L’arte, ponte tra i popoli nel Mediterraneo
di Mila Fiorentini
Ilaria Guidantoni con Wided Othmani |
Ad Hammamet una residenza d’artisti che lavorano
in situ
La zona turistica di
Hammamet in Tunisia, dal 15 al 30 aprile, diventa lo scenario di un laboratorio
delle arti per la prima edizione di Hammamet Ville de Lumières, Rencontres de
L’Art et la Culture Vivantes, con l’obiettivo di promuovere un dialogo tra
persone di paesi diversi in un momento difficile per il Mediterraneo nel quale
l’arte può giocare un ruolo importante rivendicando anche l’opportunità di
diventare un’attività professionale. Per la Tunisia, che ha un piccolo mercato
culturale sia in termini di numeri per attrarre investimenti, sia di
organizzazione, al di là dei singoli talenti, è un’occasione doppiamente
preziosa. I 20 artisti invitati lavorano sul posto lasciando la propria opera
ispirati dal luogo e dallo scambio di idee oltre che di tecniche in uno spazio
condiviso.
All’hôtel
Hasdrubal Thalassa Yasmine Hammamet è stata organizzata la prima edizione del
simposio Hammamet, Città delle luci, incontri dell’arte e della cultura viventi,
con la presenza di 20 artisti sotto la direzione artistica di un noto pittore
tunisino residente a Parigi, Ahmed Hajeri, curatore della rassegna, allo scopo di
favorire il dialogo nel Mediterraneo attraverso la mediazione del linguaggio
universale dell’arte e sostenere il sogno dei giovani che spesso anche sulla
sponda sud è oggi considerato più che mai irrealizzabile. Dal 15 al 30 aprile
sono stati programmati dei laboratori creativi di scultura con l’italiana Antonella
Tiozzo che ha scelto di lavorare sul tema dei Lotofagi e sta lavorando ad un
progetto sulle farfalle scolpite, giocando sul paradosso della leggerezza di
queste creature e la solidità e la pesantezza della pietra, un invito a
riflettere e a guardarsi dentro; di pittura con artisti provenienti dal Bangladesh,
dalla Tunisia, dalla Francia e dalla Siria; di calligrafia con calligrafi della
Tunisia e della Francia, in particolare Claude Mediavilla; del disegno
artistico con autori del Marocco, della Tunisia e della Francia come Madeleine
Froment che ci ha raccontato il suo racconto affascinante sul corpo; e, ancora,
di incisione con rappresentanti tunisini e giordani; di street art con Thomas Dechoux, che ha portato l’esperienza francese
consolidata in una terra che si è aperta a questa forma d’arte solo con la
rivoluzione; di fotografia con Marianne Catzaras, “greca di Tunisia”.
All’interno
della manifestazione anche momenti di incontro, tavole rotonde, corsi e
seminari e visite presso le scuole di belle arti tunisine dove gli allievi
hanno fatto presenza la carenza di attività pratica.
L’idea e il
progetto di questo simposio sono di Wided Othmani, giornalista tunisina che si
è trasferita in Francia sei mesi dopo la rivoluzione del 2011, dove tuttora
vive e lavora. Corrispondente della Radio Culturale Tunisina a Parigi, è
presidente oltre che fondatrice dell’associazione culturale Chemins Croisés des
civilisations, che ha realizzato il coordinamento di questa residenza di
artisti. Per Wided proprio il suo vissuto e il suo disagio, comune a quello di
altri amici tunisini e stranieri in Francia, riguardo ad un vuoto comunicativo
l’hanno spinta a promuovere forme insolite di dialogo. Il progetto è
sponsorizzato in primis dall’hotel
Hasdrubal Thalassa di Yasmine Hammamet, insieme al Ministero del Turismo e
dell’Artigianato Tunisino, all’Ambasciata di Tunisia in Francia, al Consolato
di Tunisia a Parigi, la Delegazione Tunisina presso L’UNESCO, la Delegazione
Tunisina presso l’OIF, l’ONTT Paris, la compagnia aerea Tunisair Paris e il
Ministero degli Affari culturali tunisino e intende giocare nell’ambito
dell’interdisciplinarietà tra le arti per promuovere il dialogo tra il dialogo
tra le arti e tra persone di paesi diversi.
