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mercoledì 28 agosto 2019

La Poesia
PIÙ FORTE È LA MORTE



Fermo Su tutte le “partenze” In attesa dell’“ult/ima”

Quante volte di notte ho alzato
il mio braccio
al cielo
impugnato la “falce di Luna”
e mietuto campi di grano maturo
Ma quante volte

(fra i denti pur stretto
dell’ieri e il domani)
ho moltiplicato
per zero me stesso
affinché “folla” non fossi negli altri

Quante strade mi son lasciate alle spalle
e quante scarpe ho consumato
per arrivare al punto verso cui
non sono ancora partito

(E se il mio andare
fu sempre un restare laddove mai andai     
e il mio restare un sempre arrivare  
laddove mai sono
io che da sempre m’inseguo
e giammai mi raggiungo

e vado per strade che mi camminano addosso
io già immobil bersaglio allo sparo degli anni
che lento m’uccide col piombo dei giorni
io io non son che croce di Cristo
su tomba del mondo
orizzontalmente e verticalmente “obliqua”/)

Quante volte di notte
rubandolo al “Triangolo estivo”
ho suonato
lo “strumento Lira”
in bande di grilli in campi di grano
Ma quante volte

(qual seme in terra  
di giorni mai arati) son sceso dagli occhi
alle strade a cercare i miei piedi    
e non trovare 
neppure me stesso né in terra né in cielo

Quante volte (già in fuga dai giorni)
pur essendo più vivo di un morto
ho partecipato ai funerali
di me stesso “all’impiedi”
Di questo “me stesso” che    
di qui a non molto   

stormir dovrà pur per l’ult/ima volta al vento della vita
[Nicolino Longo]