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sabato 28 aprile 2018


L’arte, ponte tra i popoli nel Mediterraneo
di Mila Fiorentini

Ilaria Guidantoni con Wided  Othmani

Ad Hammamet una residenza d’artisti che lavorano in situ

La zona turistica di Hammamet in Tunisia, dal 15 al 30 aprile, diventa lo scenario di un laboratorio delle arti per la prima edizione di Hammamet Ville de Lumières, Rencontres de L’Art et la Culture Vivantes, con l’obiettivo di promuovere un dialogo tra persone di paesi diversi in un momento difficile per il Mediterraneo nel quale l’arte può giocare un ruolo importante rivendicando anche l’opportunità di diventare un’attività professionale. Per la Tunisia, che ha un piccolo mercato culturale sia in termini di numeri per attrarre investimenti, sia di organizzazione, al di là dei singoli talenti, è un’occasione doppiamente preziosa. I 20 artisti invitati lavorano sul posto lasciando la propria opera ispirati dal luogo e dallo scambio di idee oltre che di tecniche in uno spazio condiviso.


All’hôtel Hasdrubal Thalassa Yasmine Hammamet è stata organizzata la prima edizione del simposio Hammamet, Città delle luci, incontri dell’arte e della cultura viventi, con la presenza di 20 artisti sotto la direzione artistica di un noto pittore tunisino residente a Parigi, Ahmed Hajeri, curatore della rassegna, allo scopo di favorire il dialogo nel Mediterraneo attraverso la mediazione del linguaggio universale dell’arte e sostenere il sogno dei giovani che spesso anche sulla sponda sud è oggi considerato più che mai irrealizzabile. Dal 15 al 30 aprile sono stati programmati dei laboratori creativi di scultura con l’italiana Antonella Tiozzo che ha scelto di lavorare sul tema dei Lotofagi e sta lavorando ad un progetto sulle farfalle scolpite, giocando sul paradosso della leggerezza di queste creature e la solidità e la pesantezza della pietra, un invito a riflettere e a guardarsi dentro; di pittura con artisti provenienti dal Bangladesh, dalla Tunisia, dalla Francia e dalla Siria; di calligrafia con calligrafi della Tunisia e della Francia, in particolare Claude Mediavilla; del disegno artistico con autori del Marocco, della Tunisia e della Francia come Madeleine Froment che ci ha raccontato il suo racconto affascinante sul corpo; e, ancora, di incisione con rappresentanti tunisini e giordani; di street art con Thomas Dechoux, che ha portato l’esperienza francese consolidata in una terra che si è aperta a questa forma d’arte solo con la rivoluzione; di fotografia con Marianne Catzaras, “greca di Tunisia”. 


All’interno della manifestazione anche momenti di incontro, tavole rotonde, corsi e seminari e visite presso le scuole di belle arti tunisine dove gli allievi hanno fatto presenza la carenza di attività pratica.
L’idea e il progetto di questo simposio sono di Wided Othmani, giornalista tunisina che si è trasferita in Francia sei mesi dopo la rivoluzione del 2011, dove tuttora vive e lavora. Corrispondente della Radio Culturale Tunisina a Parigi, è presidente oltre che fondatrice dell’associazione culturale Chemins Croisés des civilisations, che ha realizzato il coordinamento di questa residenza di artisti. Per Wided proprio il suo vissuto e il suo disagio, comune a quello di altri amici tunisini e stranieri in Francia, riguardo ad un vuoto comunicativo l’hanno spinta a promuovere forme insolite di dialogo. Il progetto è sponsorizzato in primis dall’hotel Hasdrubal Thalassa di Yasmine Hammamet, insieme al Ministero del Turismo e dell’Artigianato Tunisino, all’Ambasciata di Tunisia in Francia, al Consolato di Tunisia a Parigi, la Delegazione Tunisina presso L’UNESCO, la Delegazione Tunisina presso l’OIF, l’ONTT Paris, la compagnia aerea Tunisair Paris e il Ministero degli Affari culturali tunisino e intende giocare nell’ambito dell’interdisciplinarietà tra le arti per promuovere il dialogo tra il dialogo tra le arti e tra persone di paesi diversi.
“Creare amicizie, ha sottolineato Wided Othmani, e favorire lo scambio di idee è più importante addirittura dello scambio tecnico in termini di lavoro artistico, proprio perché partire dall’arte per creare comunicazione è più semplice che dalla letteratura, cinema o teatro dove ci sono barriere linguistiche o anche da simposi filosofici e politici.”
Questo è anche un modo per coinvolgere la cittadinanza in un Paese nel quale, al di là dell’istruzione diffusa, la fruizione della cultura e dell’intrattenimento culturale è appannaggio della borghesia e di un circolo ristretto, per altro; oltre che degli intellettuali.
La stessa scelta del luogo non è casuale. Questo hotel infatti è di proprietà di un collezionista d’arte che nell’ambito della sua raccolta di circa 2000 opere, oltre ai grandi della Scuola Tunisina dei primi decenni del Novecento, annovera soprattutto contemporanei tunisini e iracheni e anche nuovi artisti così da sostenerli.

