“nella nuova
era”
di
Alessandro Pascolini*
Padova.
Lo scorso 24 luglio il governo cinese ha rilasciato in cinese e in inglese il
documento “la difesa nazionale cinese nella nuova era” (DNC), un libro bianco
che “espone la difensiva politica della difesa cinese e spiega la pratica, gli
obiettivi e il significato degli sforzi della Cina per costruire una difesa
nazionale rafforzata e una potente forza militare”. Il documento di una
sessantina di pagine tocca tutti gli aspetti della politica militare cinese e
si articola in 6 temi: la situazione di sicurezza internazionale, la
“difensiva” politica della difesa cinese nella nuova era, realizzare le
missioni e i compiti delle forze armate cinesi nella nuova era, la riforma
della difesa nazionale cinese e delle forze armate, una ragionevole e
appropriata spesa per la difesa, contributi attivi per costruire una comunità
per un comune futuro per l’umanità, e si completa con un’appendice di tabelle
con informazioni dettagliate sui vari punti.
Va
tenuto presente che le forze armate cinesi (l’esercito di liberazione popolare
PLA e le forze paramilitari di sicurezza interna PAP) non dipendono dal
governo, ma afferiscono al Partito comunista; dal XIX Congresso del Partito il
supremo organo decisionale unificato e centralizzato delle forze armate, la
Commissione militare centrale (CMC), è tecnicamente un dipartimento del
Comitato centrale del partito (PCC). La CMC è presieduta da un civile, il
segretario generale del PCC Xi Jinping (al contempo presidente della Cina) e
completata da due vice presidenti, dai capi dello stato maggiore congiunto, del
dipartimento del lavoro politico e della commissione ispettiva di disciplina,
oltre al ministro della difesa nazionale, che è solo il terzo nella linea di
comando e gestisce i rapporti delle forze armate con le burocrazie statali e i
militari stranieri.
La
Cina sta diventando il co-protagonista della politica mondiale e pertanto il
documento merita un’attenta lettura; in questo contributo desidero segnalare
alcune informazioni e alcuni punti che mi sembrano particolarmente significativi.
La situazione della
sicurezza internazionale
Il
documento osserva che nel mondo si sta compiendo una transizione epocale in un
sistema multi-polare a seguito de ”la globalizzazione economica, la società
dell’informazione e la diversificazione culturale”, in cui rimangono dei
“fattori destabilizzanti e incertezze per la sicurezza internazionale, a causa
del crescente egemonismo, le politiche di forza , l’unilateralismo e i
conflitti regionali.” Responsabili sono in primo luogo gli USA con la loro
politica competitiva, destabilizzante e mirante all’egemonismo, con interventi
armati in vari scacchieri e sostenuta da crescenti spese militari; la NATO con
il suo allargamento e potenziamento militare e la Russia con il rafforzamento
delle sue forze nucleari e “non-nucleari”; le politiche di queste grandi
potenze hanno portato al deterioramento del controllo degli armamenti e ad
alimentare conflitti locali e terrorismo internazionale.
Comunque,
la situazione della sicurezza nel contesto Asia-Pacifico viene considerata
globalmente stabile, grazie alla politica di collaborazione e di sicurezza
comune, in particolare promossa dalla Organizzazione di Shanghai per la
cooperazione (SCO), che comprende tutto il continente, fino alla Turchia.
Segnali negativi rimangono alcune dispute territoriali, i conflitti
“occasionali” fra India e Pakistan e l’intrusione degli USA con il
potenziamento militare dei lori alleati e l’irrisolta questione del programma
nucleare della Corea del Nord.
Le
principali minacce alla sicurezza cinese hanno due aspetti, uno locale e uno
globale: da una parte si stanno rafforzando le forze separatiste di Taiwan, del
“Turkistan orientale” e del Tibet, e si aggravano dispute sulla sovranità
territoriale su alcune isole e acque marine. Il secondo aspetto, ancora più
importante, è legato alla militarizzazione delle nuove tecnologie informatiche
e cibernetiche, al controllo dello spazio e allo sviluppo di armi di grande
gittata e precisione, intelligenti, non individuabili e autonome, settori in
cui il PLA si sente ancora molto arretrato e quindi particolarmente esposto.
La politica militare
cinese
A
fronte delle minacce alla sua sicurezza e seguendo la politica generale
socialista cinese per “la pace e l’armonia”, la strategia della Cina viene
definita di natura difensiva, priva di mire egemoniche, con gli obiettivi di:
scoraggiare e resistere ad aggressioni, garantire la sicurezza politica e
sociale, opporsi all’“indipendentismo di Taiwan” e dei movimenti separatisti,
assicurare l’integrità e sovranità nazionali nonché i diritti e gli interessi
marittimi e oltremare, difendere gli interessi “nello spazio esterno,
elettromagnetico e cibernetico” e sostenere lo sviluppo del paese.
