Pagine

lunedì 1 luglio 2019

Donne e guerra,
una riflessione del Teatro Greco di Siracusa
di Mila Fiorentini


Donne e guerra è il tema scelto per la stagione 2019 dell’Inda, l’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, attraverso i testi delle tragedie di Euripide poco rappresentate, Elena e Troiane, testo quest’ultimo di grande bellezza insieme alla commedia di Aristofane Lisistrata, un manifesto del femminismo nel senso più nobile del termine ante litteram. Correva infatti l’anno 411 a.C. ma la sua modernità anche nel linguaggio e purtroppo nell’attualità delle situazioni è impressionante. Pertanto, al di là degli spettacoli messi in scena, è interessante la scelta dei testi e la riflessione sulla condizione psicologica e sociale della donna in situazioni di conflitto. Non è un caso infatti che le donne come le rose in vigneto siano rivelatrici delle anomalie del terreno, nel caso specifico della fillossera, afide che devasta la vite. In condizioni di precariato nel mondo del lavoro le donne sono le prime ad essere espulse così come nelle guerre anche se di solito non combattono in prima linea con le armi, sono spesso le più danneggiate e le meno riconosciute come parti attive. Eppure, anche se silenziose, spesso non autrici della scelta del conflitto come soluzione di una realtà ingovernabile altrimenti, sono parti in causa essenziali. Basti pensare alla situazione dei migranti che fuggono da guerre, siano esse armate o di altro genere: dittature, carestie. Le donne subiscono più degli uomini e non è un caso che negli spettacoli il riferimento ai migranti, ai porti chiusi, soprattutto in relazione alle donne è stato più volte citato. È importante sapere tra l’altro che in alcuni testi greci il tema dell’accoglienza e dell’inclusività sociale del migrante era già presente e le donne da sempre sono gli elementi che più hanno appoggiato questo processo nella loro capacità di fare rete e di trovare punti comuni tra persone diverse. Quando si formano gruppi spontanei, fatta eccezione per lo sport, gli uomini tendono a unirsi a persone dello stesso genere, ambiente sociale e livello, nonché età, mentre le donne trovano argomenti e interessi comuni anche se sono molto diverse tra di loro. Viene in mente a tal proposito il proverbio tunisino “Le donne al mercato e in sala parto sono tutte uguali”, soprattutto in sala parto. In tal senso il testo della Lisistrata è emblematico e di grande attualità in una società multiculturale in perenne conflitto come la nostra. La vicenda è nota ma vale la pena ricordarla: siamo durante l’estenuante guerra del Peloponneso e le donne sono stremate, sole, spesso vedove, perdono anche i loro figli, finché Lisistrata si inventa uno stratagemma dall’aria burlesca che però si rivela efficace e denuncia così la debolezza dei maschi che spesso peccano di presunzione e arroganza. Sembrano forti, coraggiosi in battaglia ma fragili nella vita. La protagonista dell’opera omonima chiama a raccolta le donne, non solo le Ateniesi, ma anche le Spartane ad esempio: rivali ma complici e alleate per un valore superiore, quello della pace che come tutti i sentimenti è quanto rende l’uomo umano ma non è un traguardo, conquistato una volta per sempre: è un trampolino di lancio, un risultato sul quale lavorare e coltivare nel tempo. L’astinenza dall’amore imposta ai mariti in cambio della pace avrà successo ma durerà poco. La regia di Tullio Solenghi ha il merito di sottolineare l’universalità del testo inserendo costumi colorati non georeferenziati, che diventano simbolo del Mediterraneo dai mille colori, suoni e lingue, che infatti si intrecciano, siano dialetti o lingue nazionali a sottolineare l’importanza del fare rete delle donne, la ricchezza della differenza e la forza della comunanza sul conflitto che porta a tutti giovamento. 


