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martedì 10 ottobre 2017

PACIFISMO: il sentimento della pace   
di Jacopo Gardella

Proponiamo ai nostri lettori l’intervento che Jacopo Gardella ha tenuto alla “Fondazione Corrente di Milano” giovedì 21 settembre scorso in occasione dell’incontro sul carteggio antimilitarista Cassola e il disarmo. La letteratura non basta. Assieme a Gardella e Gaccione è intervenuto anche il filosofo Fulvio Papi di cui presto pubblicheremo anche le sue riflessioni.

La copertina del libro

Ringrazio Angelo Gaccione che mi ha invitato a questo interessante ed appassionante incontro. Ringrazio Jacopo Muzio e la Fondazione Corrente per la consueta ospitalità che ci permette oggi di essere riuniti e partecipare a questo attualissimo dibattito. Ringrazio tutti i presenti che non immaginavo potessero essere così numerosi e sinceramente interessati.
Il tema del nostro incontro è diventato di grande urgenza dopo gli ultimi preoccupanti episodi di cui è responsabile la Corea del Nord.
In realtà il tema era già diventato attuale settanta anni fa alla fine della Seconda Guerra Mondiale quando sull’intero mondo si è affacciata la minaccia dell’ombrello atomico.
In precedenza le guerre erano certamente sanguinose, crudeli, mortali, ma non erano mai state (né potevano esserlo) guerre mondiali.
La guerra in precedenza era considerata una calamità storica, una ricorrenza ciclica, ma mai era stata percepita come una catastrofe dell’intero globo da noi abitato.
Da quando la guerra ha assunto questo spaventoso aspetto si è capito che il problema del disarmo diventava urgente, imperativo, non procrastinabile. Lo ha capito Cassola e lo ha vissuto intensamente tanto da rinunciare a scrivere romanzi ed iniziare con slancio ed entusiasmo a sostenere e diffondere il “Sentimento del Disarmo”.  È questo il titolo del convegno organizzato da Angelo Gaccione; ed è significativo il sottotitolo del suo bel libro nel quale è detto: “la letteratura non basta”; ciò significa che un vero scrittore non può ignorare la realtà in cui vive.
Il “sentimento della pace” ha un suono gentile ed invitante, evoca stati d’animo sereni e fiduciosi. In realtà il problema del disarmo non è affatto scontato e facile da raggiungere; né può essere demandato soltanto ad un “sentimento” o ad una benevola disposizione d’animo; richiede al contrario una forte determinazione ed un uso, seppure controllato, della forza.
Paradossalmente si potrebbe sostenere che per arrivare al disarmo e per riuscire ad imporlo è necessario ricorrere al possesso delle armi, o per lo meno alla minaccia delle armi.
L’obiettivo a cui vogliamo tendere, cioè il disarmo, è comune e condiviso da tutti noi, ma i mezzi per raggiungerlo divergono da persona a persona.
Il “Disarmo Unilaterale”, richiesto alla sola Italia, così come viene auspicato da Carlo Cassola e condiviso da Angelo Gaccione, è ben diverso dal “Disarmo Generale” concordato da tutte le Nazioni del mondo, così come viene proposto dai molti che nutrono maggior fiducia in un accordo internazionale e lo credono più facilmente realizzabile se condiviso dal massimo numero di soggetti.
Il primo tipo di Disarmo, cioè il Disarmo unilaterale, è relativamente facile da instaurare ma difficilissimo (direi quasi impossibile) da conservare. Convincere gli schieramenti politici del Parlamento Italiano a sottoscrivere un impegno di disarmo unilaterale non è impresa faticosa né tanto meno disperata; ma è difficile e quasi disperata la possibilità che quel disarmo possa essere generalizzato e mantenuto negli anni a venire. E’ sufficiente che uno Stato straniero si rifiuti di sottoscriverlo ed ecco che la tregua si rompe, l'accordo muore, la pace si dilegua.
Il Disarmo unilaterale, valevole nell’ambito di una sola nazione, è più facile da ottenere quando viene imposto obbligatoriamente contro la vendita di armi e contro il loro possesso da parte di privati cittadini. I recenti fatti tragici avvenuti a Las Vegas dimostrano la irresponsabile leggerezza del Governo U.S.A. nel consentire il libero spaccio ed il possesso incontrollato di armi mortali.
Il secondo tipo di Disarmo, cioè il Disarmo generale, è difficilissimo da imporre ma diventa più facile da mantenere e da conservare. Convincere tutte le nazioni a sottoscriverlo è impresa impervia quasi disperata, ma una volta ottenuto il loro consenso diventa più semplice far rispettare l’accordo ottenuto. Se infatti anche una sola nazione si azzarda a non rispettarlo e non esita a trasgredirlo immediatamente tutte le altre nazioni le si schiererebbero contro e la metterebbero a tacere. In questo modo il disarmo verrebbe realmente e sicuramente difeso, rispettato, mantenuto a scala mondiale.


