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giovedì 30 gennaio 2020

GLI ZINGARI E LA MEMORIA
di Francesco Piscitello

Zingari nei lager

Caro direttore, anche quest’anno abbiamo celebrato il giorno della memoria. Una giornata importante. Tu conosci bene le ragioni che, per ragioni biografiche, rendono per me particolarmente significativa quella giornata. Ho anche ascoltato con commozione, con grande commozione, le parole di Liliana Segre al Parlamento europeo.
Però manca qualcuno all’appello. Zingari, omosessuali, disabili… Gli zingari in particolare. Seguo abbastanza l’informazione - televisione, stampa - ma non ho avuto modo di trovare costoro come oggetto di memoria, se non per vaghi accenni. La ruspa non passa, evidentemente, soltanto sui loro accampamenti. Anche come vittime non meritano particolare considerazione.
Io però voglio ricordarli. Con questi modesti versi.

Una comunità di Rom

PORAJMOS  
                                     
Poco fa, al semaforo, una zingara
insisteva ostinata
nel volermi lavare il parabrezza.
«Basta! - ho gridato infastidito - Smettila!».
E sono andato via.

Porajmos
è un’espressione della loro lingua,
non così conosciuta
come shoah:
nessun Primo Levi tra loro,
né un Simon Wiesenthal.
Quella parola, però, vuol dire
la stessa cosa.
Ne hanno sterminato
mezzo milione a Buchenwald.
E a Bergen-Belsen.
E a Dachau.
E a Treblinka.
E a Sobibor.
E a Ravensbruck.
E a Mauthausen. 
E ad Auschwitz-Birkenau…

Devo tornare di corsa al semaforo:
forse la zingara è ancora là.