Pagine

sabato 6 ottobre 2018

L’AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE
di Franco Astengo


Un articolo di Chiara Saraceno è titolato da "la Repubblica": “Una certa idea di povertà”. Titolo accompagnato da un catenaccio: “Dietro il veto sulle spese immorali c’è il pensiero che i più bisognosi siano inaffidabili”. Una lettura che mi ha riportato alla mente il ricordo di una vecchia abitudine; quando non si faceva l’elemosina ai mendicanti perché i benpensanti sostenevano: “tanto poi se li va a bere”.
Così come la si va impostando questa storia del cosiddetto “reddito di cittadinanza” sta rappresentando una logica analoga. Così come la si legge l’idea del sussidio rappresenta uno dei tanti segnali del vuoto di arretramento etico e culturale che sta imponendosi nel nostro Paese. Un vuoto frutto di un meccanismo perverso che risale all’irruzione delle logiche individualistiche di consumo risalenti almeno agli anni ’80 del XX secolo, delle quali non faccio la storia in quest’occasione. 
Non la faccio lunga perché intendo essere sintetico e brutale.
Il populismo di cui si stanno dilettando i signori del governo ha un’origine ben precisa: quella di un’immaginata “autobiografia della nazione” (Gobetti ne scriveva però realisticamente al riguardo del fascismo) per cui il consenso si può aggregare soltanto adeguando la risposta ai desiderata più diffusi e apparentemente più facili da interpretare. Un’immaginaria “Autobiografia della Nazione” composta da due elementi: al Nord l’idiosincrasia per le tasse (e quindi la legittimità dell’evasione: Berlusconi la teorizzò come meccanismo di autodifesa); al Sud la vocazione per l’assistenzialismo (di conseguenza il reddito di cittadinanza pensato però in una forma molto diversa da quella che, in effetti, poi sarà realizzata: ad esempio il REI può essere convertito al 50% in contanti, ben diverso dalla distinzione tra “spese morali” e “spese immorali”). Nord e Sud uniti soltanto dalla “paura del diverso”.
Stereotipi si dirà, come quella degli “italiani maccheronì” dell’emigrazione del primo ‘900 ma stereotipi sui quali si è basata la grande bolla di mistificazione nella quale stiamo vivendo pericolosamente (“vivere pericolosamente” altra citazione da non dimenticare).
In realtà ci troviamo in un vuoto prima di tutto etico poi culturale e ancora di consapevolezza sociale: un vuoto che sembra comprendere larga parte della società italiana e al quale questa “politica” sta alimenta dolo cercando di corrispondere ai puri fini di mantenimento del potere.
Si scrive e si parla di opposizione: il primo dato con il quale, sotto quest’aspetto, sarebbe necessario fare i conti riguarderebbe un vero e proprio processo di ricostruzione culturale.
Troppo facile è stato adagiarsi sulla tecnologia e sui processi che l’utilizzo della tecnologia ha introdotto nella vita quotidiana. Il filone di continuità in questo vuoto è rappresentato dalla riduzione dell’individuo in consumatore forzato privandolo di una prospettiva generale di visione della società. Sarà stata cattiva l’ideologia ma almeno per adeguarsi a essa si era costretti a pensare. La confusione di oggi deriva proprio dall’assenza di pensiero e di conseguenza di visione: ben oltre gli schieramenti politici dati e/o futuribili.