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venerdì 10 maggio 2019

L’ Opinione
RIFORMA
di Franco Astengo


Si sta concludendo in queste ore la prima “tranche” dell’itinerario parlamentare della riforma costituzionale riguardante la riduzione del numero dei parlamentari. Nella proposta avanzata dal M5S e all’esame del parlamento attraverso l’iter dell’articolo 138 della Costituzione, è prevista una Camera di 400 componenti e un senato di 200 per cifra tonda di 600 (più gli ex-presidenti della Repubblica e i senatori a vita): un taglio del 36,5%.
Quello della riduzione nel numero dei parlamentari è un discorso avviato da molto tempo: fin dagli anni’80 lo stesso Centro di Riforma dello Stato diretto da Pietro Ingrao aveva avanzato proposte analoghe includendo nel ragionamento anche il discorso sul monocameralismo.
Da più parti si stanno esprimendo perplessità per quest’operazione considerandola esclusivamente come di semplice “marketing” politico, non suffragata nella fattispecie da dati sufficienti di motivazioni riguardanti il quadro istituzionale complessivo.
Si fanno diversi esempi di disfunzioni e di disparità che un taglio lineare porterebbe con sé sia sul piano della rappresentanza territoriale (l’aumento di popolazione necessaria per un collegio del Senato, per esempio) e della rappresentanza politica. I due termini, della rappresentanza territoriale e della rappresentanza politica, debbono infatti rappresentare la “stella polare” di ogni riforma del genere. Una riforma di questo genere ha bisogno di essere accompagnata da un progetto complessivo riguardante due punti essenziali:
La legge elettorale;
La suddivisione dei collegi sia alla Camera, sia al Senato (si è fatto notare come alcuni collegi uninominali al Senato, con il tipo di riduzione proposta, andrebbero a superare il milione di abitanti).
Ricordando ancora come la riforma della legge elettorale non preveda passaggi costituzionali, è necessario far notare come l’impianto complessivo dell’articolato della nostra Carta Fondamentale preveda, nell’idea della centralità del Parlamento (che si è vanamente tentato in più occasioni di spostare proponendo la modifica nel ruolo dell’esecutivo) un’ipotesi di pluralità della rappresentanza che può trovare sbocco soltanto in un sistema di tipo proporzionale com’è stato, del resto, tra il 1948 e il 1992.
La possibilità di discutere sul numero dei parlamentari deve essere, quindi, strettamente collegato al tipo di legge elettorale che s’intende adottare, all’eventuale meccanismo che all’interno di essa potrebbe promuovere la formazione di maggioranze (premio, coalizioni, premio alla lista, premio alle coalizioni) e alla suddivisione territoriale delle circoscrizioni e/o collegi.
In assenza di ciò siamo di fronte ad un vero e proprio salto nel buio: così si sono espressi molti dei costituzionalisti sentiti dalle Commissioni Parlamentari e così deve essere confermato esprimendo un giudizio negativo di forte preoccupazione su quanto sta accadendo in queste ore alla Camera dei Deputati.