di Angelo Gaccione
È uscita
la nuova raccolta poetica di Renato Pennisi, si tratta de L’impazienza;
come la precedente (apparsa nel 2016 col titolo Provulazzu e presentata
a Milano alla Libreria Popolare di via Tadino), anche questa è stata pubblicata
nella Collana tascabile Lyra delle Edizioni Interlinea di Novara. Si tratta di
un tascabile alquanto strano perché ha una forma quadrata. A me ricorda tanto
il formato dei libretti d’opera pubblicati dai Fratelli Fabbri Editori di cui
possiedo una discreta collezione, e dove sono comparsi i testi di Francesco
Maria Piave, Felice Romani, Salvatore Cammarano, Ghislanzoni, Sterbini,
Leoncavallo, il duo Giacosa-Illica, ecc.
Drammi come Il barbiere di Siviglia, Rigoletto, Aida,
Il Trovatore, La sonnambula, Pagliacci, L’Elisir
d’amore, La bohème, tanto per citarne alcuni, musicati da maestri
come Puccini, Donizetti, Verdi, Mascagni, Bellini, Rossini, e così via. Ad ogni
modo ormai questa Collana di Interlinea ha stampato il numero 83 e dunque si è
ritagliato un suo spazio nell’editoria poetica italiana. Il libro di Pennisi è
diviso in quattro sezioni e raccoglie in totale 65 testi poetici di una specie
di viaggio personale e interiore in cui ci sono dentro gli affetti familiari,
le ombre di chi ci ha lasciati, i luoghi fisici, i volti, i colori, il senso
del proprio esistere, raccontati anche in rapporto con le cose e ciò che muta o
è irrimediabilmente mutato. Impossibile dare conto di un pentagramma poetico
così diversificato, la pubblicazione di alcuni testi darà ai lettori un
assaggio della ricchezza che dentro il libro potrà trovare.
***
Non ho amato quella
casa
era la casa di mia
madre
non la mia.
Costruirono il palazzone
di via Verona
dove c’era una villetta
liberty
e giardini di rose e
palme
nel quartiere dei
fantasmi
tra Monserrato e via
Papale.
Allora come adesso
la voce dice vai
via. (pag. 66)
***
Campane, nel grido
della primavera
il cielo si è aperto
occorre essere
preparati
e viene voglia di
scrivere
campagne dorate, frutti
promessi, campane
le gambe sulla
bicicletta
la strada ha qualche
buca
e cespi carnosi della
parietaria
qualcosa accade
come ogni anno,
qualcuno arriverà
e il desiderio non rimane
chiuso da questi muri
la perfezione è noiosa,
tutto il cielo
avvolge il paese, la
piazza, il bar
le luminarie, l’aria
dolce di torrone
e caramello, noi
torneremo qui
fosse solo nel pensiero
la nostra festa,
campane
le bancarelle, lo
zucchero filato
e arrivare qui, bianca
domenica mattina. (pag. 71)
***
È l’ora della scarsa
ispirazione
il pomeriggio.
Sopra di un palmo le
cime
dei pini marittimi più
alti
la tramontana è tiepida
la scioglie
perché sia più gentile
sul muro la sua ombra. (pag. 72)
Renato Pennisi
L’impazienza
Interlinea Ed. 2019
Pagg.90 €.12,00
Quello di Michele Brancale L’apocrifo
nel baule esce invece dalla Passigli di Bagno a Ripoli (Firenze). Presso
questo editore il poeta della Basilicata aveva pubblicato Rosa dei tempi
nel 2014. L’apocrifo raccoglie testi poetici composti tra il 2010 e il
2017 e divisi in sette sezioni. Sono introdotti da Roberto R. Corsi e compresi
nella bella Collana fondata da Mario Luzi. Sono 47 componimenti di argomento
diversificato. Di particolare interesse gli undici della sezione “Guerra e
pace” che aprono la raccolta. Per la gioia dei lettori pubblichiamo però tre
testi, uno compreso nella sezione “Il Paese” e due compresi nella sezione
finale che ha per titolo “Per fede e per amore” che temporalmente dovrebbero
essere fra i più recenti, se Brancale ha seguito un ordine cronologico per la
sua raccolta.
Il mio paese
È un mucchio di case su
crete arse.
Anche da lontano riesco
a sentirne
il suono nelle
gradazioni offerte
dal giorno: il canto
mesto del lavoro,
la campana che percorre
la valle
le sonagliere di muli
carichi,
le parole che dicono
degli ‘altri’
che sono partiti.
Sottocoperta
non posso fare a meno
di pensare
se sarò restituito al
mio paese.
La
fontana di Caperrone
L’acqua che voglio bere
scende a gocce
rade. È la più chiara e
non disseta.
La fontana che la porta
non sorge
al centro del paese, ma
alle porte
dell’abitato, in una
contrada.
È posta alle pendici di
un burrone.
Anche se fuori mano
voglio dare
un limite a ciò che
sembra saziare.
La voce del mondo
La voce del mondo si fa
sentire
di sera, quando
raggiunge le cose
con leggerezza, annunciando
la forza
indifesa di chi non ha
che un grido
da offrire per festa o
per cedimento.
Quella voce arriva se
non si chiude
la strada per essere
umani ancora.
