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mercoledì 19 giugno 2019

MERCATO DEL LAVORO: LA FRENESIA RIFORMISTA
di Franco Astengo


Totalmente priva di una strategia industriale, di un’idea di intervento pubblico in economia, avendo perso pezzi fondamentali nei settori strategici della produzione l’Italia, governata nel corso di questi anni da una pluralità di schieramenti politici, continua a trovare grandissime difficoltà ad esprimere un mercato del lavoro all’altezza della competizione internazionale e della possibilità di favorire sbocchi occupazionali adeguati in particolare alle aspirazioni delle giovani generazioni.
L’Italia ha perso posizioni nei settori portanti dello sviluppo industriale: dalla siderurgia alla chimica, dall’elettromeccanico all’elettronico.
In questa sede si ricorda come negli ultimi vent’anni si sia verificata una vera e propria “frenesia riformista” che non ha praticamente dato esito concreto.
Abbiamo avuto:
12 riforme della giustizia per le imprese;
7 per l’ordinamento delle crisi di impresa;
7 del mercato del lavoro;
5 del sistema pensionistico
9 della tassazione d’impresa
8 della pubblica amministrazione.
[Fonte Corriere della Sera. 11 giugno scorso]
Una ridda di provvedimenti, in gran parte complicatori e nel caso delle riforme del mercato del lavoro alla fine orientate a far crescere in dimensione sempre più preoccupante la precarietà. Seguono senza commenti alcuni dati raccolti da varie fonti sull’andamento dell’occupazione nel nostro Paese dal 2010 al 2018, laddove si dimostra un andamento oscillatorio all’interno di una sostanziale stagnazione della crisi complessiva.
Mi scuso per la schematicità purtroppo necessaria in casi come questi.


Tra il 2009 e il 2010 l’occupazione italiana cala di 336.000 unità, con un tasso di occupazione in discesa dal 56,9% al 56,3%. L’occupazione straniera aumenta di 183.000 unità, ma il tasso di occupazione scende dal 64,5% al 63,1% (dal 77,7% al 76,2% per gli uomini e dal 52,1% al 50,9 % per le donne).
Il tasso di occupazione complessivo si attesta al 56,9% (era pari al 57,5% nel 2009). A livello territoriale, alla riduzione dell’indicatore nel Nord e nel Centro si accompagna la nuova significativa flessione nel Mezzogiorno
Tra il 2010 e il 2011 l’occupazione italiana diminuisce di 75.000 unità, a motivo del calo della sola componente maschile.
L’occupazione straniera aumenta di 170.000 unità, ma il tasso di occupazione scende dal 63,1% al 62,3% (dal 76,2% al 75,4% per gli uomini e dal 50,9% al 50,5 % per le donne).
Il tasso di occupazione complessivo si attesta al 56,9%, appena un decimo di punto al di sopra di quello del 2010. A livello territoriale, alla riduzione dell’indicatore nel Centro si accompagna il modesto incremento nel Nord e nel Mezzogiorno.
Nella media del 2011, il tasso di disoccupazione è pari all’8,4%, invariato rispetto a un anno prima. L’indicatore, rimasto stabile nel Centro, registra una lieve flessione nel Nord (dal 5,9% al 5,8%) e una contenuta crescita nel Mezzogiorno (dal 13,4% al 13,6%)
Nella media del 2012 l’occupazione diminuisce dello 0,3% su base annua (-69.000 unità).
Come nel recente passato, il risultato sconta la differente dinamica delle componenti italiana e straniera. Tra il 2011 e il 2012 l’occupazione italiana cala di 151.000 unità, con il tasso di occupazione che si attesta al 56,4% (-0,1 punti percentuali).
La discesa del numero degli occupati italiani riguarda i 15-34enni e i 35-49enni, mentre prosegue la crescita degli occupati con almeno 50 anni, presumibilmente a motivo dell’inasprimento dei requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione.
L’occupazione straniera aumenta di 83.000 unità, ma il tasso di occupazione scende dal 62,3% al 60,6%. Nella media del 2012 il calo dell’indicatore interessa la sola componente maschile (dal 75,4% al 71,5%), a fronte del leggero incremento segnalato per le donne (dal 50,5% al 50,8%).
Il tasso di occupazione complessivo si attesta al 56,8%, due decimi di punto al di sotto del 2011. A livello territoriale, la riduzione dell’indicatore riguarda tutte le ripartizioni ed esclusivamente la componente maschile.
Nella media del 2013 l’occupazione diminuisce di 478.000 unità (-2,1%). La riduzione rimane più forte nelle regioni meridionali (-4,6%, pari a -282.000 unità).
Prosegue il calo dell’occupazione maschile (-2,6%, pari a -350 mila) e torna a ridursi quella femminile (-1,4%, pari a -128 mila).
La discesa del numero degli occupati riguarda i 15-34enni e i 35-49enni (rispettivamente -482.000 unità e -235.000 unità), cui si contrappone la crescita degli occupati con almeno 50 anni (+239.000 unità).
Il tasso di occupazione si attesta al 55,6%, 1,1 punti percentuali al di sotto del 2012. La riduzione dell’indicatore riguarda entrambe le componenti di genere e tutte le ripartizioni, specie il Mezzogiorno.


