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mercoledì 8 maggio 2019

CULTURA E POLITICA
di Franco Astengo

Disegno di Adamo Calabrese

Come si può rispondere al sottotitolo della prima pagina del Manifesto del 7 maggio: “La presenza tra gli stand di Torino di un editore dichiaratamente fascista ha portato autrici e autori a dividersi se sia giusto o meno partecipare e in che forma. Ma essere messa in discussione è la presunta egemonia della sinistra nella produzione culturale italiana”?
Due soli spunti di riflessione nel merito: la vicenda riguardante il Salone di Torino si inquadra nell’evidente presenza fascista ormai rampante.
Ho semplificato la descrizione per renderla più chiara e per insistere su di un punto a mio giudizio assolutamente cruciale.
Stiamo sottovalutando il fenomeno fascista sia dal punto di vista delle posizioni politiche sia nella mancanza di avvertimento dell’umore di fondo che ci arriva da un insieme di comportamenti quotidiani da parte di ampie fasce di popolazione.
Comportamenti che sì fanno davvero “egemonia”.
In secondo luogo il Manifesto fa bene a scrivere di “presunta egemonia della sinistra” nel campo della produzione culturale.
Come possiamo pensare, infatti, all’esercizio di un’egemonia nella produzione culturale essendo la sinistra priva di una qualche minima strutturazione politica in grado di essere presente nel vivo della quotidianità, della capacità di informare i modelli di vita, di indicare un rapporto tra la realtà e l’agire politico? Non è certo il caso di tirare in ballo Gramsci come pure potrebbe essere opportuno ma di guardare in faccia la verità: senza soggettività politica non può esserci espressione culturale se non da parte di un’élite ristretta e quasi autoreferenziale, del tutto immersa nel seguire le mode correnti.