Anche
in risposta alla National Defense
Strategy americana del 2018, che considera la Cina una minaccia globale
all’ordine mondiale, il documento insiste nella natura puramente difensiva
delle forze militari, il rifiuto della creazione di sfere d’influenza e di
politiche aggressive. Viene ribadita la volontà di collaborare alla creazione
di un regime mondiale cooperativo e un sistema di sicurezza globale basato su
“uguaglianza, mutua fiducia, correttezza, giustizia, contributi congiunti e
benefici comuni”, nel rispetto e rafforzamento dei trattati internazionali per
il controllo degli armamenti.
Si
ribadisce che la Cina mira a una rapida riunificazione pacifica di Taiwan,
ammettendo una prassi di “un paese, due sistemi” economici, ma non si impegna
alla rinuncia dell’uso della forza, se necessario, e osteggerà ogni tentativo
di intervento esterno. A tal fine sono state create unità speciali
dell’esercito e particolare enfasi viene data alle operazioni marittime, con
manovre aereonavali attorno a Taiwan per mandare un “duro avvertimento alle
forze separatiste”. Secondo la RAND, la Cina ha già oggi la capacità militare
di sopraffare le forze di Taiwan, ma non è ancora in grado di mantenere il
controllo dell’isola a fronte di un massiccio intervento militare degli USA in
aiuto del governo taiwanese.
Al
riguardo alle contese territoriali, ci si riferisce in particolare alle isole
Paracelso e alle Spratly, un centinaio di isolotti, atolli, scogliere
semi-affioranti nel mar Cinese meridionale, la cui sovranità è reclamata in
varie forme da Cina, Taiwan, Brunei, Filippine, Vietnam e Malesia. Sono
disabitate, a parte la base taiwanese creata sull’isola Itu Aba, la maggiore
(40 ettari) e postazioni militari temporanee dei vari paesi; la loro importanza
è dovuta alla pescosità delle acque, la presunta presenza di giacimenti di
idrocarburi, ma soprattutto al controllo di importanti linee marittime
commerciali, cruciali per l’approvvigionamento petrolifero di Giappone, Corea
del Sud e Taiwan. La Cina sta trasformando alcune scogliere in isole
artificiali, creando avamposti con piste aeroportuali, approdi e varie
strutture militari.
Importante
anche il riferimento alla protezione dei diritti e interessi marittimi
oltremare con la garanzia delle linee commerciali. A tal fine la Cina sta
sviluppando forze navali per operare su grandi distanze, costruendo basi di
supporto logistico in punti critici, e preparandosi a svolgere le necessarie
diversificate operazioni militari. Nell’agosto 2017 è divenuta operativa la
base di Gibuti a supporto delle operazioni di scorta delle navi commerciali e
di prevenzione della pirateria. Il documento non fa riferimento diretto alla
nuova “via della seta”, ma ci sono informazioni sull’interesse della Cina a
rafforzare le strutture create con accordi informali in vari porti mondiali per
creare basi di supporto a garantire la protezione militare della nuova “via” in
fase di sviluppo.
Le linee guida strategiche
La
strategia cinese si basa sul principio dell’auto-difesa attiva e la reazione
post-attacco, miranti al contenimento dell’avversario e alla vittoria finale.
Un
punto cruciale del documento riguarda la strategia per lo sviluppo qualitativo
delle forze armate, da realizzarsi secondo le indicazioni di Xi Jinping:
“rafforzamento della lealtà politica, modernizzazione mediante la riforma e la
tecnologia, rispetto della legge e focalizzazione sulla capacità di combattere
e vincere”, con gli obiettivi di “raggiungere la piena meccanizzazione entro il
2020 con aumento dell’informatizzazione e delle capacità strategiche; avanzare
globalmente la modernizzazione della teoria militare, delle strutture
organizzative, del personale, degli armamenti e materiali entro il 2035;
trasformare pienamente le forze armate popolari in un esercito di
‘classe-mondiale’ per la metà del XXI secolo”.
Il
termine ‘classe-mondiale’ non può che significare una qualità pari a quella che
l’esercito americano sta attualmente perseguendo per riguadagnare la piena
superiorità delle forze convenzionali in ogni contesto militare, superiorità
minacciata dai confronti asimmetrici e dallo sviluppo di capacità degli
avversari di sviluppare mezzi per compensare a proprio vantaggio la potenza
avversaria.
