CAMPAGNA ELETTORALE
2018: LA COMMEDIA DEGLI INGANNI
E LA NECESSITA’
DELL’OPPOSIZIONE
di Franco Astengo
Il tema più importante che emerge
in questo avvio di campagna elettorale sembra proprio essere quello della
“commedia degli inganni”. Un conto è fare della propaganda, com’è d’uso in
queste occasioni scontando anche una certa quota d’iperbole sia nel mettere in
rilievo ciò che si è fatto, sia nell’accentuare la facilità delle promesse.
Iperbole sicuramente amplificabile con facilità di questi tempi, attraverso la
molteplicità di strumenti di comunicazione di massa utilizzabili, fra i quali i
cosiddetti “social” che risultano alla fine incontrollabili nella possibilità
di alimentare un dibattito infinito nella forma del ping – pong tra promesse,
insulti, bugie varie. Ma il livello di falsità che si sta raggiungendo in
questa fase al riguardo del quadro generale evidenziato dalla campagna
elettorale da parte dei 3 schieramenti maggioritari del PD, del centro destra e
del M5S, francamente pareva sulla carta irraggiungibile, anche rispetto alla
stessa forma dello scontro elettorale.
Limitiamo
l’analisi a soli due punti che emergono in questa vera e propria “commedia
degli inganni”:
1) Mentre il PD cerca di dimostrare
la validità delle scelte compiute dai suoi pasticciati governi e omette –
facendolo cancellare dalla capacità servile dei mezzi di comunicazione di massa
a sua disposizione – il ricordo della vero punto di rottura della legislatura
appena trascorsa rappresentato dall’esito del referendum sulla deforma
costituzionale del 4 dicembre 2016, gli altri due spezzoni di schieramento
politico contendenti si abbandonano a un’orgia di promesse assolutamente
campate in aria al punto. Talmente campate in aria che sarebbe il caso di
presentare una denuncia penale per “voto di scambio”. Un “voto di scambio” non
personalizzato, come accadeva in passato (la promessa del posto di lavoro o
cose consimili) ma generalizzato all’intero corpo elettorale. Che il “voto di
scambio” fosse la specialità di Berlusconi era noto, ma che così in fretta lo
diventasse anche per il Movimento 5 stelle e che da quella parte (mi riferisco
alla filosofia del “reddito di cittadinanza” e dei sussidi in luogo del lavoro)
diventasse così pericoloso forse non era così facile aspettarselo. Torniamo
però alla vicenda della deforma costituzionale: nella campagna elettorale non
può essere omesso il ricordo del tentativo svolto dal PD di violare spirito e
lettera della Carta Costituzionale per transitare verso un regime nel quale il
Parlamento non fosse più centrale, ma subalterno a un governo a vocazione
presidenzialista, espresso da un “partito unico” fondato sulla
personalizzazione più esasperata, con le “primarie di partito” diventate
istituzionali (quasi come il “Gran Consiglio” al tempo del fascismo. In tempi
di chiara ripresa delle istanze di stampo fascista questo tema della qualità della democrazia
repubblicana deve restare, come fu nel 2016, argomento centrale;
2) Il secondo punto riguarda
addirittura la forma stessa dello scontro elettorale. L’ambiguità contenuta
nelle norme della legge elettorale permette, infatti, a questi signori di
falsificare impunemente, drammatizzando fintamente, i cosiddetti “duelli” nei
collegi uninominali. I principali giornali della borghesia questa mattina ne
sono pieni. Su questo argomento debbono essere chiarite due questioni del tutto
vitali per il regolare andamento delle elezioni. Non c’è nessun duello
all’ultimo sangue. Il trucco è candidare qualcuno reso artatamente popolare
attraverso la televisione nel collegio uninominale ( fornendo il soggetto in
questione di robusti paracadute attraverso le candidature in 5 collegi
plurinominali) in modo da far scattare,
in maniera incongrua, la trappola del voto utile. Votando per il presunto o la
presunta leader nel collegio uninominale perché impegnato/a in una sorta di
“duello finale” si trasferisce direttamente il voto alla lista apparentata,
grazie al meccanismo che impedisce il voto disgiunto: un impedimento questo del
voto disgiunto che potrebbe, è bene ricordarlo, rappresentare una delle cause
d’incostituzionalità. Incostituzionalità sula quale sarà ancora una volta
chiamata a decidere (per la terza volta consecutiva) la Corte Costituzionale.
Come del resto l’altro trucchetto della “spalmatura” dei voti ottenuti, tra
l’1% e il 3%, dalle “liste civetta”. Oltre, naturalmente, alla questione dei
listini bloccati.
Intanto,
parola di Cottarelli e non di un pericoloso estremista, è falso anche il
deficit del bilancio dello Stato in quanto sono stati omessi 55 miliardi di
perdite dovute, pensante un po’, al salvataggio delle banche e alle rate dei
derivati. Banche e derivati un problema enorme che come quello della difesa
della Costituzione e della qualità della democrazia appaiono completamente
assenti dal dibattito che si sta svolgendo nella campagna elettorale, dai
titoli dei giornali, dai post su blog e social network.
In questo
quadro (desolante) “Potere al Popolo”, della cui esistenza tutti quanto
proseguono nell’ignorare, si trova addosso un compito forse superiore alle sue
forze ma che i suoi dirigenti e candidati debbono saper assolvere: quello di
non apparire minoritari difensori soltanto di alcuni segmenti sociali, ma di
rappresentare per intero la necessità dell’opposizione, in Parlamento e fuori. Occorre
cimentarsi con un profilo d’identità politica di grande respiro all’altezza di
questa grande contraddizione politica come quella che si sta presentando in una
fase di forte riallineamento del sistema e dell’opportunità che si presenta per
l’entrata in scena di nuove soggettività politiche. Nuove soggettività
politiche come quella che debbono in mente i rappresentanti della sinistra
d’opposizione (e quindi “Potere al Popolo) per fare in modo da risultare di
essere in grado – appunto – di opporsi al tentativo di verticalizzazione del
potere nei riguardi di una società che, invece, si sta organizzando, in larghe
sue parti, democraticamente in forma orizzontale e che ha bisogno di essere
rappresentata politicamente e nelle istituzioni per non finire progressivamente
emarginata nell’economia, nella cultura, nella struttura stessa
dell’organizzazione sociale.