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domenica 26 maggio 2019

Taccuino
PIÙ CHE UN SALONE, UN MUSEO
di Angelo Gaccione

Uno scorcio del Salone Capuano

Da fuori non lo immaginereste mai, ma appena varcate la soglia vi trovate davanti agli occhi un universo incredibile. È in via Piero della Francesca al numero 74, una lunga via che scorre parallela al Corso Sempione; da Piazza Firenze sono due passi, vi si entra praticamente svoltando a gomito. Vi sono approdato mercoledì pomeriggio scorso perché avevo un appuntamento con l’amico poeta vernacolare siciliano Gaetano Capuano. L’autore dello splendido ’Ncàlia ncàlia, la sua più recente e apprezzata raccolta poetica in lingua agirina che proprio un anno fa (era il 26 di maggio), presentammo (io ero uno dei relatori) in quel magnifico spazio quattrocentesco di via Laghetto al n. 2 a ridosso dell’Università Statale di Milano. 


I libri
“Tano”, come è affettuosamente chiamato dagli amici, si guadagna da vivere in via Piero della Francesca esercitando il mestiere di barbiere. Il suo “Salone Capuano Acconciatori” qui è oramai un’istituzione: sono ben 34 anni che resiste, e di cambiamenti deve averne visti di ogni sorta, considerata la velocità con cui Milano si rinnova, e qualche volta si sfigura. Quante teste avrà modellato questo artista con le sue forbici e quante facce avrà rese decorose con il suo rasoio, possiamo solo immaginarlo. E chissà quanti tipi ostici e da accontentare si sono seduti sulle sue poltrone, (e che psicologie!) giacché ogni persona è un piccolo universo a sé stante, e quante storie ha ascoltate… Materia preziosa per uno scrittore, ma di sicuro altrettanta preziosa per un poeta come lui.

Un angolo del Salone Capuano

Fino a che il rullo compressore dell’omologazione non aveva reso anonimi e troppo patinati questi “esercizi”; fino a quando quel meraviglioso mondo artigiano fatto di calzolai, sarti, barbieri, ceramisti, librai, restauratori… e da quegli altrettanti preziosi ritrovi sociali che erano farmacie, cantine, osterie e botteghe di ogni sorta aveva resistito, essi, questi ritrovi, avevano funzionato da veri e propri salotti popolari. Luoghi di incontro e di socializzazione, non c’era argomento serio o scurrile, gioioso o doloroso, politico, sportivo, musicale, che non li animassero. Io me li ricordo bene per averli a lungo frequentati nella città della mia adolescenza e potrei parlarne per un pezzo. Giovane liceale, ho persino gestito con un paio di amici, una bottega di barbiere che fungeva da ritrovo per decine e decine di avventori di ogni tipo. Non solo si potevano ascoltare conversazioni di ogni sorta, ma nel retrobottega si giocava a carte e nelle pause si consumava del cibo e si beveva vino tagliato con gazzose.

Capuano e Gaccione

Da Tano questa tradizione dell’ospitalità generosa non si è interrotta. Il suo salone-salotto è dotato di bagno, fornito di frigorifero e da una macchinetta per il caffè che clienti e amici apprezzano. Ma c’è anche una piccola selezionata libreria disponibile (fra gli altri 5 volumoni sugli idiomi siciliani divisi per provincie, con le varianti comune per comune), il tavolo per il computer portatile, e soprattutto una incredibile quantità di dipinti, disegni, fotografie con dediche di personaggi celebri, statuette, ritagli di giornali che scorrono lungo le pareti e un’altra quantità enorme di diplomi, medaglie, coppe, trofei che ricordano le sue innumerevoli vittorie ai tanti premi letterari a cui ha preso parte nel corso degli anni. In questo salone-salotto la conversazione è una tradizione, un rito, un bisogno vitale, una necessità intellettuale e amicale. Le ore che vi ho passato io sono state all’insegna della simpatia reciproca e la conversazione ha spaziato su argomenti fra i più diversi: dalla poesia dialettale agli interessi comuni, ma ha riguardato anche aneddoti e personaggi del mondo letterario. 

Capuano e Gaccione

Cliente affezionato ed estimatore di Capuano è il comune amico poeta Franco Loi. Da viale Misurata Franco arriva fino a via Piero della Francesca per farsi tagliare i capelli, e non è certo una passeggiata. Lo fa perché stima prima di tutto l’uomo, ed è affezionato a Gaetano, alla sua autenticità. La poesia ovviamente ne fa parte, ma viene prima l’uomo, come sempre dovrebbe essere. Loi gli ha regalato una piccola grafica che Gaetano ha incorniciato e tiene esposta fra i suoi cimeli: riproduce il volto di don Milani e una poesia scritta a mano che il poeta milanese ha dedicato all’autore di L’obbedienza non è più una virtù, e Lettera ad una professoressa. Loi ne aveva fatto tirare appena 46 copie nel 2007; non mi è stato possibile interpretare il nome dell’autore dell’immagine, peccato, lo avrei citato volentieri.