PER UNO SGUARDO SINOTTICO
di
Franco Toscani
Per
comprendere pienamente il mondo problematico e travagliato in cui
viviamo, bisognerebbe mettere insieme le conoscenze e le competenze
di economisti, sociologi, psicologi, politologi, antropologi,
ambientalisti, filosofi, teologi, scienziati ed esperti vari. Come
osservava giustamente Tito Perlini (1931-2013) - un grande filosofo
italiano rimasto sempre assai lontano dai riflettori della società
sirenico-spettacolare e oggi ampiamente sottovalutato -, nessuna
persona, da sola, può possedere tali conoscenze e competenze. Enorme
è dunque per chiunque - anche per i più acuti intellettuali - la
difficoltà nel cercare di comprendere e di penetrare a fondo i
lineamenti fondamentali del mondo odierno e le sue tendenze.
Fatta
questo doverosa premessa per cercare di evitare ogni tentazione di
arroganza e di supponenza, per invitare chiunque (a cominciare da me
stesso) alla vigilanza critica, ad un sano senso del dubbio e a
soppesare con la dovuta cautela la portata delle proprie affermazioni
e convinzioni, credo che sia non solo possibile, ma anche pure
urgente cercare di giungere in qualche modo ad una visione sinottica
della realtà contemporanea, ossia ad una visione d'insieme,
unitaria e globale, del mondo in cui viviamo. È quanto auspicava
Platone quando, nella Repubblica
(VII, 537 c), affermava che solo le nature dialettiche sono capaci di
una "visione d'insieme" (σύνοψις).
Per quanto sia difficile, occorre tentare di abbracciare con lo
sguardo, filosoficamente (vale a dire, con l'amore per la sapienza),
il mondo. Una visione parziale, settoriale, frammentaria risulta
infatti certamente infruttuosa, sterile, superficiale.
A
noi sembra così di scorgere un mondo grande, meraviglioso e
terribile, un'epoca caratterizzata da una profonda
duplicità:
grandi opportunità, speranze, conquiste in ogni campo (soprattutto
in quello scientifico-tecnologico), comodità, innovazioni e scoperte
incessanti, veri e propri prodigi s'intrecciano inestricabilmente con
enormi rischi, paure, pericoli, inquietudini, disagio e declino.
L'intelligenza
artificiale, le "macchine intelligenti" e il mondo dei
robot ci dischiudono nuove possibilità di vita e nuovi scenari
affascinanti, che nel contempo ci appaiono pure estremamente
inquietanti. Si pensi soltanto alla questione del cosiddetto
"post-human",
rispetto a cui si pongono numerose domande, come le seguenti:
l'umanità sopravviverà, perlomeno con le caratteristiche che finora
ha mantenuto? Sono all'orizzonte nuovi esseri e con quali
caratteristiche? Le "macchine intelligenti" ci saranno
d'aiuto o prenderanno il sopravvento sugli uomini, fino a dominarci
ed eventualmente a distruggerci?
Ha
un fondamento la promessa di una vita eterna "digitale"?
In
queste e in tante altre possibili domande è sempre in gioco la
straordinaria accelerazione della potenza
tecnologica
accumulata dalla nostra civiltà, che da un lato ci consente cose
meravigliose e strabilianti, dall'altro ci espone a rischi micidiali,
del tutto impensabili e inediti sino a qualche decennio fa. Come
all'apprendista stregone di Goethe, rischia di sfuggirci di mano ciò
che noi stessi abbiamo creato, basti pensare alle manipolazioni
genetiche.
Tutto
ciò avviene in un mondo sempre più caratterizzato
dall'interrelazione e dall'interdipendenza di ogni aspetto della
nostra esistenza: economico, politico, sociale, ecologico, culturale,
scientifico-tecnologico, militare.
Non
vi è alcun dubbio sulla persistenza di tanti mali del presente e
sugli enormi rischi del futuro. Indubbi sono, ad esempio, secondo un
elenco parziale: i livelli spaventosi di inquinamento ambientale e
devastazione della terra; come si sa, le risorse del pianeta non sono
infinite e a partire da ciò è cresciuta la competizione
internazionale per il loro possesso, siamo ancora lontani (come ha
osservato l'antropologo Jared Diamond) da una gestione sostenibile
delle risorse planetarie; il surriscaldamento globale del pianeta e
il cambiamento climatico, che mettono a serio rischio la stessa
possibilità di sopravvivenza della vita umana e di tutti gli esseri
viventi; la proliferazione nucleare, il rischio nucleare persistente
in forme molto diverse, i pericoli del terrorismo e di nuove guerre,
il riemergere della "cultura della guerra"; il dominio
delle oligarchie economico-finanziarie sulla politica nella forma
oggi prevalente della "globalizzazione" (che papa Francesco
ha chiamato "globalizzazione dell'indifferenza"); le
diseguaglianze economico-sociali, la fame e la povertà, gli enormi
squilibri di ricchezza e di potere tra Nord e Sud del pianeta; il
problema drammatico delle migrazioni, il cui flusso sembra
inarrestabile e la mancanza
di
una politica europea dell'immigrazione; la recrudescenza dei
populismi,
dei
nazionalismi/sovranismi e lo sfibramento o la crisi del progetto di
unità europea in una situazione mondiale che richiederebbe invece
più che mai il rafforzamento di tale unità; l'indebolimento
dell'idea stessa di democrazia e delle sue forme attuali.
Se
avessimo più spazio a disposizione, non sarebbe difficile mostrare
come tutti questi aspetti e problemi siano tra loro profondamente
connessi. In un mondo globale così problematico, arduo e complesso
nessuno possiede né può proporre ricette miracolistiche o
salvifiche.
È
però
importante cercare di mantenere una bussola e promuovere un certo
senso di orientamento nella direzione di una nuova
possibile civiltà planetaria
(o civiltà
dell'uomo planetario,
come la chiamava Ernesto Balducci), che oggi sembra, purtroppo,
ancora ben lontana dal nostro orizzonte.
Elementi
di questa bussola imprescindibile mi sembrano soprattutto: un'etica
mondiale della responsabilità e della centralità della dignità
umana universale (penso qui, ad esempio, ad alcune importanti
indicazioni in merito del filosofo Hans Jonas e del teologo Hans
Küng); la lotta contro le diseguaglianze economico-sociali, per la
giustizia e per la democrazia radicale, per ciò che Aldo Capitini
chiamò l'omnicrazia
(il
potere di tutti);
la coscienza ecologica e nonviolenta; il dialogo interculturale e
interreligioso, da promuovere concretamente, al di là di ogni
retorica; il progetto di una forma alternativa di "globalizzazione"
e di nuove forme politiche istituzionali internazionali.
Siamo
e saremo sempre di più a un bivio: o avviamo la strada della
cooperazione, della solidarietà, della reciprocità, della
collaborazione, del dialogo tra i popoli e le culture del pianeta
oppure prevarrà - con conseguenze disastrose - la logica della
competizione, dei muri, dei particolarismi, della prevaricazione,
della difesa dei privilegi, delle ricchezze e dei poteri esistenti.
È
tutt'altro
che semplice, ma spendere la propria vita nella direzione della
risoluzione positiva di questo aut-aut
mi sembra affascinante.