IL SENTIMENTO DELLA
PACE
di Fulvio Papi
La locandina dell'incontro |
Il 21
settembre scorso c’è stata una bella serata alla Fondazione Corrente di Milano,
dedicata al “sentimento della pace”. L’occasione era un libro di Angelo Gaccione
che ha raccolto la sua corrispondenza con Cassola di un tempo ormai lontano
(1977-1984), ma moralmente contemporaneo, dell’impegno intellettuale per il disarmo.
Ho seguito naturalmente lo scorrere dei discorsi, ma si sa che la propria
sensibilità messa su un certo terreno vaga per conto suo proprio alla ricerca
di ricordi che appartengono all’aura emotiva del momento. Uno dei ricordi è
storico, ed è facile riferirlo. L’altro è molto personale e mi ritorna spesso
con un nodo che non riesco a sciogliere. L’osservazione storica è questa: il
celebre poeta Rostand, tra Ottocento e Novecento, ha regalato al suo più noto
personaggio Cirano de Bergerac questa pungente osservazione. Nella pittura del
suo tempo vengono rappresentati con dovizia ed eleganza strumenti di morte come
spade, lance, pugnali, moschetti, elmi, tutti strumenti di morte. E invece
vengono ignorati, coperti e censurati gli organi maschili e femminili che sono
fonte di vita e riproduzione della vita. Sono segni importanti di una civiltà
che ha riprodotto nelle sue forme sociali il senso del discorso di Paolo che,
semplificando molto si può dire così: il matrimonio è concepibile per la
riproduzione, ma l’atto della congiunzione deve tenuto in ombra, poiché è il
momento in cui la creatura nel compiacimento di sé, è più lontana da Dio. Di
qui tutta una strada di comportamenti obbedienti che solo in qualche occasione
particolare ostentano la loro vita più segreta. C’è una letteratura storica che
si può richiamare.
Nella
nostra tradizione, in cui morte, vittoria, potere, storia, spesso in un fascino
simbolico, sono stati più importanti della vita, c’è un altro sapere che viene
dalla filosofia greca che l’ “amor sui”, cioè l’atteggiamento che ogni vivente
ha il diritto di avere per salvaguardare la propria esistenza. È un tema di
Rousseau e una oscurità di Hegel dove la storia può, per le sue ragioni
universali, divorare la vita. L’amor sui arriva nel sistema giuridico fino a
noi con la legittima difesa. Qui non discuto per nulla le congiunture in cui ha
più o meno senso la norma. Fondazione Corrente 21 settembre 2017 da s. Gardella, Colombo, Papi, Gaccione, Amietta, Seregni, Denti |
La proposizione che, un tempo, mi disse il maestro
Treccani, viola le norme evocate. Treccani mi disse così: se dovessi scegliere tra l’uccidere qualcuno o l’essere ucciso,
sceglierei il secondo caso. È un’opzione
di difficile intendimento. Si può ridurre l’interpretazione a uno schema di
questo tipo: il valore della vita umana è molto più importante del valore che
la forma della vita che la costruzione storica, psicologica, affettiva dell’ “io”
attribuisce alla propria esistenza. La vita altrui, nella concezione di
Treccani diventa la rappresentazione sacra della vita in generale, della quale
devi avere il solo motivo di rispetto assoluto. Della tua vita tu hai il
dominio, e solo della tua vita. E puoi stabilire una relazione di possesso che
ha il potere di rievocare quando ti pare giusto. Dunque la tua vita ti
appartiene, ma sulla vita in generale che l’altro rappresenta, devi essere
fedele a un rispetto universale. È una tesi accettabile nelle conseguenze
coerenti rispetto alla proposizione del maestro Treccani? L’interrogativo apre
subito lo spazio alla rielaborazione filosofica che dalla sua ha un tempo
indefinito per la risposta.