Tra il 2012 e il 2013 l’occupazione italiana cala di 500.000 unità, con il tasso di occupazione che si attesta al 55,3% (-1,0 punti percentuali).
L’occupazione straniera aumenta in misura contenuta (+22.000 unità), ma il tasso di occupazione scende dal 60,6% del 2012 all’attuale 58,1%; la diminuzione interessa sia gli uomini (dal 71,5% al 67,9%) sia le donne (dal 50,8% al 49,3%).
Il calo dell’occupazione interessa tutti i segmenti del mercato del lavoro: i dipendenti a tempo indeterminato (-190.000 unità, pari a -1,3%), i dipendenti a termine (-146.000, pari a -6,1%) e gli indipendenti (-143.000 unità, pari a -2,5%).
Nella media del 2014, dopo due anni di calo, l’occupazione cresce (+0,4%, pari a 88.000 unità in confronto all’anno precedente), a sintesi di un aumento nel Nord (+0,4%) e nel Centro (+1,8%) e di un nuovo calo nel Mezzogiorno (-0,8%, pari a -45.000 unità).
La crescita degli occupati interessa sia gli uomini (+0,2%, pari a 31.000 unità) sia, soprattutto, le donne (+0,6%, pari a 57.000 unità).
Prosegue tuttavia il calo degli occupati 15-34enni e dei 35-49enni (rispettivamente -148.000 unità e -162.000 unità), a fronte dell’incremento degli occupati con almeno 50 anni (+398.000 unità).
Il tasso di occupazione si attesta al 55,7%, +0,2 punti percentuali rispetto al 2013. L’indicatore rimane invariato per gli uomini e sale di 0,3 punti per le donne. Alla crescita nel Centro e nel Nord si contrappone il calo nel Mezzogiorno (-0,2 punti percentuali).
Nel 2014 l’occupazione della componente italiana cala di 23.000 unità, con il tasso di occupazione 15-64 anni che sale al 55,4% (+0,1 punti percentuali).
L’occupazione straniera aumenta di 111.000 unità, con il tasso di occupazione che torna a salire, dal 58,3% del 2013 al 58,5% del 2014. L’indicatore rimane invariato al 68,1% per gli uomini e cresce per le donne (dal 49,8% al 50,2% del 2014).
La crescita dell’occupazione interessa in misura contenuta i lavoratori a tempo indeterminato (+18.000 unità) e in modo più sostenuto i lavoratori a termine (+79.000 unità). Prosegue, invece, a ritmo meno sostenuto il calo degli indipendenti (-9.000 unità).
All’incremento dell’occupazione nell’industria in senso stretto (61.000 unità, pari a +1,4%) si contrappone il persistente calo nelle costruzioni (-69.000 unità, pari a -4,4%).


