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lunedì 22 luglio 2019

AGNES HELLER:

PER UNA "CRITICA ALLE RAGIONI DEL VIVERE"
di Franco Astengo

Agnes Heller


Nella sua radicalità l'opera di Agnes Heller si colloca sicuramente al di là della stessa esperienza del marxismo e va considerata e proiettata in un orizzonte di più ampi di temi e suggestioni già presenti nella riflessione di alcuni pensatori centrali del '900.
La Heller infatti ha rimesso in discussione il problema della funzione della filosofia e del compito del filosofo nella modernità. È risultata fondamentale l'idea che il bisogno insopprimibile di filosofia rappresentasse il solo punto di connessione possibile con  la soddisfazione di ogni altro bisogno.
Riecheggiando Bloch la Heller identificava lo spirito della filosofia con lo spirito dell'utopia costruendo proprio quella che mi sono permesso di definire "critica alle ragioni del vivere".
Una critica che parte dall'analisi di Bloch e Luckas in relazione al rapporto tra utopia e marxismo considerato come il punto più alto nella ricerca delle ragioni umane per arrivare, attraverso Heller, al nodo centrale della dimensione utopica del pensiero. Ci siamo trovati così davanti al nodo centrale per descrivere una "utopia concreta e razionale".
A fianco dell’attenzione alla dimensione della storicità umana, il pensiero etico di Heller risuona di un ideale di filosofia il cui destinatario è l’«uomo che cerca la verità» e «il filosofo la sua comunità».
Si configurava così una ‘discussione filosofica’ nella quale ognuno apprezzava nell’altro un rappresentante dell’umanità e diventava concreto il tentativo di «dare delle norme al mondo» ma anche di «dare alla norma un mondo» perché secondo Heller «esistono bisogni radicali oggi non esplicitabili senza filosofia" Tutto questo significava porsi in ascolto di un invito che è rivolto a ogni essere umano: «Venite, vogliamo pensare insieme, vogliamo cercare insieme la verità».
Il tentativo è stato quello di tematizzare un’antropologia in grado di indagare non l’ideale del genere, ma la natura sociale dell’uomo per allestire una nuova antropologia da contrapporre a quella di Hobbes.
La ‘comunità’ alla quale si rivolgeva Heller incarnava un ideale di discussione filosofica il cui modello non era quello del consenso totale né quello che rendeva impossibile la contrapposizione tra valori veri. E là dove ripete: «Non voglio che ci sia solo un’interpretazione di Amleto “vera”, oppure che ci sia solo una forma di vita “buona”», appare come formulatrice dei “valori guida” a cui richiamarsi: quelli della libertà, della comunità e della personalità.
In questo modo si è guidati verso i valori del ‘Vero’, del ‘Bene’ e del ‘Bello’ all'interno di un percorso nel quale non basta la ricerca della «situazione linguistica ideale» di Habermas.
La ricerca del "Vero" occorre che si attui in una società già fondata su rapporti simmetrici in quanto in società dove valgono rapporti di subordinazione e di dominio la razionalità non viene mai pensata rispetto al valore, ma rispetto al fine e in esse il sapere specialistico ha sempre il peso decisivo.
Il richiamo ai “valori guida” della prassi è ricondotto allo stesso Kant che ha messo in guardia dal guardare «con occhi di talpa fissi nell’esperienza» nell'ambito della morale: riducendo il ‘Vero’ ai giudizi di fatto, spezzettando i linguaggi e i discorsi, considerando i fatti come indipendenti dai valori - secondo la modalità di procedere delle scienze della natura - la filosofia contemporanea si è trovata schiacciata da una ideologia che ci propone l’«utopia negativa» di un’umanità atomizzata e estraniata, dominata dalla «quantificabilità» ed eterodiretta da «specialisti».
Nel richiamo forte alla «verità dei valori» che la Heller ha compiuto si colloca la distanza da quella filosofia che ha fatto della scienza un ‘mito’ e si apre un percorso di ricerca per un ideale filosofico che riesca a farsi carico di una "filosofia della vita": appunto per una "critica delle ragioni del vivere".