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sabato 9 febbraio 2019

AMERICA
di Ilaria, Vito, Adamo

AMICI, ESAMI E...


È venerdí, esco da scuola e tiro un sospiro di sollievo. Mi fa male la testa e le stampelle mi battono sul livido appena sopra le costole. Mi sento senza forze ma l'idea di aver finito gli esami per questa prima sessione mi fa stare meglio. Settimana prossima avrò i risultati. Sono abbastanza convinta delle mie performance, anche la tesi è andata incredibilmente bene e la commissione mi ha fatto i complimenti: "Disinvolta nella lingua, dettagliata e piena di entusiasmo! Complimenti e auguri per il suo ginocchio". Sono le ultime parole che sento prima di uscire da quella stanza troppo chiusa.
Matt mi apre la porta, mi solleva facendomi girare e dicendomi che sono stata una bomba. Soddisfatta, gli batto il cinque e ci avviamo, con il mio passo da stampellata, verso la macchina. Il ginocchio dislocato non mi permette ancora di camminare, nonostante ogni giorno vada un filo sempre meglio. I miei amici non fanno altro che supportarmi e stare con me il più possibile; sono fantastici e non mi lasciano mai sola. 
Arriviamo finalmente al parcheggio e dopo aver lanciato la cartella sui sedili posteriori sento una voce familiare urlare il mio nome. "Ila Piccoloooo". Scoppio a ridere e lentamente mi giro, guardandolo male. “Te l’ho già detto! il mio dannato cognome è Picco, non Piccolo”. Kolton, facendomi l'occhiolino, mi chiede: ”Nessun piano per stasera? - Sciocco! non penso… ma devo chiedere a mom.  Va bene, fammi sapere se sei libera … ti voglio portare alla partita, non dire grazie … è un piacere”. 
Salgo in macchina con Matt e ci avviamo verso casa mia. Corriamo a tutta velocità sulle strade ripide dell'Oregon. “Quindi… andrai alla partita stasera?” mi chiede con un filo di curiosità. “Matt, per favore, mi conosci meglio di qualsiasi altro ragazzo qui”. Sorride e fa la faccia come per complimentarsi. “Sì, e lo stesso vale per me. Mi mancherai l’anno prossimo… ma, dobbiamo scegliere il vestito adatto per stasera”.
Parcheggia davanti a casa mia, mom esce dalla porta e lo saluta da lontano. Lui ricambia e mi aiuta a uscire dalla macchina. Mom mi ha detto di sì. Chiamo Kolton e gli dico che per me è okay. Ci vediamo per le 4.30 a casa mia. 
Mi preparo e Matt sceglie i vestiti per me. Suona il telefono, Matt apre la chiamata e mette in vivavoce: “Hei, Iben come stai? - Sto bene… super stanca, odio questi esami. - Lo so, è lo stesso per me!” Parliamo delle nostre giornate, nelle nostre voci si può sentire l'orgoglio, la felicità, la stanchezza e una grande voglia di spaccare il mondo con i nostri 17/18 anni. Le spiego il piano della serata. Aspettiamo Jake e Kolton.
Musica a tutto volume, due beep di clacson e ci scaraventiamo fuori dalla porta. I ragazzi mi salutano e mi aiutano a entrare in macchina. Mi dicono di cercare un colorificio lungo la strada. Non faccio domande e lo trovo a circa dieci minuti da casa. Poco dopo abbiamo due barattoli di tempera blu. Scendo dalla macchina e i ragazzi si tolgono la maglietta. Perplessa, li guardo e chiedo che cosa stessero facendo: “Ci devi pitturare”. Rido, prendo il pennello e scrivo SHS! (Stayton High School!) sulle loro pance. 
Soddisfatti, torniamo in macchina e andiamo al game di questa sera contro i nostri peggiori rivali. La partita è appena inizata. Ry segna subito e urliamo con tutta la voce che abbiamo in corpo. Ci sediamo sugli spalti e poco dopo Ry segna ancora, schiacciando. I ragazzi mi guardano e ridendo si tolgono la maglietta e la fanno roteare in aria. Tutti i genitori ridono e il preside della scuola si avvicina a complimentarsi per la nostra tifoseria sfegatata.
La partita finisce, li abbiamo staccati di 42 punti. Aspetto Ry fuori dallo spogliatoio, seduta sulla sedia, guardando il telefono. Mi arrivano due gocce d'acqua negli occhi: "merd…" mi trattengo. Alzo lo sguardo e lo vedo davanti a me. Lo abbraccio. “Hei, sei stato magnifico stasera, ottima partita! Grazie, sei molto carina stasera”. Come non detto, per una volta che avevo il mio colore naturale. Sorrido in modo imbarazzato e rientriamo nella palestra per incontrare gli altri. I ragazzi gli saltano addosso e gli cantano il nostro inno. Io e Iben li guardiamo sorridendo e pensando a quanto siano matti e strani gli americani, ma forse è proprio per questo che li adoro! Arriva la mamma di Ry. Lui si gira e guardandomi chiede se può farci una foto. Sbarro gli occhi, guardo Iben e Kolton, colgo la palla al balzo e annuisco velocemente. Ci mettiamo in posa e poi scatta. 
Stanno per chiudere la palestra, è ora di andare.
[Ilaria]
                                                 ***

Gamba Infortunata

"Appuntamento"
Disegno di Adamo Calabrese


Cara Ilaria,
mi dispiace molto per la tua gamba infortunata. Che cosa posso fare per te? Posso calzare i miei vecchi scarponi da montagna, infilarmi una tela cerata, incappellarmi con un basco di pelle di volpe e mettermi in cammino su e giù per i boschi del Resegone in cerca di un ramo di albero che ti faccia da bastone. Quale legno più adatto? Faccio una ricerca nella mia biblioteca: Il bastone usato dal Padre Eterno per scacciare dal Paradiso gli angeli ribelli. E’ di sambuco. Troppo canna al vento. La scodella usata da Noè per la sua primordiale ciucca di “Prosecco”. E’ di legno di ulivo. Troppo duro. La lancia di Don Chisciotte nella battaglia contro i mulini a vento. E’ di noce. Troppo bitorzoluto. La finta gamba del capitano Achab. E’ di avorio di Moby Dick. Troppo lusso. Che fare? Sceso dal Resegone, gelato come un merluzzo, mi sono infilato in una bettola sulla riva dell’Adda per un punch al tamarindo. Nell’attesa mi è caduto l’occhio sulla polenta che cuoceva nel camino e che una brava fante menava con un liscissimo bastone. E menando cantava. Avevo trovato il rimedio per la tua gamba. Dodici Kopechi e l’ho portato via! Te lo spedirò appena possibile: air mail.
Poesia sul legno: Dante, Inferno, canto XIII, Pier della Vigna:
Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e ‘nvolti;
non pomi veran, ma stecchi con tosco.
[Adamo]