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venerdì 13 luglio 2018

Mettiamo centri di identificazione ovunque: 
anche alle Cayman. Basta coi delinquenti
di Massimo Angelini


Il professor Massimo Angelini, filosofo, storico ed editore a Genova, che mi onora della sua affettuosa amicizia e collaborazione, ha scritto un post su Facebook che potrebbe essere uno spunto per il solerte ministro dell’Interno, Matteo Salvini, affinché vada fino in fondo nella sua idea di fare centri diffusi d’identificazione per fermare gli immigrati e stanare, identificandoli, i delinquenti per poi espellerli immantinente dal nostro sacro suolo patrio con procedura d’urgenza. Metodo eccellente da applicare su scala mondiale.  Scrive Massimo Angelini, il quale mi autorizza a pubblicare integralmente.
[Paolo Farinella, sacerdote]

Bene: prendendo spunto da una lettera di padre Mauro Armanino, mi sono convinto che i centri di identificazione e le piattaforme di sbarco ci vogliono, ci vogliono per tutti, perché è giusto identificare i veri motivi per i quali si va in un altro paese: per lavorare o per delinquere? Cos’è questa storia della libera circolazione delle persone, neanche fossero merci? Bisogna bloccare alla frontiera gli italiani, i tedeschi, gli americani che vanno in Thailandia, a Cuba, in Brasile, trattenerli in un centro temporaneo di identificazione, e prima di farli entrare (o rispedirli a casa) bisogna sapere se vanno a lavorare oppure a portare un turismo rispettoso o se invece ci vanno per fottere bambine e bambini. Ci vogliono centri di identificazione alle frontiere della Svizzera, di Lussemburgo, delle Isole Cayman e di tutti i covi fiscali per trattenere qualche giorno chi porta denaro e, prima di farlo entrare, sapere se è frutto di riciclaggio o evasione. Ci vogliono alle frontiere dei paesi centrafricani per essere certi di non fare entrare avventurieri, bracconieri, trafficanti.
Ci vogliono alle frontiere di tutti i paesi in via di occidentalizzazione (sissignori: non sono paesi in “via di sviluppo” ma di occidentalizzazione) per bloccare, giorni o settimane, solo quanto sia necessario e non di più, chi arriva dall’Europa, dalla Russia, dagli Stati Uniti, dalla Cina, dal Giappone e, senza farsi sviare dagli abiti e dai modi così belli e puliti, controllare che non sia un mediatore o un trafficante di denaro, di droga, di persone, di armi, di terreni, di risorse, di scorie e rifiuti tossici, di minerali e materiali preziosi (senza i quali i cellulari e i computer con i quali scriviamo veleno sul mondo rapinato dal quale sono estratti non funzionerebbero) uno speculatore finanziario, un giocatore di risiko sulla pelle del mondo più povero, un monopolista, uno spacciatore di semi sterili o di iniziative pseudo-umanitarie, un corruttore di governi, un accaparratore di giacimenti di pesce o di petrolio (che chi ci abita non potrà più pescare o estrarre perché non gli appartengono più, come la terra su cui poggia i piedi, e ringrazi la nostra democrazia umanitaria che permettiamo che ci cammini sopra)… Il ragionamento è chiaro e ora la faccio breve: sono a favore dei centri di identificazione, mi piacciono, li desidero in ogni aeroporto, comprese le Maldive e le Seychelles: è ora di finirla di fare circolare liberamente i delinquenti, i nullafacenti palestrati e gli stupratori.