Milano, 21 settembre 2017. Da sinistra: Gardella, Colombo, Papi, Gaccione
Amietta, Seregni, Denti alla Fondazione Corrente

La prima e più ovvia obiezione che viene fatta a chi sostiene il disarmo unilaterale è, come si è detto, la difficoltà di rispettarlo qualora vi sia un soggetto intenzionato ad aggredire e colpire. Se qualcuno ci attacca o se qualche nazione ci dichiara guerra che dobbiamo fare? Lasciarci sopraffare inermi e rassegnati oppure reagire e difenderci con giusta determinazione e legittima energia? Com'è possibile evitare lo scontro e quindi il conflitto?
La seconda e meno evidente obiezione riguarda la eventuale aggressione compiuta da un criminale ai danni di un soggetto mite ed inerme. Che l'aggredito sia un singolo individuo od una intera popolazione certamente la persona o il gruppo sociale che gli si trova vicino ed assiste all’aggressione avverte l'impulso umanitario ed il dovere morale di correre in difesa della vittima e di salvarla. Tuttavia se il soccorritore non possiede le stesse armi o anche armi più potenti di quelle dell'aggressore ben poco aiuto potrà portare e nessuna possibilità gli sarà concessa di adempiere alla encomiabile azione di protezione e di salvataggio.
La risposta di Cassola ed entrambe queste obiezioni è condivisibile, nobile, elevata ma poco convincente. Egli dice che il disarmo unilaterale ha la capacità di servire da “esempio virtuoso” e può riuscire a convincere anche chi inizialmente si dimostra perplesso e titubante. Aggiunge inoltre che l’esempio non può mancare di essere assunto e messo in pratica da tutti gli uomini di “buona volontà”.
A questa certezza di Cassola è inevitabile contrapporre lo scetticismo di quanti sanno per esperienza quanto sia difficile far adottare i buoni esempi e quanto pochi siano gli uomini di buona volontà. La lacuna imputabile a Cassola consiste nell’astenersi dal proporre una educazione generalizzata volta a far maturare in seno agli uomini il germe della “buona volontà”. Egli dà per scontato che negli uomini esiste per natura la “buona volontà” e non sembra voler tenere conto delle dimostrazioni del tutto contrarie che ci offre sia la realtà di tutti i giorni sia la conoscenza della Storia presente e passata. Se esiste – e fortunatamente non lo si può negare – il lato positivo della natura umana rappresentato dalla “buona volontà” esiste anche – e disgraziatamente lo si deve riconoscere – il lato negativo che consiste in malignità, cattive intenzioni, prevaricazioni, prepotenze, soprusi, crimini.
Non dimentichiamo che la prima azione compiuta dall’essere umano non è stato un atto di “buona volontà” ma di feroce aggressione; non un gesto di amore ma di odio. Caino uccide Abele e lo uccide non per necessità, non per legittima difesa, non per contrastare o respingere una aggressione ma soltanto per malanimo, per rancore, per invidia, per odio provocato dal maggiore favore concesso dal Padre Eterno ai sacrifici offerti da Abele rispetto a quelli offerti da Caino stesso.  
Si pensa abitualmente che la guerra venga scatenata per motivi di possesso, di ingordigia, di brama incontenibile. Si pensa generalmente che la guerra sia motivata da conquiste territoriali, dal controllo dei mercati, dal possesso di vitali fonti energetiche. Ciò è vero ma non è sufficiente a comprendere il fenomeno della guerra. Vi sono altre ragioni, non dettate da necessità materiali ma scaturite da motivazioni morali (o meglio immorali); vi sono altri motivi che provocano guerre spesso spaventose dettate da invidia, da superbia, da arroganza, da prepotenza; oppure da insofferenze non più sopportabili o da esasperate ribellioni a stati di frustrazione, di avvilimento, si umiliazione. Sono tutti aspetti della natura umana accertati ed incontestabili; si presentano ripetutamente ed incessantemente; non sono occasionali ma permanenti, non aleatori ma stabili. Come è possibile non tenere conto di tutto ciò ed ignorare la evidenza dei fatti nel momento in cui si propone un programma di pace che voglia essere realistico e costruttivo?
Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura nell’anno 1981, in un voluminoso incisivo volume intitolato Massa e potere, spiega come la guerra possa essere scatenata per il solo piacere di sottomettere il nostro prossimo, per la sola soddisfazione di vederlo sottoposto alla nostra volontà. L'autore constata che quanto è maggiore il numero degli assoggettati tanto più intensa è la gioia diabolica di chi li assoggetta. L’esempio citato dall’autore, come è facile immaginare, è quello ancora recente del dittatore Hitler.
Joseph Brodsky, premio Nobel per la poesia nell’anno 1987, constatando l’affievolirsi e lo spegnersi dei promettenti ideali sollevati dal Movimento Studentesco al momento della sua nascita nella Università di Berkeley (U.S.A.), arriva alla malinconica conclusione che esiste nell’uomo il "peccato originale".
Lo scrittore Guido Ceronetti, in una intervista su La Stampa (3 Settembre 2017) constata “la enormità ed eternità del male”. Sono parole che fanno rabbrividire perché sanciscono che il male è “enorme ed eterno”.
Poiché le personalità sopra citate non sono prive di intelligenza né di buon senso la loro testimonianza ci obbliga a riflettere.


