DESIDERIO E
FRUSTRAZIONE
di Angelo Gaccione
Acri. Palazzo Sanseverino (Foto: Milizia) |
Può capitare di trasformare un desiderio, magari
custodito da tempo nell’inconscio, fino a farlo diventare così concreto, tanto
da essere convinti di averlo visto materializzato nella sua oggettività più
tangibile. La desiderabilità, vale a dire, come prepotente germinazione di un
fatto reale. È quanto accaduto a me, in un recente viaggio di ritorno nella mia
città di origine. Su suggerimento del mio caro amico Franco Esposito, poeta e
direttore di quella magnifica e longeva rivista che è “Microprovincia”, sono
andato a vedere la mostra dedicata ad autori e materiali iconografici riguardanti
l’Albania ai tempi del dittatore Enver Hoxha, ospitata al Museo di Arte
Contemporanea di Acri, e che ha sede nel maestoso palazzo che fu del principe
Sanseverino. Franco Esposito vive da molti anni a Stresa sul Lago Maggiore, ma
è nato a Macchia Albanese (patria di Gerolamo De Rada a cui diversi anni fa
dedicammo un numero monografico di “Microprovincia”, e delle giornate culturali
a Macchia, facendo aprire per l’occasione, la casa dell’autore de I canti del Milosao), un borgo di San Demetrio Corone, terre entrambe appartenenti
a quella koinè arbereshe che nell’area cosentina è molto diffusa, e che
dall’antica Albania trae origine. Questo per dare ragione ai lettori
dell’interesse di Esposito per la citata mostra. Ho approfittato dell’occasione
per visitare una parte del palazzo, grazie anche alla gentile disponibilità del
custode che si è messo a disposizione, e mi dispiace di non essermi annotato il
nome per poterlo citare in questa nota. Lo ringrazio tuttavia pubblicamente,
perché ho potuto vedere le Sale magnificamente ristrutturate dei vari piani, e
la corposa donazione al Museo di Silvio Vigliaturo nativo della città di Acri,
e che credevo fosse limitata solo ai suoi lavori in vetro. Invece è ricca di
opere realizzate con le tecniche e i materiali più diversi, compresi i
disegnini degli esordi della più tenera giovinezza.
Monumento a Battista Falcone |
In questo palazzo dalle origini seicentesche, dimora estiva
di Giuseppe Leopoldo Sanseverino principe di Bisignano, nacque Battista Falcone
(Giambattista, come più diffusamente si trova scritto) il 23 ottobre del 1834.
Il palazzo era passato alla famiglia dello sfortunato rivoluzionario che morirà
giovanissimo nella spedizione di Sapri organizzata assieme a Carlo Pisacane ed
altri patrioti antiborbonici, poiché il padre Angelo Falcone aveva sposato la
principessa Carmela Sanseverino. Sulla lunga parete del palazzo che dà sul
piazzale, una lastra marmorea (un po’ sbiadita, in verità) messa dal comune
della città nel luglio del 1957 per celebrarne il primo centenario della morte,
ricorda quella tragica vicenda. Aveva appena 23 anni Giambattista, e di quella
spedizione era il vicecomandante. Nel mio inconscio si era radicata la
convinzione (ritenuta ovvia, dal momento che quella casa gli aveva dato i
natali) che il piazzale su cui si distende il palazzo, portasse il nome di
Giambattista.
La lapide che ricorda il sacrificio di Battista Falcone a Sapri murata all'esterno del Palazzo Sanseverino-Falcone (Foto: Odissea) |
Ho voluto verificarlo controllando i tre lati del piazzale, e ho
scoperto, con enorme stupore, che non esiste alcuna indicazione toponomastica.
Incredulo, la mattina dopo ho telefonato in Municipio e mi sono procurato il
telefono personale dell’assessore alla cultura. Fresco di nomina, l’architetto
Giuseppe Giudice (che conosco da sempre), ignorava a sua volta che non ci
fosse, di quel piazzale, indicazione di sorta. Anche lui era convinto che la
piazza fosse dedicata a Giambattista, e si stupiva che non vi fossero le targhe
sui cantoni. Gli dissi che ero pronto a partecipare ad una sottoscrizione per
realizzare un paio di targhe marmoree da murare sui lati, con il nome del
giovane patriota, e che mi sarei dato da fare in prima persona per non gravare
sulle casse comunali. Mi disse che si sarebbe subito attivato per capire come
stessero le cose e sulla stranezza di quella mancanza. Mi informò, tra l’altro,
di aver chiuso la sua carriera in qualità di preside, proprio all’Istituto
scolastico che porta il nome di Battista Falcone. Alcune ore dopo, l’assessore
fu in grado di informarmi che pur non essendoci le targhe, il piazzale ha
tuttavia un dedicatario: non si trattava però (come io avevo sempre creduto - o
desiderato - fino a farne una certezza) di Battista Falcone, ma di un Francesco
Falcone di cui ignorava vita e opere.
Ovviamente ne restai deluso. Confesso di
non essere riuscito a saperne di più sul dedicatario del piazzale; conosco
invece un Giuseppe Falcone nato ad Acri nel 1833, figlio di Luigi Falcone e di
Anita Sanseverino. Giurista e magistrato, capitano garibaldino, partecipò alla
spedizione dei Mille nel 1860 assieme ad altri due acresi: i fratelli Vincenzo
e Francesco Sprovieri. Che sia stato dedicato a lui il piazzale senza targhe e
che in Comune abbiano equivocato sul nome? Con questo tarlo vado a letto: è
tardi e sono stanco, le lettere già si accavallano disordinate e incoerenti sul
monitor del computer.