Feuillages

Il tema del rapporto stretto con il territorio è un modo per incentivare un mercato dell’arte che ancora non è strutturato i Tunisia e in tal senso Wided Othmani avrebbe voluto originariamente organizzare la manifestazione sull’isola di Djerba seguendo il progetto realizzato nel 2014 di Djerbahood, una residenza d’artisti internazionali, promossa per un mese dalla Galeria d’arte di Parigi Itinerrance con un partner tunisino, Mehdi Ben Cheikh,  per rivitalizzare con la street art una parte dell’isola abbandonata. Il risultato è stato al momento molto valido ma poi non è rimasto che un insieme di muri dipinti per intrattenere lo sguardo dei turisti. È importante invece, come nel caso di Hammamet, coinvolgere le scuole di Belle arti e dare continuità nel tempo con una sorta di laboratorio permanente. La street art in Tunisia ha un valore sociale forte sotto il profilo simbolico perché è nata con la rivoluzione del 2011, altro esempio importante è in Egitto, e ad Hammamet è rappresentata da Thomar Dechoux, alias Horror pratique le graffiti, che lavora nella regione parigina dal 2004, mescolando la parola al disegno più classico, e ruotando intorno al soggetto del corpo e alla sensualità del movimento anche con elementi surreali, piuttosto che con elementi di anatomia di storia naturale. Il tema dell’uccello migratore diventa centrale dopo una serie di soggiorni in giro per il mondo e in particolare tra i migranti di Calais che per la Francia rappresentano una vera emergenza sociale. La sua arte è focalizzata sul corpo come simbolo ambivalente di emancipazione e sradicamento del migrante. I muri e i giardini di Hammamet sono protagonisti che della fotografia di Marianne Catzaras, nata a Djerba da genitori greci del Dodecaneso, tunisina dall’anima disseminata nei porti del Mediterraneo, che porta ad un livello interiore del vissuto il dialogo tra lingue e religioni diverse che coesistono nel suo percorso, soffermandosi sui particolari di un luogo.


