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mercoledì 29 gennaio 2020

RICORDO DI ANTONIO MONESTIROLI
di Jacopo Gardella
 
Antonio Monestirolo
Non sarebbe piaciuto ad Antonio Monestiroli un ricordo imbastito di pensieri retorici, di frasi struggenti, di espressioni lacrimose. Uomo serio, rigoroso, lineare gli si addicono parole semplici e sobrie e soprattutto sincere. Ed in ciò si riflette per analogia la sua architettura deliberatamente priva di orpelli, di fronzoli, di aggiunte ornamentali; e ridotta solo a ciò che è strettamente necessario.
Del rifiuto di ogni vuoto formalismo, di ogni superflua decorazione egli ha fatto il principio di tutta la sua lunga e feconda produzione ed ha seguito questo principio con costanza e determinazione. Le sue architetture sono sempre ridotte all’essenziale: lineari, nude, spoglie; geometricamente regolari e disciplinatamente ordinate.



Il suo maestro preferito e sempre fedelmente seguito è stato Ludwig Mies van der Rohe. Da lui ha preso l’esempio ed in lui ha trovato la conferma del seguente basilare principio compositivo: è la stessa struttura dell’edificio che diventa ornamento e che, esibendo sé stessa e mostrando la sua funzione statica, acquista un valore estetico e diventa forma essenziale.
Di Mies van der Rohe come di Monestiroli si può parlare di composizioni astratte: infatti a somiglianza di un dipinto astratto - formato da elementi geometrici chiari ed evidenti (linee rette, superfici regolari, angoli ortogonali) - anche le facciate delle loro opere sono composizioni astratte, cioè combinazioni pure e semplici di figure geometriche (specchiature rettangolari, linee rettilinee di pilastri e travi, spigoli ortogonali).
Nelle architetture di Monestiroli l’influenza del Maestro Mies in molti casi è evidente ed immediata: come nelle travi reticolari sovrapposte alla copertura piana dell’edificio a Rogoredo (Milano) che ripetono fedelmente quelle della Facoltà di Architettura dell’I.I.T. a Chicago; oppure nel rivestimento di preziose lastre lapidee nel progetto del Ponte dell’Accademia a Venezia ed ispirate ai setti murari rivestiti di marmo pregiato nel Padiglione di Barcellona. In altri casi l’esempio del Maestro è meno evidente e meno diretto, tuttavia è sempre fedele agli stessi principi di ordine e di disciplina in difesa dei quali entrambi, maestro ed allievo, sono sempre stati esigenti e irremovibili.


Consapevole di appartenere ad un paese mediterraneo e sentendosi erede di una civiltà classica Monestiroli introduce nelle sue opere materiali costruttivi propri del luogo: nel Cimitero di Voghera le murature sono rivestite di mattoni provenienti dalle vicine fornaci e lasciati interamente a vista: esempio di rispetto per la cultura edilizia regionale.
Oppure fa riferimento ad architetture del passato: nella Casa per Anziani a Gallarate sopra le aperture rettangolari delle finestre sporgono cornici orizzontali che alludono ai “cappelli” architravati delle finestre nei palazzi tardo-rinascimentali: esempio di competenza nella Storia della Architettura nazionale.
Seguire un maestro non vuol dire copiarlo pedissequamente ma al contrario essere capaci di imparare dal suo esempio e nello stesso tempo non rinunciare alla propria personalità.
Questo basilare imperativo didattico, proprio di chi sa essere un bravo docente, sta alla base dell’insegnamento universitario di Monestiroli e spiega la grande stima riconosciutagli dai suoi allievi, i quali ne apprezzavano la capacità didattica ma allo stesso tempo il desiderio di non imporre la propria visione, la volontà di istruire ma allo stesso tempo lo scrupolo di non causare inibizioni.


Nei rapporti con il prossimo Monestiroli ha sempre dimostrato che la Razionalità non esclude la Sensibilità cioè l’attenzione ed il rispetto per gli altri. Pur essendo deciso e severo nei suoi giudizi critici, pur censurando con franchezza e con coraggio le posizioni estetiche ed ideologiche a lui contrarie, Monestiroli manteneva sempre un atteggiamento leale ed onesto; e nei contrasti con il prossimo non si dimostrava mai fazioso ed evitava di indirizzarsi aggressivamente contro chi non condivideva i suoi giudizi.
Se volessimo usare una parola ormai obsoleta potremmo dire che Monestiroli era “un gentiluomo” cioè un “uomo d’animo gentile”, un signore di sentimenti buoni, capace di ascoltare pareri contrari al suo ma mai indotto a disprezzarli.


Alla correttezza del suo comportamento nel lavoro professionale va aggiunto il suo affetto in ambito famigliare. La solidarietà con la moglie Elena e l’appoggio dato ai figli Teresa e Tomaso sono un bell’esempio di famiglia laica, libera ed unita. A tanti amici che lo ricordano per le sue doti di architetto bravo e competente merita di essere aggiunta la nostra stima per le sue qualità di uomo comprensivo e serio.