Michele Brancale
L’apocrifo nel baule
Passigli Ed. 2019
Pagg. 80 € 12,00
Segnaliamo l’uscita del numero 11
(marzo 2019) della rivista siciliana di Letteratura e Ricerca “La Terrazza” con
scritti, fra gli altri, di Gualtiero De Santi, Sebastiano Aglieco, Renato
Pennisi, Grazia Scuderi, Riccardo Bernini, Salvatore Massimo Fazio, Maria Nivea
Zagarella, Margherita Rimi, Giacomo Vit, Tonuti Spagnol, Sebastiano Leotta,
Antonio Di Silvestro.
La Terrazza
Edizioni Novecento 2019
Pagg. 64 € 10,00
La copertina di "Rivista A" |
Quarantanove sono gli anni di “A
Rivista Anarchica”, 436 i numeri finora pubblicati. Il 436°, quello estivo
attualmente nelle edicole e nelle librerie, è come sempre ricco di stimoli e di
riflessioni. C’è, fra i tanti, uno scritto che mi riguarda: una recensione di
Angelo Pagliaro al mio libro di racconti L’incendio di Roccabruna. Non
conoscevo personalmente Angelo Pagliaro, e non mi sarà possibile fargli
giungere un messaggio di ringraziamento; in questo stesso numero della rivista
5 pagine ne annunciano la morte prematura (Pagliaro aveva 60 anni e viveva in
Calabria, a Paola, anche se era nato in Puglia) con scritti del direttore Paolo
Finzi, della sua compagna Letizia Attanasio Pagliaro, e del libraio fiorentino
Marco Capecchi. Come è a volte crudele e imprevedibile la vita, non mi ha
lasciato neppure il tempo per esprimere a quest’uomo un atto di riconoscenza.
Questa rivista su cui da tempo scriveva, il prossimo anno compirà mezzo secolo.
Un secolo compirà invece un’altra pubblicazione anarchica, “Umanità Nova”,
fondata a Milano da Errico Malatesta nel febbraio del 1920. Ho riflettuto su come sia incredibile e buffa la storia: in questi decenni sono spariti gli organi
di stampa di tutti i grandi partiti storici italiani (sono sparite
ingloriosamente l’Unità e l’Avanti, è stata seppellita La
Padania, sono evaporate le testate democristiane, liberali, repubblicane,
radicali, missine, inabissatisi alcuni di questi partiti stessi), ma
straordinariamente, caparbiamente, restano vivi e vegeti gli organi del
pensiero libertario rivelandosi come i più longevi nell’attuale panorama
politico-sociale, pur non attingendo a sussidi di Stato o al 5 per mille.
Quella della stampa libertaria resta una lettura necessaria per una buona
ecologia della mente. Ho sempre pensato che alla base dello spaventoso
conformismo della stragrande maggioranza degli uomini di cultura (nei vari
campi dell’espressività e del sapere) ci sia questa carenza, questa privazione.
I migliori e più consapevoli scrittori, artisti ed intellettuali provengono
quasi sempre direttamente da quel mondo, o dalle idee di quel mondo sono stati contaminati.
Pochi, ma irriducibili, gli anarchici sopravvivono a tutte le tempeste come
quelle piante abbarbicate alle rocce che niente può scalfire. Il mio amico Léo
Ferré, il celebre chansonnier francese che si era trasferito in Toscana, a
Castellina in Chianti con la sua Maria e i suoi cani, li ha cantati in un suo
testo in cui dice “non sono l’uno per cento” ma esistono e sono
indistruttibili. Ed è una buona cosa. E per ricordare in questo agosto torrido
anche la voce di Léo e le sue ballate poetiche tenere e ribelli, quel testo lo
voglio riprodurre qui di seguito integralmente.
Non son l'uno
per cento ma credetemi esistono
in gran parte
spagnoli chi lo sa mai perché
penseresti che
in Spagna proprio non li capiscano
Sono gli
anarchici
Han raccolto
già tutto
di insulti e
battute
e più hanno
gridato
più hanno
ancora fiato
Hanno chiuso nel petto
Hanno chiuso nel petto
un sogno
disperato
e le anime
corrose
da idee
favolose
Non son l'uno
per cento ma credetemi esistono
figli di troppo
poco o di origine oscura
non li si vede
mai che quando fan paura
Sono gli
anarchici
Mille volte son
morti
come è
indifferente
con l'amore nel
pugno
per troppo o
per niente
han gettato
testardi
la vita alla
malora
ma hanno tanto
colpito
che colpiranno
ancora
Non son l'uno
per cento ma credetemi esistono
e se dai calci
in culo c'è da incominciare
chi è che
scende per strada non lo dimenticare
Sono gli
anarchici
Hanno bandiere
nere
sulla loro
Speranza
e la malinconia
per compagna di
danza
coltelli per
tagliare
il pane
dell'Amicizia
e del sangue
pulito
per lavar la
sporcizia
Non son l'uno
per cento ma credetemi esistono
stretti l'uno
con l'altro e se in loro non credi
li puoi
sbattere in terra ma sono sempre in piedi
Sono gli anarchici.
Per un
assaggio di “Rivista A” potete richiedere una copia omaggio telefonando a
questi numeri: 02-2896627; 02-28001271, o scrivendo una email a: arivista@arivista.org
Ma la trovate nelle librerie e nelle edicole senza difficoltà.
Ma la trovate nelle librerie e nelle edicole senza difficoltà.