Capolavoro di ironia, il testo evidenzia anche la capacità di una donna pratica nella gestione, ad esempio dell’economia domestica rispetto alla gestione pubblica, che è certo più importante in termini di proporzione soprattutto, ma proprio perché pubblica spesso finisce per non essere di nessuno. La responsabilità domestica è invece una sorta di democrazia diretta alla quale occorre rendere conto senza possibilità di sottrarsi al proprio compito. Quello che le donne rivendicano è il loro contributo alla vita quotidiana degli stessi soldati, subendo spesso scelte non loro, senza ricevere onori, senza essere considerate, eppure dimostrandosi una voce essenziale, quella del nutrimento con il cibo e con il proprio corpo. Un messaggio che racconta una forza nascosta eppure deflagrante, una grande consapevolezza e un potere nascosto ma forte. Naturalmente le figure femminili nel tempo e nella stessa tragedia sono state anche oggetto di critiche se si pensa alla figura emblematica, Elena di Troia, per altro protagonista di due opere che, rispettivamente, la citano nel titolo e la sottintendono nelle Troiane. Affidare il nome di donne a un titolo non era per altro scontato a quei tempi e la scelta letteraria mostra una grande modernità di Euripide.
L’iniziativa del Processo a Elena del teatro - una formula di spettacolo sempre più diffusa anche a Milano, quella del processo alla storia - offre spunti curiosi e interessanti per una valutazione lucida, in questo caso mettendo insieme sfaccettature diverse e contrastanti sulla responsabilità soggettiva e oggettiva, il concorso degli eventi e le attenuanti che nel caso di Elena sono evocati come la volontà degli dei anzi delle dee - Afrodite, Era e Athena - e del destino, che restano variabili tuttora in voga, pur cambiando i termini. I testi ci regalano una sfilata di vittime da Ecuba che nasce regina e muore schiava contornata da una serie di disgrazie familiari, come la morte di Ettore, l’eroe senza macchia e la costrizione della moglie Andromaca che porta nel nome una sua virilità, letteralmente “l’uomo che combatte”, con la capacità tipica dei greci di far parlare i nomi - come Lisistrata è colei che scioglie gli eserciti - e che assume, a quanto pare l’eredità del marito, senza poter sottrarre dalla morte il figlio Astianatte. Sono donne forti ma impotenti, vittime combattive e spesso complici loro malgrado della propria sciagura. Cassandra, la profetessa di sventure destinata a non essere creduta: in questo caso perché Apollo che non riuscì a possederla le concede sì di restare vergine e consacrarsi alla profezia ma punendola con il discredito; e poi non impedendo delle nozze forzate una volta prigioniera. Al di là del mito è interessante come queste figure siano archetipi del femminile, universali e di un’attualità sconcertante. Quante Andromaca esistono che una volta che perdono il loro status e un uomo che possa difenderle perdono anche i propri figli, per la sorveglianza sociale, perché vengono venduti come schiavi o per altri mille motivi, tutti diversi e tutti uguali?


Elena è la figura più controversa, anche perché secondo una versione del mito a Sparta alle nozze con Menelao, fu inviato solo il suo fantasma e la sua bellezza funge ora da aggravante ora da attenuante: è responsabile dell’uso della bellezza con la quale ha sedotto Paride o invece è vittima della sua bellezza che da altri è stata sfruttata? Fino a che punto ognuno anche con la genuinità dei sentimenti può sottrarsi alla propria responsabilità? Sulla questione della bellezza e della sua manipolazione non vale neppure la pena soffermarsi, tanto di casi ne sono piene le cronache e l’establishment sociale ma interessante è la riflessione che il mito propone proprio nel suo archetipo, intramontabile, più attuale ancora delle fiabe. In fondo la guerra tra Sparta e Troia nasce da un pretesto ma forse ci sarebbe stata lo stesso però vero è che la vita è un concatenarsi di situazioni a volte fortuite. L’etica personale a volte non spiega la storia ma una donna, sembra questa la conclusione del processo ad Elena, non può sottrarsi mai alla propria coscienza anche se come ogni essere umano ha diritto alla clemenza non solo di una corte e alle attenuanti del caso.
L’obiettivo dell’Inda, come ha sottolineato il Sovrintendente Antonio Calbi, è rappresentare l’antico, anche con il coordinamento di altri teatri di pietra, greco-romani, con un linguaggio contemporaneo. In tal senso il tema del teatro greco è la sottolineatura del classico come intramontabile. Il sottotitolo ribadisce tale scelta con la dicitura “Un presente antichissimo” e il tema dell’anno si inserisce nel filone dell’attualità, della storia che insegna senza che l’uomo impari. Il 2019 sottolinea la resilienza al femminile che intreccia estetica (rappresentazione teatrale e arte) con l’etica (il valore della vita e della lotta per i diritti) con un inno alla speranza dopo la distruzione, che oggi è ad esempio la distruzione ambientale, un altro tipo di guerra, spesso all’origine di guerre armate. Nelle Troiane ad esempio l’architetto Stefano Boeri, autore delle scenografie, mette in piedi 400 tronchi arrivati dalla Carnia, abbattuti dal maltempo, e trasportati fino a Siracusa che come le donne di Troia sono stati vinti dalla violenza e sbattuti al suolo, ma possono rialzarsi. L’iniziativa non a caso è affidata alla donna nutrice della vita intesa anche come cura della natura, considerando che nelle campagne per l’ambiente la sensibilizzazione della donna è un anello molto importante per innescare una catena virtuosa. E alla fine della stagione estiva a Siracusa sarà piantato un bosco.