Ciò
richiede la padronanza di una varietà di tecnologie avanzate. Ci sono molti
esempi di tecnologie militari dirompenti, che la Cina sta sviluppando alla
ricerca di capacità di compensazione in ambito aerospaziale, cibernetico, dei
sistemi senza pilota, e per la guerra subacquea. Pechino cerca di sfruttare la
sua crescente esperienza nella robotica, armi autonome, nanotecnologia, stampa
tridimensionale, analisi e gestione di big
data, intelligenza artificiale, informatica quantistica, biotecnologia,
cooperazione uomo-macchina, cloud
computing e volo ipersonico per sviluppare sistemi d’arma di prossima
generazione che metteranno alla prova le capacità militari degli Stati Uniti
entro il 2050 .
La
priorità data alla modernizzazione dei sistemi d’arma del PLA da realizzare
entro il 2035 mira a creare la capacità di identificare e attaccare bersagli a
crescenti distanze dalle coste cinesi, per sviluppare forze di
contro-intervento, anti-accesso e controllo d’area (A2/ AD) a prevenire
operazioni di avversari in una zona esclusiva che dovrebbe già includere il Mar
Giallo, il Mar Cinese orientale e quello meridionale (“prima catena di isole”),
nella prospettiva di estendersi negli anni successivi più addentro al Pacifico
a includere il Mare delle Filippine fino alla “seconda catena di isole” (dalle
isole giapponesi Ogasawara alle Marianne).
La riforma delle forze
armate
Una
parte fondamentale del DNC è dedicato a fare il punto sulla realizzazione della
riforma globale delle forze armate perseguita dal PCC, mettendo in evidenza i
risultati raggiunti e le presenti carenze. Xi Jinping ha perseguito una
profonda ristrutturazione delle forze armate del paese per trasformare il PLA
da un modello di quantità a uno di qualità ed efficienza. Ciò implica uno
spostamento dell’attenzione dalle forze umane alla potenza di fuoco e da
strutture ad alta intensità di personale a quelle basate su scienza e
tecnologia.
Negli
ultimi anni c’è stato un calo del personale, in particolare della componente
terrestre, a non più di 2 milioni di militari (gli USA hanno 1.338.000 mila
uomini e i paesi europei della NATO 1.849.000). Sono state fortemente contratte
tutte le attività non-militari e linearizzate le linee di comando, riducendo
fortemente le strutture burocratiche e le sovrastrutture non operative. La
chiusura della presenza del PLA nel mondo produttivo cinese ha permesso anche
la riduzione della diffusa corruzione, che resta un impegno importante della
riforma: va notato che il documento fa esplicito riferimento alla punizione di
quattro alte personalità, citandone i nomi.
L’impatto
di questo cambiamento globale ha comportato una ristrutturazione organizzativa,
con spostamenti nell’equilibrio delle diverse forze, suddivise in 7 armi. Le
forze di terra sono confluite nella PLAA e organizzate in 5 comandi
territoriali (TC). Grandi investimenti sono dedicati alla marina (PLAN) e
all’aeronautica (PLAAF), il Secondo artiglieria, in carico di tutte le forze
missilistiche, è stato rinominato PLARF; sono state concentrate le forze di
supporto logistico integrato nella PLAJLSF, che comprende magazzini, trasporti,
servizi medici, oleodotti, riserve e lavori di genio.
Viene
creata la forza di supporto strategico PLASSF, un nuovo tipo di forza per lo
sviluppo di capacità per i nuovi campi di guerra, informatici, cibernetici,
spaziali, della sicurezza informatica e per l’integrazione delle nuove tecnologie
per obiettivi strategici. Il PLA mira a divenire in grado di controllare
l’ambiente informatico attraverso la connessione alla rete di informazioni per
poter "vincere guerre informatiche locali”.
La
politica di sviluppo delle attrezzature e la preparazione al combattimento
stanno evolvendo dalla fase di meccanizzazione alla "guerra
intelligente" e a quella "informatizzata". Ciò ha portato a
rivedere i metodi di addestramento per garantire una maggiore interoperabilità
tra le forze e la preparazione a effettive condizioni belliche; va ricordato
che la Cina non ha recente esperienza di guerra, l’ultimo conflitto risalendo
alla breve guerra contro il Vietnam (febbraio-marzo 1979), condotta con
tecnologie e strategie lontane dalla situazione attuale.
Xi
Jinping ha sottolineato appunto l’importanza dello sviluppo delle capacità del
PLA di condurre operazioni congiunte, in effettive condizioni belliche,
migliorando la proiezione di potenza della Cina da livello regionale a livello
globale.
