PROMEMORIA PER
IL GOVERNO
di Franco Astengo
In attesa di veder
districata la matassa tra “governo a tempo”, “governo di scopo”, “governo
istituzionale”, “governo tecnico”, “governo delle astensioni” sembra proprio il
caso di fissare alcuni punti fermi, in questa crisi infinita del sistema
politico italiano che è prima di tutto crisi di consenso, di autorevolezza e di
cultura politica:
1) La strada del “governo
di scopo” per le riforme istituzionali è sbarrata dall’esito del referendum del
4 dicembre 2016. Nessun monocameralismo, nessun presidenzialismo, nessuna
semplificazione forzata del procedimento legislativo spostandone il riferimento
dal Parlamento all’esecutivo. Fu quello il responso delle urne e quel responso
deve essere rispettato in ogni caso;
2) Una ulteriore eventuale
proposta di modifica della legge elettorale, tendente a favorire la
“governabilità” (premio di maggioranza, doppio turno e quant’altro) deve tener
conto di ben due sentenze della Corte Costituzionale, con le quali sono state
bocciate la legge elettorale del 2005 con la quale si era votato nel 2006,
2008, 2013 (premio di maggioranza, liste bloccate) e la legge elettorale, mai
provata sul campo e approvata a colpi di fiducia, denominata Italikum (liste
bloccate, ballottaggio senza soglia, con premio di maggioranza ). Le
indicazioni della Corte Costituzione in materia non possono essere nuovamente
eluse come si è anche cercato di fare con la formula elettorale (la peggiore
fra tutte) con la quale si è votato il 4 marzo 2018;
3) Va ancora annotato un
appunto sulla “centralità del Parlamento” rivendicata, in inizio di
legislatura, dal M5S che, su quella base, ha ottenuto la presidenza della
Camera. Premesso che il presupposto necessario per realizzare la cosiddetta
“centralità del Parlamento” è oggettivamente costituito dall’adozione di una
formula elettorale proporzionale (dalla quale può scaturire una composizione
delle Camere la più aperta e plurale possibile rispetto alle “sensibilità”
politiche presenti con una certa consistenza nel Paese) va ricordato come non
si tratti di una formula astratta al fine di determinare una sorta di
“assemblearismo permanente”. La “centralità del Parlamento” si può realizzare,
infatti, attraverso un articolato lavoro
di correlazione tra l’operato del Governo in fase esecutiva e quello
realizzato sul piano legislativo
nell’Aula e nelle Commissioni ( ricordiamo che in Italia, caso unico,
disponiamo delle Commissioni redigenti edeliberanti). L’articolazione tra
esecutivo e legislativo è ben indicata nella suddivisione dei poteri prevista
dalla Costituzione Repubblicana, negli ultimi tempi assolutamente violata dal
profluvio di decreti governativi verso i quali al Parlamento non rimaneva altro
che assolvere a compiti di ratifica. Certo che tra eventuale “governo tecnico”
o “istituzionale” (formule che contraddicono proprio la necessaria correlazione
tra esecutivo e legislativo) e la
rivendicazione della “centralità del Parlamento” acqua in mezzo ce ne corre. Il
tutto a presente e futura memoria.