Milano, Fondazione Corrente, 21 settembre 2017
Gaccione al centro mentre fa il suo intervento, a sin. Gardellaa des. Papi

 

Se il “Disarmo unilaterale” è problematico il “Disarmo generale” non è meno difficile né meno impervio da realizzare. Esso presuppone una operazione da estendere a scala planetaria, capace di coinvolgere l'intero pianta. Una tale operazione in passato era difficile da concepire ma oggi si presenta più facile e meno utopica a causa del diffuso e consolidato fenomeno della crescente globalizzazione instauratasi nei rapporti fra le varie Nazioni. La globalizzazione del commercio, della produzione, della cultura lascia sperare in una globalizzazione che sia anche di natura morale, in una convergenza del mondo verso obiettivi di concordia, di solidarietà, di pace. Esiste un organo a cui può e deve far capo questo programma di globalizzazione morale. Nonostante i suoi difetti, le inefficienze, le vischiosità, l’unico organo a cui si possa affidare un compito di tale enorme dimensione è l’Organizzazione delle Nazioni Unite (O.N.U.). Attraverso il settore dell’ONU espressamente costituito per gli affari culturali, cioè l’UNESCO, è possibile programmare una campagna di educazione mondiale estesa a tutte le nazioni rappresentate nell’ONU, essa dovrebbe essere volta ad illuminare le nuove generazioni e finalizzata a prepararle ad una effettiva pacificazione internazionale.
Non è facile tuttavia condurre una campagna di educazione a scala globale. Occorre saper conciliare l'amore per il nostro paese con la amicizia per il paese degli altri; occorre mantenere il legame originario con la nostra terra, innato e radicato in ciascuno di noi, e nello stesso tempo sapere coltivare il rispetto per la terra degli altri: un rispetto che non essendo congenito deve essere fermamente voluto e sentito affinché possa essere accolto con sincera e profonda convinzione.
I popoli devono mantenere lo spirito di Patria ma non lasciarsi traviare dalla idolatria della Nazione. Il Patriottismo è un sentimento sano e positivo perché difende valori culturali, civili, morali appartenenti alla tradizione di un popolo; il Nazionalismo è una manifestazione funesta e spregevole perché esalta il concetto di razza superiore, di etnia privilegiata, di stirpe eletta. È da ricordare che il Nazionalismo non molti anni fa è degenerato nel Nazismo.
Il programma di educazione mondiale insegnerà a coltivare il Patriottismo ed a tributare onore e gloria alla memoria di Leonida, esempio eterno ed universale di eroe della Patria; ma nello stesso tempo esorterà a condannare il Nazionalismo germe di fanatismi aggressivi, di disprezzo del prossimo, di guerre spietate.
Soltanto in seguito ad una intensa e capillare campagna di educazione condotta dall’UNESCO a scala globale sarà possibile arrivare ad una delibera sottoscritta da tutta l’Assemblea Generale dell’ONU e volta a raggiungere la unanimità delle Nazioni nell’impegno di ottenere il disarmo generale.

Cassola e Treccani in Cina nel 1951

In questa nostra epoca dominata dalla atomica il pacifismo mondiale è divenuto un obiettivo ormai improrogabile. È utile ricordare una profezia avanzata anni fa da due grandi ed autorevoli personaggi contemporanei: il fisico Albert Einstein (1879-1955) ed il filosofo Bertrand Russell (1872-1970). A loro si deve la drammatica raccomandazione: “L’uomo deve distruggere gli armamenti nucleari altrimenti gli armamenti nucleari distruggeranno l’uomo”. Lo stesso Einstein aveva da tempo compreso che le dimensioni dei futuri conflitti saranno tali che soltanto un Governo Mondiale potrà impedirli.
E’ possibile giudicare Cassola come un sognatore ed utopista; ma sarebbe una accusa sterile ed ingenerosa. Le utopie sono state il sale delle vicende umane ed hanno alimentato tante gloriose iniziative del passato.
Dalla corrispondenza con Angelo Gaccione risulta che Cassola ha sempre mantenuto un atteggiamento di equilibrio e di comprensione. Pur di rafforzare il movimento per il Disarmo non ha mai esitato ad unirsi con persone di orientamento ideologico non esattamente uguale al suo; pur di non compromettere il successo della causa per la Pace non ha mai fomentato malumori, rivalità, scissioni fra i vari e non sempre concordi sostenitori delle sue idee. Con questo suo atteggiamento saggio ed illuminato ha dimostrato di sapere anteporre il nobile Ideale per cui lottava alle futili dispute di chi gli stava intorno. Quale ammirevole esempio di superiorità morale da additare agli irresponsabili e litigiosi uomini politici che abbiamo oggi!
In omaggio a Cassola ed in segno di ammirazione per il suo tenace utopismo concludo questo intervento con il seguente aforisma, ricco di fiducia e di speranza, ed enunciato già nel secolo scorso dallo storico Cesare Cantù (1804-1895): “le utopie non sono altro che l'anticipazione di verità future”.