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giovedì 12 aprile 2018


UN APPELLO PER IL MOVIMENTO PER LA PACE
di Franco Astengo


L’orologio della storia sta battendo l’ora della guerra globale?
La situazione in Siria presenta elementi molto preoccupanti nella direzione di una risposta affermativa all’interrogativo iniziale. Forse non siamo mai stati così vicini al “pericolo totale” neppure nei momenti più drammatici della “guerra fredda” tra i grandi blocchi militari nella seconda metà del ‘900: la guerra di Corea, la crisi dei missili a Cuba, la fase di avvio della presidenza Reagan. E’ certo che davvero la fase che era stata definita della “globalizzazione”, si è conclusa e, come si era avvertito già da tempo, si stanno riformando concentrazioni armate contrapposte già di fronte l’una all’altra nelle zone più calde, a partire dal Medio Oriente (non dimenticando gli altri possibili scenari). Sicuramente le cose stanno in maniera molto più complessa di quanto sia possibile descriverle a questo punto, ma la sostanza degli atti pare proprio condurre alla necessità di lanciare un grido d’allarme. Gli USA hanno ripreso il ruolo da “gendarme del mondo” ma non sono soli, anzi sono fronteggiati con forza.
Siamo di fronte alla costruzione di un nuovo bipolarismo tra le potenze imperiali o meglio a “vocazione imperiale”.
Naturalmente si tratta di uno scenario ben diverso da quello della “guerra fredda” post-secondo conflitto mondiale ma che, comunque, richiama due elementi molto importanti da valutare nel quadro di un’azione politica di sinistra da questa parte del continente, nell’Europa Occidentale: all’interno, cioè, di uno scenario nel quale agiscono le strutture economico-politiche dell’Unione Europea:
1)Il ritorno della geopolitica intesa come riassunzione di centralità del concetto di “spazio vitale” e di egemonia per l’accesso e l’utilizzo delle risorse energetiche;
2)Il riproporsi, proprio all’interno dello spazio vitale detenuto dall’Unione Europea, di una questione di vero e proprio schieramento che questa volta non comporta però l’opzione riguardante una scelta di civiltà. Non ci sono più a fronteggiarsi il capitalismo liberale di marca USA e il “socialismo reale” di stampo sovietico ma i due modelli del neo nazionalismo e della vocazione protezionistica USA e della “vocazione imperiale” russa (ben esplicitata del resto dal sistema di alleanze che si sta creando nella regione mediorientale), all’interno di un gioco molto complesso dal punto di vista dell’intreccio economico, produttivo e di scambio di capitali all’interno del quale andranno valutati anche altri fattori: dal ruolo della Cina a quello del livello di tensione complessiva nell’estremo Oriente a partire dal tema del nucleare in Corea del Nord. La sinistra occidentale che non ha trovato una propria dimensione politica rispetto al tema dell’Unione Europea, del dominio delle banche, dell’egemonia tedesca sull’insieme dei principali punti della filiera produttiva, della moneta unica e del deficit di democrazia adesso è chiamata a muoversi sul terreno prevalente del rapporto con Oltreatlantico attraverso la compiuta acquisizione del richiesto meccanismo di ritorno alla subalternità. Lo scenario incombente è quello di un conflitto globale di dimensioni e qualità ben diverse da quelli periferici, di natura neo-coloniale, che abbiamo vissuto nel corso di questi anni sugli scacchieri mediorientali, dell’Asia Centrale , dell’Africa, dell’Estremo Oriente e dell’Europa. Mentre l’Italia appare completamente priva di una politica estera e le prospettive della formazione del nuovo governo fanno temere, sotto questo delicatissimo e cruciale aspetto, il peggio del peggio. E’ proprio il caso allora di invitare con forze i soggetti politici ancora presenti a sinistra perché riprendano a considerare la necessità di una mobilitazione immediata sul tema della pace e del disarmo. Tra le tante proposte che possono essere lanciate in una visione di superamento dell’attuale assetto dell’Unione Europea (che appare anch’essa completamente priva di una propria politica al riguardo dei temi fin qui indicati) quello del disarmo da attuarsi nel cuore del Continente e di una posizione fermamente contraria a ogni escalation bellica dovrebbero trovarsi al centro dell’iniziativa politica, sia nella dimensione interna, sia in quella transnazionale (che un tempo avremmo definito come internazionalista).
Questi appena elencati costituiscono temi d’intervento che sicuramente sopravanzano quelli di natura più direttamente economica. La sinistra occidentale va chiamata, attraverso l’espressione di una politica di pace, a riassumere per intero la prospettiva di una sinistra di opposizione e di un rinnovato movimento per la pace. Al momento però non sembra proprio esistere sinistra e non s’intravvede l’avvio di un forte movimento per la pace come invece era accaduto nei frangenti di estrema tensione all’epoca della guerra fredda che sono stati richiamati in precedenza e anche successivamente, se ricordiamo gli stessi anni’90.