A NOVANTANOVE ANNI
DALL’ASSASSINIO DI ROSA LUXEMBURG:
SOCIALISMO O BARBARIE
di Franco Astengo
Un ricordo necessario da
rinnovare ogni anno per la memoria del
movimento operaio e comunista.
Tra il 15 e
il 16 gennaio 1919 i corpi speciali del ministro dell’interno tedesco, il
socialdemocratico Noske, repressero nel sangue la rivolta spartachista di
Berlino e assassinarono i due principali esponenti del Partito Comunista
Tedesco: Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. A novantanove anni di distanza da
quel tragico episodio, che segnò un punto fondamentale nella storia del
movimento operaio occidentale, il pensiero di Rosa Luxemburg, al quale
dedichiamo questo intervento sicuramente incompleto, rimane uno dei punti di
studio fondamentali per comprendere il pensiero “critico” del comunismo
dell’epoca delle rivoluzioni e dei grandi partiti di massa. Si trattò di un vero e proprio
“momento di rottura”.
Rosa
Luxemburg prese politicamente coscienza all’interno della socialdemocrazia
tedesca, ma presto si pose in una posizione critica con quel “revisionismo”, che è stata storicamente
proiettato sulla figura di Bernstein. In quel momento Rosa Luxemburg si collocò in una posizione
comune con Kautsky, al riguardo del quale però condivideva solo formalmente la
concezione della dialettica tra riforme e rivoluzione.
Dall’analisi
dell’esito della rivoluzione russa del 1905 Rosa Luxemburg trasse più ampie
conseguenze per la ridefinizione del processo rivoluzionario nell’Europa
Occidentale.
Ma la svolta
maggiormente decisiva nel rapporto tra Rosa Luxemburg e la socialdemocrazia
tedesca (cui essa guardava comunque, come del resto lo stesso Lenin, con
ammirazione in quanto forza teorico – organizzativa di fondamentale importanza
per il proletariato internazionale) fu determinata dalla posizione assunta
dell’SPD nel decisivo frangente dello scoppio della prima guerra mondiale, con
la pronta conversione del partito, nonostante tutte le dichiarazioni d’impegno
contro la guerra fatte sul piano internazionale, a una politica imperialistica
di tregua parlamentare. Rosa Luxemburg espresse, con grande amarezza, tutta la
propria disillusione allorquando la maggioranza del gruppo parlamentare votò il
4 agosto 1914 la concessione dei crediti di guerra al governo del Kaiser.
E’ la guerra che dimostra il
fallimento della socialdemocrazia su un punto di principio sino ad allora
considerato inviolabile: l’internazionalismo proletario.
Forse,
proprio in quel momento apparve finalmente chiaro a Rosa Luxemburg che quel
partito, tanto rapidamente sottrattosi ai propri solenni impegni nei confronti
della classe operaia degli altri paesi e integratosi in quel sistema
imperialistico di relazioni interstatali, sino all’ultimo combattuto al prezzo
di numerose vittime, non sarà del pari in grado di condurre all’interno della
propria società una lotta conseguente per la trasformazione rivoluzionaria.
Chi è venuto meno agli impegni
internazionali, ha insieme perduto l’intima forza per far fronte agli impegni
nazionali. A quel punto
l’attività politica di Rosa Luxemburg si concentrò nell’opposizione alla
guerra, poiché riteneva che qualunque esito militare si verificasse essa
rappresentava comunque la maggiore sconfitta concepibile per il proletariato
europeo.
Muovendo da
queste considerazioni Rosa Luxemburg si adoperò allora per sviluppare
alternative organizzative alla socialdemocrazia, venuta meno ai suoi compiti
essenziali.
Si dovevano
dunque riunire e mobilitare tutte le forze in grado di spezzare l’accecamento
nazionalistico della pretesa guerra difensiva e trasformarla in una guerra di
classe.
Rosa
Luxemburg era ben consapevole che, con la fine della guerra, una crisi
nazionale globale avrebbe sconvolto le istituzioni politiche e l’egemonia borghese,
cosicché, al momento decisivo, sarebbe stato di fondamentale importanza
contrapporre alla corrotta socialdemocrazia un’alternativa organizzativa per la
presa del potere. Più d’ogni altro, Rosa Luxemburg è apparsa cosciente della
violenta frattura storica rappresentata dalla prima guerra mondiale. Essa
considerava la rivoluzione non come una concezione meramente programmatica
nell’interesse dell’emancipazione di una singola classe, ma come necessità
esistenziale per l’autoconservazione dell’umanità.
