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giovedì 2 novembre 2017

IL SENTIMENTO DELLA PACE
di Fulvio Papi
La locandina dell'incontro

Il 21 settembre scorso c’è stata una bella serata alla Fondazione Corrente di Milano, dedicata al “sentimento della pace”. L’occasione era un libro di Angelo Gaccione che ha raccolto la sua corrispondenza con Cassola di un tempo ormai lontano (1977-1984), ma moralmente contemporaneo, dell’impegno intellettuale per il disarmo. Ho seguito naturalmente lo scorrere dei discorsi, ma si sa che la propria sensibilità messa su un certo terreno vaga per conto suo proprio alla ricerca di ricordi che appartengono all’aura emotiva del momento. Uno dei ricordi è storico, ed è facile riferirlo. L’altro è molto personale e mi ritorna spesso con un nodo che non riesco a sciogliere. L’osservazione storica è questa: il celebre poeta Rostand, tra Ottocento e Novecento, ha regalato al suo più noto personaggio Cirano de Bergerac questa pungente osservazione. Nella pittura del suo tempo vengono rappresentati con dovizia ed eleganza strumenti di morte come spade, lance, pugnali, moschetti, elmi, tutti strumenti di morte. E invece vengono ignorati, coperti e censurati gli organi maschili e femminili che sono fonte di vita e riproduzione della vita. Sono segni importanti di una civiltà che ha riprodotto nelle sue forme sociali il senso del discorso di Paolo che, semplificando molto si può dire così: il matrimonio è concepibile per la riproduzione, ma l’atto della congiunzione deve tenuto in ombra, poiché è il momento in cui la creatura nel compiacimento di sé, è più lontana da Dio. Di qui tutta una strada di comportamenti obbedienti che solo in qualche occasione particolare ostentano la loro vita più segreta. C’è una letteratura storica che si può richiamare.
Nella nostra tradizione, in cui morte, vittoria, potere, storia, spesso in un fascino simbolico, sono stati più importanti della vita, c’è un altro sapere che viene dalla filosofia greca che l’ “amor sui”, cioè l’atteggiamento che ogni vivente ha il diritto di avere per salvaguardare la propria esistenza. È un tema di Rousseau e una oscurità di Hegel dove la storia può, per le sue ragioni universali, divorare la vita. L’amor sui arriva nel sistema giuridico fino a noi con la legittima difesa. Qui non discuto per nulla le congiunture in cui ha più o meno senso la norma. 

Fondazione Corrente 21 settembre 2017
da s. Gardella, Colombo, Papi, Gaccione, Amietta, Seregni, Denti

La proposizione che, un tempo, mi disse il maestro Treccani, viola le norme evocate. Treccani mi disse così: se dovessi scegliere tra l’uccidere qualcuno o l’essere ucciso, sceglierei il secondo caso. È un’opzione di difficile intendimento. Si può ridurre l’interpretazione a uno schema di questo tipo: il valore della vita umana è molto più importante del valore che la forma della vita che la costruzione storica, psicologica, affettiva dell’ “io” attribuisce alla propria esistenza. La vita altrui, nella concezione di Treccani diventa la rappresentazione sacra della vita in generale, della quale devi avere il solo motivo di rispetto assoluto. Della tua vita tu hai il dominio, e solo della tua vita. E puoi stabilire una relazione di possesso che ha il potere di rievocare quando ti pare giusto. Dunque la tua vita ti appartiene, ma sulla vita in generale che l’altro rappresenta, devi essere fedele a un rispetto universale. È una tesi accettabile nelle conseguenze coerenti rispetto alla proposizione del maestro Treccani? L’interrogativo apre subito lo spazio alla rielaborazione filosofica che dalla sua ha un tempo indefinito per la risposta.