di Suha Jbara
Giovane madre palestinese arrestata a Gerico |
Il carcere per molti è un
passaggio obbligato, come in un romanzo di formazione, l'ingresso in una
società occupata e resistente. Il laissez-paisser al mondo della politica
attiva, al rispetto degli altri, al riconoscimento del ruolo di leader. Perché
nelle prigioni la vita politica non muore. Al contrario, si radica: dal 1967 il
movimento dei prigionieri palestinesi è il perno del pensiero politico, della
formazione dei nuovi leader e dell'educazione della base.
…
1974,
1976, 1984, 1992, 2004: sono solo alcuni degli scioperi di massa che hanno
segnato la storia del movimento dei prigionieri politici palestinesi.
…
Gli
accordi Oslo ci privarono della nostra causa, la liberazione della Palestina
storica, provocando un collasso del movimento dei prigionieri
…
“Dall'inizio
dell'occupazione militare ad oggi si possono individuare una serie di fasi.
Dopo il 1967 è stato necessario del tempo prima che i prigionieri si
organizzassero dentro le carceri israeliane - spiega Jadallah - All'inizio
l'obiettivo immediato fu quello di combattere le condizioni di semi-schiavitù,
il lavoro nelle prigioni per comprarsi beni di prima necessità.
…
“Dentro
le prigioni ci si inizia a organizzare sulla base dell'appartenenza politica e
partitica. E arrivano i primi scioperi della fame, all'inizio degli anni
Settanta: è la prima fase del movimento, caratterizzata da decessi dovuti
all'alimentazione forzata” imposta dai carcerieri”. Il primo prigioniero a
morire dopo essere stato nutrito con la forza è Abdul-Qader Abu al-Fahem, nel
1970 nel carcere di Ashkelon.
…
“Martirio
o libertà”, è lo slogan che accompagna - silenzioso o gridato - le battaglie
nelle carceri. In
altre parole, gli scioperi della fame sono uno spazio fuori dal raggio di
potere dello Stato di Israele.
…
I
prigionieri ribaltano la relazione oggettiva e soggettiva con la violenza
fondendoli in un unico corpo, il corpo del detenuto in sciopero. Riaffermano il
loro status di prigionieri politici, rifiutano la riduzione a “ prigioniero per
motivi di sicurezza” e reclamano i loro diritti e la loro esistenza”.
…
La
seconda fase - continua Jadallah - e quella che va dal 1972 ai primi anni
Ottanta. Aumentano ancora i prigionieri provenienti dai territori occupati e il
movimento diventa sempre più efficace, sia dentro che fuori.
…
E
poi c'è la terza fase, quella corrispondente alla prima Intifada: le carceri
israeliane “ospitavano” dieci-quindicimila prigionieri in detenzione
amministrativa” e compaiono i primi detenuti di Hamas
…
La
quarta fase coincide con la firma degli accordi di Oslo, agli occhi dei
prigionieri l'istituzionalizzazione del tradimento 'da parte della leadership
in esilio all'estero.
…
E
con l'apparizione dell'Anp i rapporti tra A detenuti politici e società
cambiano: il governo di Ramallah crea un nuovo meccanismo attraverso la nascita
del Ministero dei prigionieri. Che invece di lottare per il rilascio, si limita
a mantenere i detenuti e le loro famiglie con una sorta di stipendio.
Comprarono il silenzio, sostituirono la lotta con il welfare”. Passano diversi
anni prima di raggiungere la quinta fase, quella della seconda Intifada
…
Nel
2004 Israele reagisce a un nuovo sciopero della fame modificando il meccanismo
di detenzione: i prigionieri vengono portati esclusivamente nelle carceri
dentro lo Stato di Israele, rendendo nella pratica quasi impossibile ricevere
visite dei familiari,16 e si intensifica la pratica delle punizioni collettive.
Un sistema identico a quello dei checkpoint: qualsiasi atto individuale viene
fatto ricadere sulla massa, sui compagni di cella o le persone in fila allo
stesso confine.
…
Passo
verso le proteste individuali è breve: spuntano i primi scioperi della fame in
solitaria.
…
Nell'ultimo
anno la sollevazione dei giovani palestinesi ha riaperto alla possibilità di un
collegamento strutturale tra le carceri e la società: agli occhi delle nuove
generazioni i veri leader della lotta di liberazione sono dietro le sbarre e
non dentro gli uffici governativi di Ramallah.
…
Mentre
Khaled segnava il suo diciottesimo anno di prigionia, Habed ci entrava. Gli
mancavano due anni per tagliare il traguardo della maggiore età.
...
Hanno
buttato giù la porta di casa all'1:30 di notte. Mi hanno bendato e ammanettato
… Durante il tragitto, è iniziato il pestaggio”. Lì parte il balletto dei
trasferimenti, prima alla base militare nella colonia di Gush Etzion, poi nel
carcere di Moscobiyya, … a Ofer, poi Hasharon, Nafah, Ashkelon, infine Negev e
Deman.
...
“Ad
Hasharon ho vissuto l'esperienza peggiore: ero lì da due settimane quando i
soldati hanno lanciato dentro le celle gas lacrimogeni e ci hanno chiuso
dentro. Non riuscivamo a respirare e allora hanno aperto le celle. Ma ci
aspettavano fuori. Erano più di cento soldati, disposti in due colonne nello
stretto corridoio che conduceva allo spazio comune. Ognuno di noi è stato
costretto a passare in mezzo a loro e, mentre camminavamo, ci picchiavano sulla
testa e sulla schiena con i manganelli. A me hanno rotto una gamba. Sono caduto
a terra e si sono lanciati su di me: mi hanno colpito non so quante volte. Ho
perso conoscenza per circa sette ore per le botte alla testa. Mi sono
risvegliato all'ospedale militare di Ramle, dove il medico mi ha detto che la
mia gamba stava benissimo, avrei solo dovuto bere un po' d'acqua per sentirmi
meglio”.
…
“Ho
abbandonato la scuola, ormai avevo perso tre anni. Vorrei studiare una lingua,
magari andare all'estero per un periodo. Continuo a sentirmi un alieno. Vorrei
solo tornare alla vita di prima, ma non riesco a cancellare la prigione. Chiudo
gli occhi e sono di nuovo dietro le sbarre”.