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sabato 26 gennaio 2019

NON HO UN BLOG PERSONALE
di Angelo Gaccione

Max Hamlet Sauvage
"Il pensatore errante" 2018

Pare che non vi sia nessuno in giro per il globo, dove la rete Internet sia arrivata, che non abbia un “Sito web” o un “blog” personale. Mi è stato chiesto perché non ne abbia uno personale anch’io. È presto detto: mi piacciono le imprese collettive in cui le intelligenze di uomini e donne cooperano, si fondono, si confrontano, stimolano altre idee, altre soluzioni, altre possibilità. Se ci pensate, tutto il sapere e le conoscenze umane sono nati dai continui apporti che nel corso della storia, quelli che sono venuti dopo, hanno saputo aggiungere, e così avverrà sempre. Lo spunto di una frase ne fa germinare altre cento; un pensiero ne genera altri, un grappolo di note musicali può a sua volta produrre infinite varianze, e così via. Noi ci nutriamo di intelligenze, più ce ne sono intorno a noi, più la nostra si accende, più contribuisce a dilatarla. Il pensatore anarchico russo Michail Bakunin, amava le cattedrali medievali perché in esse e nella loro realizzazione, ritrovava l’incarnazione dello spirito comunitario degli uomini. Il lavoro di migliaia di individui, solidale, corale, collettivo, per innalzare un’opera perfetta, solida, duratura, in cui si fondevano sapienza tecnica, armonia, visione, scienza, arte, ecc. Non c’è nulla di più entusiasmante della creazione di un’opera musicale, di una messa in scena teatrale, della costruzione di un palazzo (tutte attività collettive), della realizzazione di un giornale o di una rivista in cui il lavoro collegiale traccia le linee e definisce i contorni di ciò che il prodotto finito diventerà. Una fabbrica contemporanea non potrà mai eguagliare il fascino di una bottega artigiana medievale o quella di un maestro di pittura rinascimentale. L’individualismo del lavoro ha prodotto l’individualismo sociale: un vero e proprio tumore. Poter realizzare un libro assieme, controllandolo lungo tutte le sue varie fasi, è ciò che mi fa ancora preferire i piccoli editori, ai grandi mostruosi apparati dell’industria libraria dei nostri giorni. Non ho dunque voluto un sito o un blog personale, ma ho aperto un giornale in Rete, perché migliaia di riflessioni trovassero un luogo collettivo e pubblico per mettersi a confronto; perché il dibattito fosse a più voci, corale, stimolante, acceso; perché la critica a ciò che ci disumanizza potesse essere quanto più ampia possibile; perché le ragioni collettive prevalessero sul mero narcisismo individuale. Sono stato sempre convinto che gli uomini si salvano insieme o insieme periscono; come le società. Ritrovare questa dimensione collettiva è per noi oggi fondamentale: per definire l’ossatura di una civiltà solidale e non competitiva, e per indicare la sostanza concreta di una diversa moralità. Ovviamente non dimentico di essere anche un creatore di storie e, a mio modo, un elaboratore di concetti: facoltà che implicano un lavoro personale fatto di studio, concentrazione, silenzio, solitudine. Tutto vero. Ma non dimentico neppure che immaginazione e pensiero non esisterebbero fuori da una dimensione comune, collettiva, sociale; che senza questa dimensione, quelle facoltà non ne sarebbero stimolate.
[Milano, 5 luglio 2015]