Il termine
Menschheit (Umanità) sempre ricorrente nei suoi discorsi non rappresentava una
pura metafora, ma l’essenza di ciò che le appariva storicamente inalienabile e
cercò di dimostrarlo anche nel testo del discorso pronunciato al congresso di
fondazione del KPD nel dicembre del 1918. Nella
rivoluzione tedesca del novembre 1918 le apparve evidente che nulla di decisivo
era stato modificato nei rapporti di classe esistenti. I rappresentanti di
quella rivoluzione erano così intimamente compromessi con il corrotto sistema
dominante e con le sopravvissute forze politico – militari, che la strada del
parlamentarismo, imboccata dall’Assemblea nazionale, doveva necessariamente
condurre alla conservazione di quello status quo da cui i vecchi poteri
sarebbero riusciti alla fine vittoriosi. Ben presto
Rosa Luxemburg comprese che il governo Ebert – Scheidemann sarebbe stato in
grado di agire solo finché alla classe dominante fosse occorsa una pausa per
rigenerarsi completamente.
Risoluta
fautrice di una democrazia di base che avesse nei consigli degli operai e dei
soldati il fondamento essenziale della sua forma politico – organizzativa Rosa
Luxemburg ha combattuto sin dal principio contro ogni forma di mero socialismo
di governo.
In questo
punto cruciale si delinea un altro elemento di frattura e cioè quello relativo
a uno specifico rapporto con la rivoluzione d’Ottobre, che può essere definito
come di “solidarietà critica”. Rosa
Luxemburg non si lasciò condizionare dall’esigenza di dimostrare ad ogni costo
la propria solidarietà alla rivoluzione d’Ottobre. Prima di tanti altri, essa
aveva individuato nella concezione leniniana del partito e in altri punti
ancora, taluni tratti che preannunciavano le possibili involuzioni della
società sovietica e che minacciavano gli elementi fondativi di una democrazia
socialista. Da questo elemento prese le mosse la sua ricerca insieme di rottura
con la socialdemocrazia e di modello diverso da quello bolscevico.
Non è semplice collocare
teoricamente questo tipo di ricerca.
Rosa
Luxemburg è stata certamente una fautrice della democrazia consiliare: con
un’idea del tutto diversa dell’organizzazione da quella, ad esempio, espressa
da Pannekoek. La sua concezione della dialettica materialista, completamente
determinata da processi storici, non presentò mai aspetti di mentalità
naturalistica. Rosa Luxemburg indicò con grande chiarezza l’alternativa sempre
presente in ogni congiuntura storica: o socialismo o barbarie.
Proprio
questa capacità di presentare, sempre e comunque, di indicare quell’alternativa,
rivolta alla vivificazione della dialettica, rese il pensiero di Rosa Luxemburg
una forma di eresia particolare nella storia del movimento operaio. Il rapporto
con le masse rappresentò un elemento essenziale nella teoria politica di Rosa
Luxemburg e proprio questo elemento le impedì di poter accettare il rigido
partito di quadri, chiuso in una ferrea disciplina cospirativa, come
alternativa al partito socialdemocratico, divenuto intanto una mera unione
elettorale. In Rosa Luxemburg però non si rintraccia un’alternativa astratta
tra spontaneità e organizzazione: tutto dipende dalle mediazioni storiche
concrete. A
dimostrazione di ciò sta il suo concetto specifico di organizzazione.
L’organizzazione
deve intervenire strutturando e, in un certo senso, anticipando e illustrando,
attraverso le esperienze e le forme di lotta dei proletari, i loro momenti
rivoluzionari nella prospettiva dell’obiettivo finale. Nella sua concezione dell’organizzazione della lotta di classe, Rosa Luxemburg intuì che spontaneità
e organizzazione non stanno tra loro in un rapporto esteriore, bensì contengono
una loro dialettica immanente. Se si cerca di isolare da una parte la
spontaneità e dall’altra l’organizzazione o di stabilire tra esse una piatta
identità esse possono trasformarsi, nel loro movimento storico, nell’esatto
contrario. Se
l’organizzazione proletaria si stacca dalle masse quasi necessariamente dà
adito ad azioni spontanee che possono rivolgersi anche contro di essa; se la
spontaneità si stacca dalla forza organizzativa della classe operaia, ricade
nel feticismo organizzativo di gruppi settari o nel meccanicismo degli
atteggiamenti di protesta, che divampano e subito si spengono, di gruppi che non
sono disposti e capaci di accollarsi è gli sforzi di un lavoro teorico di lunga
durata, né gli sforzi di un lavoro pratico – organizzativo.