Coerentemente
con la priorità data allo sviluppo delle capacità convenzionali, scarsa
attenzione viene dedicata nel DNC agli armamenti nucleari: si riconfermano la
dottrina di non-uso per primi e di non-uso contro paesi privi di armi nucleari
e la limitazione a una forza di minimo deterrente finalizzato a garantire una
sicura capacità di reazione a un attacco nucleare; coerentemente, le armi sono
mantenute a un basso livello di allerta con le testate separate dai vettori
(non è chiaro se i sommergibili nucleari abbiano comunque testate a bordo). Si
stima che attualmente la Cina possieda 290 testate nucleari (in leggera
crescita) per 180-190 missili con base a terra di varia gittata, per lo più di
portata media e intermedia, fra 660 e 5500 km, e qualche decina di ICBM, oltre
a 48 missili lanciabili da sommergibili.
Tutte
le forze missilistiche (sia nucleari che convenzionali), con i relativi sistemi
di controllo, afferiscono alla PLARF, impegnata nello sviluppo qualitativo
degli apparati e la sostituzione dei missili a combustibile liquido e testate
di potenza di qualche megaton con missili mobili a combustibile solido e
testate fra 200 e 300 kton; in reazione allo sviluppo dei sistemi anti-missile
americani alcuni vettori vengono dotati di sistemi a testate multiple
indipendenti (MIRV). La ventina di bombardieri H-6K, con raggio d’azione di
oltre 3000 km, sono predisposti per operazioni nucleari, ma il DNC non
attribuisce alle forze aeree compiti di deterrenza nucleare.
Le spese per la difesa
Il
documento illustra le spese cinesi per la difesa e la loro continua crescita
negli ultimi anni per passare da un “livello di sussistenza a una crescita
moderata”: dal 2012 al 2017 sono passate da 669,192 miliardi di RMB a 1043,237
miliardi di RMB (da circa 103 a circa 151 miliardi di dollari), con un aumento
medio annuo del 9,42%. Il grande aumento del prodotto interno lordo (PIL) e del
bilancio statale della Cina in questi anni ha permesso di ridurre il peso delle
spese per la difesa sul PIL attorno al 1,28% e al 5,26% delle spese statali
(era il 17,37% nel 1979).
La
spesa cinese risulta seconda solo agli USA; nel 2019 con 177,6 miliardi di
dollari raggiunge il 26% di quella americana e il 60% di quella globale degli
altri paesi della NATO (va comunque notato che gli istituti di ricerca
indipendenti SIPRI e IISS stimano che le spese effettive cinesi vadano
moltiplicate per un fattore 1,4 - 1,5 per renderle confrontabili con quelle dei
paesi occidentali). Va inoltre osservato che mentre la Cina investe in nuovi
materiali il 41% della spesa totale, gli USA si fermano al 27,5% e pochi paesi
europei della NATO raggiungono il 20% previsto dalla stessa NATO
Il
DNC motiva l’aumento delle spese cinesi con: lo sviluppo economico e sociale
del personale, il miglioramento degli armamenti e delle attrezzature con la
sostituzione dei materiali obsoleti e l’acquisizione di nuovi sistemi, il
sostegno delle riforme strutturali, il potenziamento della formazione in
situazioni di effettivo combattimento e il contributo ai vari compiti militari,
incluse le missioni ONU, l’assistenza umanitaria e gli impegni di soccorso nei
disastri naturali.
Fonti
-
The State Council Information Office of the People’s Republic of China, 2019,
China’s National Defense in the New Era, Foreign Languages Press Co, Beijing.
-
Office of the Secretary of Defense, 2019, Annual Report to Congress: Military
and Security Developments Involving the People’s Republic of China, 2019, US
Department of Defense, Washington DC.
-
Eric Heginbotham, Michael Nixon, Forrest E. Morgan, Jacob L. Heim, Jeff Hagen,
Sheng Li, Jeffrey Engstrom, Martin C. Libicki, Paul DeLuca, David A. Shlapak,
David R. Frelinger, Burgess Laird, Kyle Brady, and Lyle J. Morris, 2019, The
U.S.-China Military Scorecard: Forces, Geography, and the Evolving Balance of
Power: 1996-2017, RAND Corporation, Santa Monica CA.
-
Michael S. Chase, Jeffrey Engstrom, Tai Ming Cheung, Kristen A. Gunness, Scott
Warren Harold, Susan Puska, and Samuel K. Berkowitz, 2015, China’s Incomplete
Military Transformation, Assessing the Weaknesses of the People’s Liberation
Army (PLA), RAND Corporation, Santa Monica CA.
-
Hans M. Kristensen and Matt Korda, 2019, Chinese nuclear forces, 2019, Bulletin
of the Atomic Scientists 75 (4), 171–178.
*Università di Padova