Interessante nell’ottica di un suggerimento di speranza per i giovani è la storia del curatore del Simposio, Ahmed Hajeri, nato nel 1948 in un piccolo villaggio del Nord del Paese vicino a Cap Bon, il “dito della Tunisia”. Figlio di una famiglia semplice, non si era mai interessato all’arte perché in quegli anni, come ci ha raccontato, solo la borghesia poteva permettersi il lusso di questo genere di studi e frequentazioni, almeno da queste parti. Con un diploma di elettricista in mano risponde all’annuncio di un quotidiano che cercava un disegnatore tecnico. L’incontro con un capo illuminato gli ha cambiato la vita perché il suo datore di lavoro lo rimprovera di non saper far bene il proprio lavoro ma quando scopre degli schizzi del ragazzo su fogli di carta appallottolati e gettati nel cestino, disegni di fantasia, ne intuisce il talento. Lo rimprovera bonariamente di non essere consapevole delle proprie capacità e, soprattutto, di non sfruttarle. Ahmed comincia a studiare da autodidatta e sarà scoperto a livello artistico dall’architetto Roland Morand che lo presenta a Jean Dubuffet che gli raccomanderà di dedicarsi alla pittura. Così indirizzato e sostenuto da un artista di peso internazionale, si forma trasferendosi nel 1974 a Parigi dove tuttora risiede. La sua arte, tra lo stile naïf e il surrealismo, inspirato in qualche modo al mondo dei sogni di Marc Chagall, è esposto a livello internazionale e delle sue opere sono nelle collezioni del Museo d’Arte Moderna e all’Istituto del Mondo Arabo di Jean Nouvel di Parigi, nel Museo di Seul e di Tunisi. Nel 1986 è stato insignito del Gran Premio Nazionale della Pittura in Tunisia.
Nell’ottica di realizzare un vero mercato dell’arte contemporanea tunisina e soprattutto di offrire delle possibilità professionali a giovani artisti ad Hammamet è stato organizzato un incontro dedicato a “L’iniziazione alla mediazione culturale”, animato dal mediatore e direttore artistico, Achraf Ben Abizid, un tunisino originario dell’isola di Djerba che vive nella Capitale francese, ideatore del collettivo Zamaken, neologismo che unisce due parole arabe, rispettivamente, zamen,  “tempo” e makan, “luogo”, che promuove la mediazione culturale perché nel settore artistico sulla riva sud del Mediterraneo in particolare in Tunisia, tra l’artista e la galleria non c’è niente e questo vuoto impedisce di creare un vero mercato dell’arte anche perché il gallerista ha un ruolo tipicamente commerciale. “Ora, ci ha raccontato, non credo però che si tratti di trasportare il modello francese
 per trasferirlo tale e quale in Tunisia. Credo sia più interessante un confronto reciproco.”

Jardins obscurs

Nello spirito dell’incontro di Hammamet Zamaken ha organizzato un incontro nelle isole Kerkenna, una residenza d’artista, in occasione della prima edizione del Festival internazionale di fotografie kerkennah#01, dal 21 al 27 giugno prossimo con una presentazione che coinvolgerà 14 isole dell’arcipelago.
Si tratta del primo festival dedicato alla fotografia, alla video arte e alle arti digitali in Tunisia, con l’ambizione di diventare una piattaforma di sviluppo per la fotografia nell’Africa del Nord. La manifestazione si rivolge ai professionisti come agli amatori per incoraggiare l’emergere del mercato fotografico nel settore artistico in Tunisia che è ancora molto debole.
In effetti se le nuove tecnologie e la domanda crescente ha promosso una moltiplicazione degli autodidatti in Tunisia si sente la mancanza sia di formazione si di politica culturale nel settore della fotografia. Achraf Ben Abizid ha sottolineato come la Tunisia stia vivendo un momento di crisi identitaria anche in relazione all’appartenenza al continente africano. “E’ chiara la differenza tra l’Africa del Nord, il Maghreb, e il resto del continente. L’Africa Subsahariana vive da un decennio una grande effervescenza sulla scena artistica su scala internazionale. Contrariamente all’Africa del Nord fatica a creare una dinamica favorevole per la creazione un andamento vitale”.


La scelta delle isole Kerkenna è una sfida ad uscire dai sentieri battuti con una decentralizzazione radicale. “L’idea, ha sottolineato Achraf Ben Abizid, è di portare avanti un progetto ambizione che si iscrive in un territorio al centro di interessi sociali ed economici, dimenticato ma già citato da Plutarco ed Erodoto, Kerkennah o Cercina, ospita le vestigia di una città romana e i fantasmi di Giulio Cesare, Annibale, Pietro d’Aragona, Sinan Pacha o ancora Chateaubriand. La principale risorsa economica della zona è la pesca praticata secondo le regole tradizionali, vivaio del sindacalismo tunisino, Kerkennah è interessata da anni da movimenti di contestazione contro le società di esplorazione marittima nel settore gas e petrolio dopo episodi di dispersione in mare.”