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sabato 22 dicembre 2018

Volevo credere alle fiabe
Ilaria Guidantoni

Ilaria Guidantoni
(Foto: Rino Bianchi)

“Non leggevo mai scrittrici donne, poi un giorno sono stata ‘ingannata’… finché, ironia della sorte, non sono diventata io una scrittrice, donna che parla di donne… ma solo agli uomini. Mi è rimasto questo vezzo”. Così gli dissi mentre lasciai scendere il tè fumante nella tazza.
Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e facevo finta così di ostentare sicurezza, come una donna di mondo può fare, incurante del fascino maschile, troppo abituata ad essere corteggiata e desiderata. Speravo non si accorgesse della mia emozione.
“Chi può mai aver ingannato una donna come te?”
“Come sono… cos’è una donna come me?” Gli risposi infastidita. Lo ero davvero. Mi sembrava una domanda retorica ammiccante, un po’ scontata a dire il vero.
“L’autore che ho deciso di tradurre, Karim Majid era in realtà una donna che aveva deciso di pubblicare il suo libro sotto mentite spoglie perché nel suo paese non le sarebbe stato permesso altrimenti; tanto meno il soggetto che aveva scelto. Dopo una prima delusione, cocente, quello scrittore affascinante in realtà non era che il marito della vera autrice, nonché il suo editore che si era innamorato di lei leggendola - solo ora capisco perché - mi si è aperto un altro mondo. All’inizio c’è stata molta rabbia. Mi era sembrato avesse con me un’intesa particolare, una vera sintonia e ci siamo anche visti un paio di volte.”
“Ti ha ingannata o ti eri illusa disegnando una storia che era solo nella tua testa?”
 “Non posso dire che sia stato scorretto, forse era solo il suo modo per attirare l’attenzione della stampa estera sul libro della moglie. Io ero convinta di intervistare un nuovo talento.”
“Il talento in effetti c’era o no?”
“A maggior ragione quando ho conosciuto la storia di Nedjma… ma nella mia testa mi ero costruita un personaggio e ora Il sapore della terra straniera aveva tutto un altro gusto. Era quello di stare in un territorio sessualmente altro: la terra straniera dell’autrice era il proprio villaggio nei panni di un uomo. E anch’io stavo affrontando un nuovo viaggio, mio malgrado.”
“Magari più affascinante del previsto…”
“Ci ho messo un po’ per digerire il cambio d’itinerario. Davvero è stato come dover cambiare sesso in qualche modo.”



Ride. “Tu hai dovuto cambiare sesso?”
“No. È che sono stata spinta a guardare il mondo attraverso i pantaloni indossati da una donna ed è successo qualcosa che non immaginavo.”
“Così sconcertante? Non capisco che cosa ti turbi tanto? La storia della protagonista o la tua reazione, il fatto che sei stata affascinata da una sensibilità pensando che fosse un uomo e invece…?”
“Un po’ tutte e due le cose…”, risposi mentendo.
“Ma certamente più la prima cosa” continuai come per correggermi e sentii quanto ero goffa nel pronunciare quella parola, così banale, inappropriata, “cosa”.
“Non ne vuoi parlare?”
“La forza e la capacità al femminile sono state per me una rivelazione inaspettata. Scoprivo che le donne sono concrete, pratiche, dotate di coraggio, incuranti quando credono in qualcosa dell’opinione degli altri e pronte a rischiare sapendo di poter perdere tutto per non rinunciare all’emozione. Tutte qualità che pensavo fossero maschili. Forse di uomini inesistenti e idealizzati. Stai pensando che sono idiota…”
“No, sto pensando che devi essere una persona capace di innamorarti profondamente, che credi ancora alle fiabe.”
“Purtroppo non più. Peccato. Per certi versi non avrei mai voluto scoprire la verità. Avrei preferito continuare a credere che quelle pagine uscissero dalla penna di Karim, una persona in carne ossa, non un personaggio, un uomo del quale innamorarsi per davvero…”
“E invece ti sei accorta di essere stata affascinata da una donna.”
“Ed è davvero in gamba Nejma, visto che è riuscita a far innamorare Karim, che si è dimostrato coraggioso, che ha sfidato le convenzioni trattando un argomento scabroso e scomodo in quel momento, in quel contesto. Karim si è messo in disparte poi lasciando all’autrice il successo… comunque non so perché ma ormai riesco a leggere solo voci femminili.”
“E fai bene visto che il tuo Karim non era che un coureur des jupes, troppo narcisista per amare e, al di là della sua cultura impegnata sbandierata, meno in gamba di quanto tu possa credere. Certo acuto…ha fiutato il successo e ha suggerito l’idea del camouflage. Sposarla è stato un affare ma ha continuato a tradirla con donne che potevano offrirgli opportunità tutt’altro che impegnate. Così ha tentato con te… Certo tu non eri il genere avventura ma riservavi per lui altre sorprese, anche quella inaspettata dell’onestà. Così è stato costretto a mettersi a nudo, pensando di far colpo ma non è bastato.”
“Questo è il tuo nuovo romanzo.”
“No è la realtà. Lo conosco molto bene.”
Ho improvvisamente freddo e non riesco a dissimulare il mio imbarazzo e la mia nuova sconfitta. Verso ancora del tè questa volta per me.
Jean-Philippe mi sfiora i capelli, quasi distrattamente, con un misto di tenerezza e di complicità: “Karim comunque mi ha fatto un regalo. C’è nel fondo di ognuno qualcosa di buono, in questo caso suo malgrado. Sono qui per i tuoi occhi e sarà la prima volta che leggerò una donna.”
Guardo fuori le luci del Natale, sommersa dalla nostalgia dell’infanzia: vorrei credere ancora a Babbo Natale.

[Racconto riscritto per i lettori di “Odissea”, dall’originale pubblicato nella raccolta Come i miei occhi da un incipit di Gabriella Genisi, ed. L’Erudita]