di Ilaria, Vito, Adamo
AMICI,
ESAMI E...
È
venerdí,
esco da scuola e tiro un sospiro di sollievo. Mi fa male la testa e
le stampelle mi battono sul livido appena sopra le costole. Mi sento
senza forze ma l'idea di aver finito gli esami per questa prima
sessione mi fa stare meglio. Settimana prossima avrò i risultati.
Sono abbastanza convinta delle mie performance, anche la tesi è
andata incredibilmente bene e la commissione mi ha fatto i
complimenti: "Disinvolta nella lingua, dettagliata e piena di
entusiasmo! Complimenti e auguri per il suo ginocchio". Sono le
ultime parole che sento prima di uscire da quella stanza troppo
chiusa.
Matt
mi apre la porta, mi solleva facendomi girare e dicendomi che sono
stata una bomba. Soddisfatta, gli batto il cinque e ci avviamo, con
il mio passo da stampellata, verso la macchina. Il ginocchio
dislocato non mi permette ancora di camminare, nonostante ogni giorno
vada un filo sempre meglio. I miei amici non fanno altro che
supportarmi e stare con me il più possibile; sono fantastici e non
mi lasciano mai sola.
Arriviamo
finalmente al parcheggio e dopo aver lanciato la cartella sui sedili
posteriori sento una voce familiare urlare il mio nome. "Ila
Piccoloooo".
Scoppio a ridere e lentamente mi giro, guardandolo male. “Te
l’ho già detto! il mio dannato cognome è Picco, non Piccolo”.
Kolton, facendomi l'occhiolino, mi chiede: ”Nessun
piano per stasera?
- Sciocco!
non penso… ma devo chiedere a mom.
Va bene, fammi sapere se sei libera … ti voglio portare
alla partita, non dire grazie … è un piacere”.
Salgo
in macchina con Matt e ci avviamo verso casa mia. Corriamo a tutta
velocità sulle strade ripide dell'Oregon. “Quindi… andrai
alla partita stasera?” mi
chiede con un filo di curiosità. “Matt,
per favore, mi conosci meglio di qualsiasi altro ragazzo
qui”. Sorride
e fa la faccia come per complimentarsi. “Sì,
e lo stesso vale per me. Mi mancherai l’anno prossimo… ma,
dobbiamo scegliere il vestito adatto per stasera”.
Parcheggia
davanti a casa mia, mom esce dalla porta e lo saluta da lontano. Lui
ricambia e mi aiuta a uscire dalla macchina. Mom mi ha detto di sì.
Chiamo Kolton e gli dico che per me è okay. Ci vediamo per le 4.30 a
casa mia.
Mi
preparo e Matt sceglie i vestiti per me. Suona il telefono, Matt apre
la chiamata e mette in vivavoce: “Hei,
Iben come stai? - Sto bene… super stanca, odio questi esami. -
Lo so, è lo stesso per me!” Parliamo
delle nostre giornate, nelle nostre voci si può sentire l'orgoglio,
la felicità, la stanchezza e una grande voglia di spaccare il mondo
con i nostri 17/18 anni. Le spiego il piano della serata. Aspettiamo
Jake e Kolton.
Musica
a tutto volume, due beep di clacson e ci scaraventiamo fuori dalla
porta. I ragazzi mi salutano e mi aiutano a entrare in macchina. Mi
dicono di cercare un colorificio lungo la strada. Non faccio domande
e lo trovo a circa dieci minuti da casa. Poco dopo abbiamo due
barattoli di tempera blu. Scendo dalla macchina e i ragazzi si
tolgono la maglietta. Perplessa, li guardo e chiedo che cosa stessero
facendo: “Ci devi
pitturare”.
Rido, prendo il pennello e scrivo SHS! (Stayton High School!) sulle
loro pance.
Soddisfatti,
torniamo in macchina e andiamo al game di questa sera contro i nostri
peggiori rivali. La partita è appena inizata. Ry segna subito e
urliamo con tutta la voce che abbiamo in corpo. Ci sediamo sugli
spalti e poco dopo Ry segna ancora, schiacciando. I ragazzi mi
guardano e ridendo si tolgono la maglietta e la fanno roteare in
aria. Tutti i genitori ridono e il preside della scuola si avvicina a
complimentarsi per la nostra tifoseria sfegatata.
La
partita finisce, li abbiamo staccati di 42 punti. Aspetto Ry fuori
dallo spogliatoio, seduta sulla sedia, guardando il telefono. Mi
arrivano due gocce d'acqua negli occhi: "merd…" mi
trattengo. Alzo lo sguardo e lo vedo davanti a me. Lo abbraccio.
“Hei,
sei stato magnifico stasera, ottima partita!
Grazie,
sei molto carina stasera”.
Come non detto, per una volta che avevo il mio colore naturale.
Sorrido in modo imbarazzato e rientriamo nella palestra per
incontrare gli altri. I ragazzi gli saltano addosso e gli cantano il
nostro inno. Io e Iben li guardiamo sorridendo e pensando a quanto
siano matti e strani gli americani, ma forse è proprio per questo
che li adoro! Arriva la mamma di Ry. Lui si gira e guardandomi chiede
se può farci una foto. Sbarro gli occhi, guardo Iben e Kolton, colgo
la palla al balzo e annuisco velocemente. Ci mettiamo in posa e poi
scatta.
Stanno
per chiudere la palestra, è ora di andare.
[Ilaria]
***
Gamba
Infortunata
"Appuntamento" Disegno di Adamo Calabrese |
Cara
Ilaria,
mi
dispiace molto per la tua gamba infortunata. Che cosa posso fare per
te? Posso calzare i miei vecchi scarponi da montagna, infilarmi una
tela cerata, incappellarmi con un basco di pelle di volpe e mettermi
in cammino su e giù per i boschi del Resegone in cerca di un ramo di
albero che ti faccia da bastone. Quale legno più adatto? Faccio una
ricerca nella mia biblioteca: Il bastone usato dal Padre Eterno per
scacciare dal Paradiso gli angeli ribelli. E’ di sambuco. Troppo
canna al vento. La scodella usata da Noè per la sua primordiale
ciucca di “Prosecco”. E’ di legno di ulivo. Troppo duro. La
lancia di Don Chisciotte nella battaglia contro i mulini a vento. E’
di noce. Troppo bitorzoluto. La finta gamba del capitano Achab. E’
di avorio di Moby Dick. Troppo lusso. Che fare? Sceso dal Resegone,
gelato come un merluzzo, mi sono infilato in una bettola sulla riva
dell’Adda per un punch al tamarindo. Nell’attesa mi è caduto
l’occhio sulla polenta che cuoceva nel camino e che una brava fante
menava con un liscissimo bastone. E menando cantava. Avevo trovato
il rimedio per la tua gamba. Dodici Kopechi e l’ho portato via!
Te lo spedirò appena possibile: air mail.
Poesia
sul legno: Dante, Inferno, canto XIII, Pier della Vigna:
Non
fronda verde, ma di color fosco;
non
rami schietti, ma nodosi e ‘nvolti;
non
pomi veran, ma stecchi con tosco.
[Adamo]