“Creare
amicizie, ha sottolineato Wided Othmani, e favorire lo scambio di idee è più
importante addirittura dello scambio tecnico in termini di lavoro artistico, proprio
perché partire dall’arte per creare comunicazione è più semplice che dalla
letteratura, cinema o teatro dove ci sono barriere linguistiche o anche da
simposi filosofici e politici.”
Questo è
anche un modo per coinvolgere la cittadinanza in un Paese nel quale, al di là
dell’istruzione diffusa, la fruizione della cultura e dell’intrattenimento
culturale è appannaggio della borghesia e di un circolo ristretto, per altro;
oltre che degli intellettuali.
La stessa scelta
del luogo non è casuale. Questo hotel infatti è di proprietà di un
collezionista d’arte che nell’ambito della sua raccolta di circa 2000 opere, oltre
ai grandi della Scuola Tunisina dei primi decenni del Novecento, annovera
soprattutto contemporanei tunisini e iracheni e anche nuovi artisti così da
sostenerli.
Feuillages |
Il tema del
rapporto stretto con il territorio è un modo per incentivare un mercato
dell’arte che ancora non è strutturato i Tunisia e in tal senso Wided Othmani
avrebbe voluto originariamente organizzare la manifestazione sull’isola di
Djerba seguendo il progetto realizzato nel 2014 di Djerbahood, una residenza
d’artisti internazionali, promossa per un mese dalla Galeria d’arte di Parigi
Itinerrance con un partner tunisino, Mehdi Ben Cheikh, per rivitalizzare con la street art una parte dell’isola abbandonata. Il risultato è stato
al momento molto valido ma poi non è rimasto che un insieme di muri dipinti per
intrattenere lo sguardo dei turisti. È importante invece, come nel caso di
Hammamet, coinvolgere le scuole di Belle arti e dare continuità nel tempo con
una sorta di laboratorio permanente. La street
art in Tunisia ha un valore sociale forte sotto il profilo simbolico perché
è nata con la rivoluzione del 2011, altro esempio importante è in Egitto, e ad
Hammamet è rappresentata da Thomar Dechoux, alias
Horror pratique le graffiti, che lavora
nella regione parigina dal 2004, mescolando la parola al disegno più classico,
e ruotando intorno al soggetto del corpo e alla sensualità del movimento anche
con elementi surreali, piuttosto che con elementi di anatomia di storia
naturale. Il tema dell’uccello migratore diventa centrale dopo una serie di
soggiorni in giro per il mondo e in particolare tra i migranti di Calais che
per la Francia rappresentano una vera emergenza sociale. La sua arte è
focalizzata sul corpo come simbolo ambivalente di emancipazione e sradicamento
del migrante. I muri e i giardini di Hammamet sono protagonisti che della
fotografia di Marianne Catzaras, nata a Djerba da genitori greci del
Dodecaneso, tunisina dall’anima disseminata nei porti del Mediterraneo, che
porta ad un livello interiore del vissuto il dialogo tra lingue e religioni
diverse che coesistono nel suo percorso, soffermandosi sui particolari di un
luogo.
Interessante
nell’ottica di un suggerimento di speranza per i giovani è la storia del
curatore del Simposio, Ahmed Hajeri, nato nel 1948 in un piccolo villaggio del
Nord del Paese vicino a Cap Bon, il “dito della Tunisia”. Figlio di una
famiglia semplice, non si era mai interessato all’arte perché in quegli anni,
come ci ha raccontato, solo la borghesia poteva permettersi il lusso di questo
genere di studi e frequentazioni, almeno da queste parti. Con un diploma di
elettricista in mano risponde all’annuncio di un quotidiano che cercava un
disegnatore tecnico. L’incontro con un capo illuminato gli ha cambiato la vita
perché il suo datore di lavoro lo rimprovera di non saper far bene il proprio
lavoro ma quando scopre degli schizzi del ragazzo su fogli di carta
appallottolati e gettati nel cestino, disegni di fantasia, ne intuisce il
talento. Lo rimprovera bonariamente di non essere consapevole delle proprie
capacità e, soprattutto, di non sfruttarle. Ahmed comincia a studiare da
autodidatta e sarà scoperto a livello artistico dall’architetto Roland Morand che
lo presenta a Jean Dubuffet che gli raccomanderà di dedicarsi alla pittura.
