Pagine

martedì 1 ottobre 2019

PER CAMILLERI
di Fulvio Papi

Andrea Camilleri

Ho letto la maggior parte dei romanzi di Camilleri dove il protagonista era il commissario Montalbano. Li ho sempre letti “in vacanza” e da quando non ho più vacanze, con piacere di sosta. Di solito per dare una spiegazione di questo comportamento, si dice che si tratta di lavori che non costringono a fermarsi per riflettere, scorrono come dovrebbe scorrere una vita interessante che ogni giorno impegna uno scopo. In questo senso è una colloquiale mimesi immaginaria.
Si può essere più precisi: ci sono “romanzi” i cui personaggi costituiscono icone che sono diventate comuni. In questo caso bisogna essere molto più precisi: per fare una prima distinzione è necessario riconoscere che i personaggi mostrano una identità che può contare su una universalità che è più richiesta dal personaggio che dal racconto, o dai racconti che riguardano le sue imprese o la conoscenza delle medesime da un vastissimo pubblico: Ulisse, ha molte costruzioni mitologiche, ma ha anche una identità molto semplificata (anche nei tratti originari) che costituisce un caso, come esempio, anche in settori poco culturalizzati. Ci sono personaggi che sono icone di un parlare colto che ha trasportato un personaggio dalla sua fonte letteraria, alla ricchezza della sua comunicazione della sua certezza, come per esempio tra l’uno e l’altra si può immaginare una scala della quale ogni gradino, in decrescenza, di popolarità continua ad avere un suo carattere iconico. Vi sono personaggi che non escono dalle pagine del libro e intorno ai quali possono discutere, letterariamente, solo i competenti di quella opera. Perfino vi sono personaggi che chiamano il lettore alla loro vita e alle loro vicende con una capacità di partecipazione al mondo (qualsiasi cosa facciano) che mischia le carte tra la loro comparsa testuale e la nostra immaginazione identitaria. In altri termini è finzione quasi riassuntiva di pensare e di agire in modo coerente con un raggio d’azione e lo stile del personaggio. Questa provvisoria identificazione di figure, ambienti, stili, ha una durata provvisoria naturalmente, usa il tempo della cultura del lettore nel mondo del personaggio, è un gesto di abituali percorsi. È naturale che lo scrittore deve offrire una modalità realistica che si deve costruire in un ambiente frequentabile dal lettore. Questa scrittura ha il merito di un romanzesco immediato dove l’azione e il comportamento corrispondono sempre a un condotto lineare e omogeneo, unito dal “carattere” del personaggio e non sono coinvolti in quadri fuori campo, esagerati o incomprensibili. È un realismo che sviluppa se stesso e non cade nella dimensione empirica di qualche valore generale che non spetti, nelle sue proposizioni, al personaggio in questione. Una scrittura come i personaggi di Camilleri appartengono a questa classe realizzando una funzione della letteratura di cui tutti abbiamo bisogno perché, nella pausa, la nostra vita acquisti echi positivi, complessi, interessanti, imprevisti. E la semplicità del dono che finisce col sollecitare il bisogno e la riconoscenza. Ora Camilleri non c’è più, e 15 milioni di copie dei suoi libri girano per il mondo. Tutti pensano con saggezza che la perdita, considerata l’età, è compensata da questo trionfo sociale e culturale. A me evidentemente manca qualcosa per comprendere il tutto.