Circuito di
morte nel «Mediterraneo allargato»
di Manlio Dinucci
I riflettori
politico-mediatici, focalizzati sui flussi migratori Sud-Nord attraverso il
Mediterraneo, lasciano in ombra altri flussi: quelli Nord-Sud di forze militari
e armi attraverso il Mediterraneo. Anzi attraverso il «Mediterraneo allargato»,
area che, nel quadro della strategia Usa/Nato, si estende dall’Atlantico al Mar
Nero e, a sud, fino al Golfo Persico e all’Oceano Indiano. Nell’incontro col segretario della Nato
Stoltenberg a Roma, il premier Conte ha
sottolineato la «centralità del Mediterraneo allargato per la sicurezza
europea», minacciata dall’«arco di instabilità dal Mediterraneo al Medio
Oriente». Da qui l’importanza della Nato, alleanza sotto comando Usa che Conte
definisce «pilastro della sicurezza interna e internazionale». Completo
stravolgimento della realtà. È stata fondamentalmente la strategia Usa/Nato a
provocare «l’arco di instabilità» con le due guerre contro l’Iraq, le altre due
guerre che hanno demolito gli Stati jugoslavo e libico, e quella per demolire
lo Stato siriano. L’Italia, che ha partecipato a tutte queste guerre, secondo
Conte svolge «un ruolo chiave per la sicurezza e stabilità del fianco sud della
Alleanza». In che modo, lo si capisce da ciò che i media nascondono.
La
nave Trenton della U.S. Navy, che ha raccolto 42 profughi (autorizzati a
sbarcare in Italia a differenza di quelli dell’Aquarius), non è di stanza in
Sicilia per svolgere azioni umanitarie nel Mediterraneo: è una unità veloce
(fino a 80 km/h), capace di sbarcare in poche ore sulle coste nord-africane un
corpo di spedizione di 400 uomini e relativi mezzi. Forze speciali Usa operano in Libia per
addestrare e guidare formazioni armate alleate, mentre droni armati Usa,
decollando da Sigonella, colpiscono obiettivi in Libia. Tra poco, ha annunciato
Stoltenberg, opereranno da Sigonella anche droni Nato.
Essi
integreranno l’«Hub di direzione strategica Nato per il Sud», centro di
intelligence per operazioni militari in Medioriente, Nordafrica, Sahel e Africa
subsahariana.
L’Hub,
che diverrà operativo in luglio, ha sede a Lago Patria, presso il Comando della
forza congiunta Nato (Jfc Naples), agli ordini di un ammiraglio statunitense,
attualmente James Foggo, che comanda anche le Forze navali Usa in Europa (con
quartier generale a Napoli-Capodichino e la Sesta Flotta di stanza a Gaeta) e
le Forze navali Usa per l’Africa. Tali forze sono state integrate dalla
portaerei Harry S. Truman, entrata due mesi fa nel Mediterraneo con il suo
gruppo d’attacco.
Il
10 giugno, mentre l’attenzione mediatica si concentrava sulla Aquarius, la
flotta Usa con a bordo oltre 8000 uomini, armata di 90 caccia e oltre 1000
missili, veniva schierata nel Mediterraneo orientale, pronta a colpire in Siria
e Iraq. Negli stessi giorni, il 12-13 giugno, faceva scalo a Livorno la Liberty
Pride, una delle navi militarizzate Usa, imbarcando sui suoi 12 ponti un altro
carico di armi che, dalla base Usa di Camp Darby, vengono inviate mensilmente
in Giordania e Arabia Saudita per le guerre in Siria e nello Yemen.
Si
alimentano così le guerre che, unite ai meccanismi neocoloniali di
sfruttamento, provocano impoverimento e sradicamento di popolazioni. Aumentano
di conseguenza i flussi migratori in condizioni drammatiche, che provocano
vittime e nuove forme di schiavitù.
«Sembra
che essere duri sull'immigrazione ora paghi», commenta il presidente Trump
riferendosi alle misure decise non solo da Salvini ma dall’intero governo
italiano, il cui premier viene definito
«fantastico». Giusto riconoscimento da parte degli Stati uniti, che nel
programma di governo sono definiti «alleato privilegiato» dell’Italia.