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lunedì 11 febbraio 2019

GRAMSCI, IL CONCORDATO,
LA STAMPELLA DEL POTERE
di Franco Astengo


L'11 febbraio 1929, novant’anni or sono: Mussolini e il cardinal Gasparri firmano il Concordato.

Gramsci ha affrontato l’argomento “Concordato” nei “Quaderni del Carcere” (Quaderno XXII § 11), prendendo spunto da un articolo del Worwaerts nel merito del Concordato stipulato nello stesso anno tra lo stato libero della Prussia e il Vaticano e analizza questi punti, con riferimenti di carattere generale e più specifici rispetto al Concordato stipulato dallo Stato Italiano qualche mese antecedentemente a quello prussiano.
Gramsci nell’occasione affrontava questi argomenti:
1)L’innovazione avvenuta nel 1918 nel diritto italiano con la ripresa del finanziamento da parte dello Stato dell’insegnamento cattolico;
2)La capitolazione dello stato moderno che si verifica attraverso i concordati: I concordati intaccano in modo essenziale il carattere di autonomia della sovranità dello Stato moderno;
3)Il significato che il concordato assume di riconoscimento pubblico a una casta di cittadini dello stesso Stato di determinati privilegi politici;
4)La divisione del lavoro che si cerca di stabilire tra la casta creata dal Concordato e gli intellettuali laici: alla prima viene lasciata la formazione intellettuale e morale dei giovanissimi (scuole elementari e medie), agli altri lo sviluppo ulteriore dei giovani nell’Università;
5)Il profilarsi di un allargamento della base di scelta delle «vocazioni» attraverso la creazione di sedi “proprie”: l’Università del Sacro Cuore e il centro neoscolastico rappresentavano per Gramsci le prime cellule di questo lavoro. Gramsci valuta come sintomatico, sotto questo aspetto, il Congresso filosofico del 1929: vi si scontrarono idealisti attuali e neoscolastici e questi parteciparono al Congresso animati da spirito battagliero di conquista.
6)La valutazione circa le possibilità finanziarie del centro vaticano.
Quale può essere giudicata la valutazione fondamentale espressa da Gramsci in quel momento nel merito del Concordato e del suo significato profondo di chiusura della “questione romana” per opera del governo fascista?
Prima di tutto da richiamare il giudizio che viene espresso sul rapporto tra Stato e Chiesa rispetto al potere: “Lo Stato tiene (e in questo caso occorrerebbe dire meglio il governo) che la Chiesa non intralci l’esercizio del potere, ma anzi lo favorisca e lo sostenga, così come una stampella sostiene un invalido”.
In secondo luogo da porre in evidenza quello che può essere considerato come un passaggio-chiave: quello riguardante l’istruzione cattolica considerato come dell’assunzione del significato riguardante il riconoscimento pubblico a una casta di cittadini dello stesso Stato di determinati privilegi politici :al riguardo dei quali poi Gramsci si sofferma soprattutto sulla facoltà per questa casta di educare a proprio modo una parte di cittadini, in forma separata dalla normale educazione statale: ed è questo che può essere considerato il vero effetto “storico” del Concordato sulla società italiana che avrà un grande effetto nel futuro nella costruzione delle classi dirigenti.
Scrive Gramsci: Ma anche nel mondo moderno, cosa significa praticamente la situazione creata in uno Stato dalle stipulazioni concordatarie? Significa il riconoscimento pubblico a una casta di cittadini dello stesso Stato di determinati privilegi politici. La forma non è più quella medioevale, ma la sostanza è la stessa. Nello sviluppo della storia moderna, quella casta aveva visto attaccato e distrutto un monopolio di funzione sociale che spiegava e giustificava la sua esistenza, il monopolio della cultura e dell’educazione. Il concordato riconosce nuovamente questo monopolio, sia pure attenuato e controllato, poiché assicura alla casta posizioni e condizioni preliminari che, con le sole sue forze, con l’intrinseca adesione della sua concezione del mondo alla realtà effettuale, non potrebbe mantenere e avere.”
Il fascismo supera così l’elemento di uguaglianza nella laicità che pure aveva caratterizzato il liberalismo nel Risorgimento e nella fase successiva.
Gramsci affronta, infine, il tema finanziario e scrive: La quistione finanziaria rende molto interessante il problema della così detta indissolubilità tra Trattato e Concordato proclamata dal pontefice. Ammesso che il papa si trovasse nella necessità di ricorrere a questo mezzo politico di pressione sullo Stato, non si porrebbe subito il problema della restituzione delle somme riscosse (che sono legate appunto al Trattato e non al Concordato)? Ma esse sono così ingenti ed è pensabile che saranno state spese in gran parte nei primi anni, che la loro restituzione può ritenersi praticamente impossibile. Nessuno Stato potrebbe fare un così gran prestito al Pontefice per trarlo d’imbarazzo e tanto meno un privato o una banca. La denuncia del Trattato scatenerebbe una tale crisi nell’organizzazione pratica della Chiesa, che la solvibilità di questa, sia pure a grande scadenza, sarebbe annientata. La convenzione finanziaria annessa al Trattato deve essere pertanto considerata come la parte essenziale del Trattato stesso, come la garanzia di una quasi impossibilità di denuncia del Trattato, prospettata per ragioni polemiche e di pressione politica.
Fin qui esposto per sommi capi il giudizio gramsciano sul concordato considerato appunto, in quel momento, “stampella per il potere”. Ben diverso il quadro che, nel merito, si presenterà nel dopo guerra quando, all’interno di una Repubblica democratica che si stava costituzionalizzando, si presenterà il nodo dell’inserire i Patti Lateranensi nell’ordinamento dello Stato: il PCI deciderà per il “sì”, anteponendo la propria “funzione nazionale” e la pace religiosa (oltre ad un evidente calcolo politicista riguardante i rapporti con la DC) al tipo di critica di fondo elaborata a suo tempo da Gramsci. A questo punto ci sarebbe ancora di discutere sul divario tra tattica e strategia ,se mai nella politica del PCI di allora, quella del “partito nuovo”, questa contraddizione la si potesse rilevare distintamente, ma questo discorso oggi ci porterebbe troppo lontano.