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martedì 1 ottobre 2019

NOBILTÀ DELLA POLITICA
di Franco Astengo


È esplosa a livello planetario la necessità di rileggere la realtà delle fratture sociali che attraversano nel XXI secolo questa modernità.
Emerge un’urgente necessità di tradurre il senso delle grandi mobilitazioni giovanili sul tema dei cambiamenti climatici e del tema ambientale: mobilitazioni che hanno coinvolto tutto il mondo arrivando fino all’assise globale dell’assemblea dell’ONU. Sembra salire come un moto dal profondo dell’animo del Pianeta. Un moto che pare coinvolgere a tutti i livelli soprattutto le giovani generazioni e pone grandi interrogativi alla politica.
Inoltre la politica si trova di fronte all’esigenza di rispondere alla molteplicità di problemi che presenta il flusso migratorio, l’altra grande questione nell’emergenza dell’oggi. L’imponenza dei flussi migratori pare proprio rappresentare ormai un momento di vero e proprio sconvolgimento globale che pone, prima di tutto, a dura prova gli scontati equilibri presenti in quelle che continuiamo a considerare società occidentali avanzate.
Due domande, ambiente e migrazioni, che appaiono ancora inevase nella sostanza di un crescendo di ritardi, conservatorismi, chiusure, facilonerie demagogiche, rilancio delle peggiori opzioni che hanno caratterizzato la storia recente. L’aggiornamento della ormai datata “teoria delle fratture” appare come indifferibile al fine di ricostruire un’adeguata teoria politica destinata alla lotta contro l’eterna centralità: quello dello sfruttamento insieme dell’uomo sull’uomo e del possesso abusivo delle risorse.
Si pongono enormi questioni di organizzazione sociale: serve una nuova strutturazione rivolta prima di tutto a riconoscere la realtà d’inedite contraddizioni e a porsi sul terreno, scosceso e infido, di un’adeguata dimensione dei processi d’integrazione. Nel ridottissimo spazio del sistema politico italiano si sono presentate, in questi giorni, due proposte rivolte appunto al tentativo di affrontare, sia pure in una parzialissima dimensione, il complesso scenario che fin qui si è cercato di descrivere.
Le due proposte riguardano l’una la concessione della cittadinanza attraverso l’utilizzo del parametro di valutazione definito dello “ius culturae” e l’altra l’estensione del diritto di voto ai sedicenni. Della seconda proposta si è fatto portavoce l’ex-presidente del consiglio Enrico Letta.
Sul punto dell’estensione del diritto di voto ai sedicenni è il caso di ricordare come il passaggio dai 21 ai 18 anni avvenne nel 1975 (in Italia, naturalmente) e poteva essere considerato come un frutto del ’68: in questo modo si richiama anche la necessità di lavorare a una comparazione tra la natura dei movimenti nell’arco di un cinquantennio e sui loro effetti politici.
“Ius culturae” ed estensione del diritto di voto possono far parte di un pacchetto rivolto all’integrazione assieme sociale e politica ed è importante rendersene conto in particolare in una fase così complessa e contraddittoria.
In questa fase è bene ricordarlo emergono fortissime spinte rivolte per lo più verso una compressione degli spazi di esercizio della democrazia, di riduzione nel rapporto politica/società, nella visione dell’esercizio politico interna a un pensiero prevalentemente di segno schmittiano.
Una politica intesa esclusivamente e pericolosamente come “segno del comando” e strumento di sopraffazione “del nemico”.
Sono questi punti di riflessione di grandissima portata che richiedono per essere affrontati un grande sforzo sul piano culturale e politico.
La problematica di fondo riguarda naturalmente il rinnovo nella strutturazione del rapporto tra organizzazione sociale e organizzazione politica. Un argomento quello del rapporto tra società e politica strettamente collegato anche e soprattutto con quello dell’innovazione tecnologica essenzialmente al riguardo del rapporto con il mutamento di modi e tempi nell’organizzazione del lavoro e nella velocità e nelle possibilità di estensione di massa di utilizzo degli strumenti di comunicazione. Per ragioni di insufficienti capacità sul piano culturale non entro nel merito di questi pur decisivi aspetti. Mi limito a segnalare come si ripresenti per intero e non possa essere obliato il tema dell’aggregazione, del radicamento sociale, della capacità di espressione e di mediazione dei movimenti politici, di compiti e ruoli delle istituzioni rappresentative.
Nel corso del secolo scorso sono falliti i grandi filoni politici che ne avevano caratterizzato lo svolgimento nella sua fase centrale e adesso, nell’avvio del XXI secolo appaiono in crisi anche le forme più “moderate” di quello che era stato lo sviluppo politico del ‘900: socialdemocrazia e liberalismo.
Nel ritorno in scena di forti tensioni estremiste e di chiusure forse impreviste nel quadro delle relazioni internazionali il ‘900 sembra allora ancora vivo e difficile da superare. Nell’arresto del processo di globalizzazione finanziaria che aveva caratterizzato il primo decennio di questa centuria e l’emergere di contraddizioni legate alla crescita abnorme delle disuguaglianze sul piano planetario non è sufficiente, come in apparenza potrebbe sembrare, una semplice irruzione generazionale all’interno della complessità.
È banale scriverlo ma forse vale la pena ripeterlo: serve una capacità d’interpretazione e di proposta che ci dica di più e meglio come progettare il futuro mantenendo un punto fermo: la politica e la sua organizzazione non possono abdicare dal compito di costituire la più nobile delle attività umane.