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domenica 13 gennaio 2019

MAFIOSI DI STATO
di Stefano Mormile

La copertina del libro
sulla cui materia si è discusso venerdì a Milano
alla Sala Pirelli del Grattacielo omonimo.

La repubblica delle stragi” non è solo un libro, è il racconto di ciò che è accaduto nel nostro paese tra il 1978 e il 1994, un periodo che ha segnato profondamente la storia d’Italia e condizionato gli assetti e gli equilibri politici, sociali ed economici, i cui effetti sono ben visibili anche e soprattutto adesso, a distanza di un quarto di secolo.
Ciò che è accaduto in quei 16 terribili anni, è stato già raccontato, separatamente, da tanti altri: scrittori, giornalisti, politici. E tuttavia, nessuno aveva mai individuato la consequenzialità di quei fatti, il denominatore comune che li ha annodati.  
È quello che hanno fatto gli autori: un’analisi profonda dei fatti che aiuta a comprendere davvero quello che è successo e quello che sta ancora accadendo. L’intuizione degli autori ha permesso di svelare e, se permettete, di provare atti alla mano, la commistione ignobile tra poteri criminali, poteri economici e lo stato, in diverse protuberanze (politici, giudiziari, apparati di sicurezza).
Non è solo un libro, non è solo un racconto, non è solo un’analisi, è soprattutto una testimonianza, una testimonianza qualificata perché quei fatti, quelle storie, quelle elaborazioni, gli autori li hanno vissuti sulla propria pelle, per ragioni diverse:
- ragioni professionali per alcuni (un giudice, un avvocato, due giornalisti e autori di libri, sul pezzo da sempre, come si usa dire);
- ragioni culturali, perché ci sono quelli che non si girano dall’altra parte, preferiscono impegnarsi in prima persona, lottare per affermare verità e giustizia.
- Infine ci sono i familiari delle vittime come Salvatore Borsellino, come me e mia sorella Nunzia, che la storia l’hanno subita, che hanno toccato con mano la forza orribile di quella commistione di poteri concepita per spazzare via qualunque ostacolo si frapponesse tra loro e l’obiettivo. 

Umberto Mormile

Ecco, la storia di Umberto Mormile, mio fratello, ed anche quella della sua compagna, Armida Miserere, fanno parte di quella consequenzialità.
Umberto era colui che, per il suo lavoro di educatore carcerario a Opera, in provincia di Milano, e per la sua capacità professionale, aveva scoperto che alcuni boss della ‘drangheta, al carcere duro, facevano colloqui riservati e assolutamente illegali con apparati dello stato, i servizi di sicurezza. Non solo, ricevevano per queste confidenze, chiamiamole così, benefici carcerari assolutamente non dovuti. Parlo di trattamenti privilegiati durante la detenzione, ed anche di permessi premio durante i quali avrebbero potuto commettere reati e crimini, come peraltro accaduto certamente in alcuni casi scoperti alcuni anni dopo. Insomma, Umberto ha toccato la ‘commistione, ha cioè visto in azione almeno una piccola parte di quella, rappresentata da stato e poteri criminali. Umberto è un testimone scomodo, ed ha anche la sventura di essere onesto. Non lo possono comprare, solo eliminare. Ed è ciò che accade, l’11 aprile del 1990.
Non è tutto, Umberto fa parte di questo libro perché rappresenta un caso di scuola per spiegare e capire la capacità di intervento di quello che sarà conosciuto poi come ‘consorzio’ od anche ‘anello’, ossia, i poteri collusi. Dunque, scoperto il potenziale pericolo, viene collegialmente decisa, organizzata ed eseguita l’uccisione di Umberto Mormile. Non solo, l’organizzazione è assai efficiente e si preoccupa anche di tenere ben occultata la verità, e quindi parte subito un primo depistaggio: la rivendicazione di una fantomatica sigla terroristica, la falange armata carceraria, per sviare le indagini verso una pista terroristica.
La Falange funziona talmente bene che il consorzio decide di adottarla come organo di informazione utile a sostenere le proprie strategie. Di fatto, quella sigla, depurata dell’attributo carceraria, accompagnerà tutte le ignobili e terribili azioni criminali che accadranno da lì in poi, fino appunto al 94, a volte rivendicando le azioni criminali, a volte anticipandole.
Ma non è l’unica azione di disturbo, il consorzio ha la capacità di rallentare e inquinare le indagini, non solo attraverso le rivendicazioni pseudo terroristiche, ma attraverso la calunnia, i falsi pentiti, l’alterazione di testimonianze, il mascheramento di prove, tutto quanto il repertorio tipico degli apparati di sicurezza, che, per esempio, cominciamo a conoscere attraverso le sentenze Borsellino quater che ben dimostrano, per il caso Scarantino, come si costruisce un colpevole.
Insomma Umberto Mormile deve essere trasformato da vittima a colpevole, deve apparire come un corrotto, che ha pagato con la vita la sua eccessiva avidità.
Ma ancora non basta. Siccome c’è qualcuno che tenacemente non vuole piegarsi, la sua compagna, Armida Miserere, che continua a esibire le prove di incorruttibilità del suo Umberto ed anche a fastidiosamente cercare la verità sull’omicidio, allora è pronto il campionario di azioni dissuasive: offese, delegittimazione, minacce, violenze. Fino a quando Armida si arrende, o forse è aiutata ad arrendersi, e si uccide nell’aprile del 2003.
Questa è la loro storia, che è la storia di tanti, troppi servitori dello stato, come Antonino Agostino e sua moglie Ida Castelluccio, come Attilio Manca, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tutti, quelli conosciuti e quelli sconosciuti, hanno pagato con la vita la loro onestà e hanno dovuto subire la micidiale morsa del consorzio. 
Questo libro è dedicato a tutti loro, ma è rivolto a voi, ai vostri figli, per tirare un sasso non nello stagno, ma nella palude, perché la nostra storia è stata ovattata e, poi, sepolta nel fango. Se vogliamo recuperarla, servono le torce per fare luce e, soprattutto, le mani, tante mani per fare il lavoro sporco di recupero. Bene, una torcia potrà essere questo libro, ed anche le sentenze sulla trattativa e sul Borsellino IV, ma le mani, devono essere di tutti noi, tante, tantissime.