durante la guerra civile e in seguito per essersi dimostrata fieramente repubblicana (anche per altri fattori, beninteso, che non debbono essere dimenticati come quello della forte presenza anarchica e di marxisti non osservanti rispetto al regime stalinista dell’URSS: basti ricordare le vicende del POUM).


La divisione Monarchia/Repubblica attraversa ancora il tessuto politico e sociale e si tratta di una divisione per la quale è naturale ancor oggi prendere posizione. Si tratta della grande divisione storica per la sinistra che non può che essere repubblicana, al di là dei momentanei tatticismi che pure fanno parte della storia e che non possono essere negati, come l’insieme delle contraddizioni che emergono sempre nei grandi passaggi epocali.
“L’esprit republicain” però: sempre e comunque, al di sopra di tutto. Ecco poche righe da Orwell:
“[..] Le bandiere rosse di Barcellona, le sparute tradotte cariche di soldati male in arnese che si trascinavano a fatica verso il fronte, le cittadine grigie e più avanti sconvolte dalla guerra, le trincee fangose e gelate sulle montagne. Era la fine di dicembre del 1936, neanche sette mesi fa, eppure è un periodo che si è già allontanato a un’enorme distanza dal passato. Gli eventi successivi l’hanno cancellato ancor più completamente di quanto abbiamo cancellato il 1935 o addirittura il 1905. Ero arrivato in Spagna con la vaga idea di scrivere articoli per la stampa, ma poi mi ero arruolato quasi subito nella milizia, perché in quel momento e in quell’atmosfera sembrava l’unica cosa concepibile da fare. Gli anarchici mantenevano ancora il virtuale controllo della Catalogna e la rivoluzione era ancora in pieno corso. Qualcuno che fosse stato lì sin dall’inizio forse avrebbe avuto già a dicembre e a gennaio che il periodo rivoluzionario stesse finendo, ma se si era appena arrivati dall’Inghilterra bastava guardarsi attorno a Barcellona per essere sorpresi e soggiogati. Era la prima volta che mi trovavo in una città dove la classe operaia era saldamente in sella.
Praticamente tutti gli edifici, piccoli o grandi che fossero, erano stati occupati dagli operai ed erano pavesati di bandiere rosse o di quelle rossonere degli anarchici; su ogni muro c’erano disegnati falci e martelli e le sigle dei partiti rivoluzionari...”.
Questo soltanto per semplice testimonianza di un altro “assalto al cielo” da non dimenticare anche oggi in tempi apparentemente così diversi.