Così indirizzato e sostenuto da un artista di peso internazionale, si forma
trasferendosi nel 1974 a Parigi dove tuttora risiede. La sua arte, tra lo stile
naïf e il surrealismo, inspirato in qualche modo al mondo dei sogni di Marc
Chagall, è esposto a livello internazionale e delle sue opere sono nelle
collezioni del Museo d’Arte Moderna e all’Istituto del Mondo Arabo di Jean Nouvel
di Parigi, nel Museo di Seul e di Tunisi. Nel 1986 è stato insignito del Gran
Premio Nazionale della Pittura in Tunisia.
Nell’ottica
di realizzare un vero mercato dell’arte contemporanea tunisina e soprattutto di
offrire delle possibilità professionali a giovani artisti ad Hammamet è stato
organizzato un incontro dedicato a “L’iniziazione alla mediazione culturale”,
animato dal mediatore e direttore artistico, Achraf Ben Abizid, un tunisino
originario dell’isola di Djerba che vive nella Capitale francese, ideatore del
collettivo Zamaken, neologismo che
unisce due parole arabe, rispettivamente, zamen,
“tempo” e makan, “luogo”, che promuove la mediazione culturale perché nel
settore artistico sulla riva sud del Mediterraneo in particolare in Tunisia,
tra l’artista e la galleria non c’è niente e questo vuoto impedisce di creare
un vero mercato dell’arte anche perché il gallerista ha un ruolo tipicamente
commerciale. “Ora, ci ha raccontato, non credo però che si tratti di
trasportare il modello francese
per trasferirlo tale e quale in Tunisia. Credo
sia più interessante un confronto reciproco.”
Jardins obscurs |
Nello
spirito dell’incontro di Hammamet Zamaken ha organizzato un incontro nelle
isole Kerkenna, una residenza d’artista, in occasione della prima edizione del
Festival internazionale di fotografie kerkennah#01, dal 21 al 27 giugno prossimo
con una presentazione che coinvolgerà 14 isole dell’arcipelago.
Si tratta
del primo festival dedicato alla fotografia, alla video arte e alle arti
digitali in Tunisia, con l’ambizione di diventare una piattaforma di sviluppo
per la fotografia nell’Africa del Nord. La manifestazione si rivolge ai
professionisti come agli amatori per incoraggiare l’emergere del mercato
fotografico nel settore artistico in Tunisia che è ancora molto debole.
In effetti
se le nuove tecnologie e la domanda crescente ha promosso una moltiplicazione
degli autodidatti in Tunisia si sente la mancanza sia di formazione si di
politica culturale nel settore della fotografia. Achraf Ben Abizid ha
sottolineato come la Tunisia stia vivendo un momento di crisi identitaria anche
in relazione all’appartenenza al continente africano. “E’ chiara la differenza
tra l’Africa del Nord, il Maghreb, e il resto del continente. L’Africa
Subsahariana vive da un decennio una grande effervescenza sulla scena artistica
su scala internazionale. Contrariamente all’Africa del Nord fatica a creare una
dinamica favorevole per la creazione un andamento vitale”.
La scelta
delle isole Kerkenna è una sfida ad uscire dai sentieri battuti con una
decentralizzazione radicale. “L’idea, ha sottolineato Achraf Ben Abizid, è di
portare avanti un progetto ambizione che si iscrive in un territorio al centro
di interessi sociali ed economici, dimenticato ma già citato da Plutarco ed
Erodoto, Kerkennah o Cercina, ospita le vestigia di una città romana e i
fantasmi di Giulio Cesare, Annibale, Pietro d’Aragona, Sinan Pacha o ancora
Chateaubriand. La principale risorsa economica della zona è la pesca praticata
secondo le regole tradizionali, vivaio del sindacalismo tunisino, Kerkennah è
interessata da anni da movimenti di contestazione contro le società di
esplorazione marittima nel settore gas e petrolio dopo episodi di dispersione
in mare.”