Tra l’ottobre del 2014 e l’ottobre di quest’anno, il numero degli occupati è cresciuto dello 0,3 per cento, con 75mila occupati in più, ma il dato positivo non è strettamente legato alla creazione di nuovi posti di lavoro perché molto dipende anche dall’invecchiamento della popolazione. Infatti, il numero di occupati è aumentato soprattutto tra le persone con più di 50 anni, fascia di età che dall’inizio del 2013 è cresciuta del 4,7 per cento. L’Istat stima che almeno il 30 per cento della crescita occupazionale sia dovuto a questa dinamica demografica. Oltretutto le modifiche sulla previdenza introdotte dalla legge Fornero hanno diminuito il numero di pensionamenti nell’ultimo triennio, contribuendo così a loro volta all’aumento del numero di occupati con più di 50 anni.
Nel 2016 l’occupazione è aumentata di 293.000 unità sul 2015 (+1.3%) con una crescita del lavoro alle dipendenze di 323.000 unità (+1,9%). Lo rileva l'Istat: la riduzione del tasso di disoccupazione è dall'11,9% all'11,7%. I disoccupati calano di 21.000 unità (-0,7%). L’aumento degli occupati, dice l'Istat, coinvolge oltre agli over 50 anche i giovani tra i 15 e i 34 anni. Il tasso di occupazione sale di 0,9 punti al 57,2%.
Nel 2016 la media degli occupati è stata di 22.758.000, al livello più alto dall'inizio della crisi economica. Lo rileva l'Istat spiegando che nel 2008 erano 23.090.000 mentre nel 2009 sono scesi a 2.699.000. Con l'aumento registrato nel 2016 di 293.000 unità il 2016 ha riportato l'occupazione sopra i livelli 2009. Il tasso di disoccupazione è all'11,7%, il livello più basso degli ultimi quattro anni (nel 2012 era al 10,7% mentre nel 2013 era balzato al 12,1%). Sono diminuiti in modo consistente gli inattivi (-410.000 unità).



Vediamo ora nel particolare cosa ci dicono i dati raccolti sulla occupazione in Italia per il 2017. I primi mesi hanno visto una situazione rallentata, con una lieve crescita di dipendenti a tempo determinato, e un calo di dipendenti a tempo indeterminato. Le persone in cerca di lavoro sono comunque diminuite (-2,7%), anche grazie al tasso di disoccupazione che si è ristretto quotandosi all’11,5%. Un dato forse preoccupante è quello sugli inattivi (+0,4%), ad indicare una probabile sfiducia generale riguardo l’occupazione e il futuro. Gli inattivi vengono conteggiati fuori dalle forze di lavoro, e per l’Istat risultano non rientrano nella canonica classificazione tra persone occupate e/o in cerca di occupazione.

2018


Il nuovo anno è partito con la notizia relativa all’aumento del tasso di disoccupazione, che a fine dicembre ha registrato un rialzo dello 0,1% rispetto al dato registrato nel mese precedente, raggiungendo il 58,8%. Va per sottolineato che l’aumento del numero degli occupati è legato soprattutto all’incremento dei dipendenti a termine (47.000 in più) e degli autonomi (11.000 in più), mentre sono in netto calo gli occupati permanenti (35.000 in meno). Interessanti anche i dati dell’occupazione relativi alle fasce d’età: salgono gli occupati che hanno un’età compressa tra i 14 e i 24 anni (36.000 in più) e quelli con più di cinquanta anni (300.000 in più) e scendono quelli che hanno un’età tra i 25 e i 49 anni (ben 135.000 in meno). Scende di due decimi di punto il tasso di disoccupazione, che arriva al 10,3% anche se è in leggera crescita il tasso di disoccupazione giovanile (che sale dello 0,1% e si attesta al 31,9%). Rimane stabile invece il tasso di inattività, fermo al 34,3% (anche se si registra una riduzione di 16.000 unità tra gli inattivi di età compresa tra i 15 e i 64 anni).
 Il risultato del 2018: aumento del tasso di disoccupazione, incremento dei dipendenti a termine; calo degli occupati permanenti ci indica anche, infine, l’illusorietà della spinta in avanti prodotta dai provvedimenti del periodo 2015-2016 (job act) assunti senza affrontare, come già si è descritto in precedenza, i nodi di fondo dello sviluppo industriale che resta il problema centrale dell’Italia e del suo sistema di relazioni economiche all’esterno, dentro e fuori l’Unione Europea.