Pagine

lunedì 17 febbraio 2020

Arte
GEORGE DE LA TOUR
di Giorgio Colombo


George de La Tour (1593-1652) in esposizione a Milano a Palazzo Reale sino al 7 giugno, si inserisce in quel particolare mondo oscuro di poveri, affrontato dal Caravaggio circa vent’anni prima. Se i cieli aperti, luminosi, accoglienti di santi, divinità, personaggi svolazzanti e felici, dal caravaggismo in poi, il nero, il buio delle scene accompagna l’universo dei diseredati, magari nella parte di un macilento San Giacomo o di una pentita Maddalena. De La Tour era un nome sparito dalla storia dell’arte e poi tardivamente ricomparso con una segnalazione dello storico dell’arte Hermann Voss nel 1915 e riconfermato con gli acquisti del Louvre del 1926. La prima mostra si apre nel 1934 alla parigina Orangerie con Peintres de la réalité en France. Indiscussa la sua qualità, anche se le opere attribuite, pure in mancanza di segni sicuri, sono circa soltanto quaranta, delle quali, ora esposte, quindici più una attribuita. Nato a Vic-sur-Seille nel 1593, pare di cattivo carattere, col matrimonio acquista il titolo nobiliare. Padre di dieci figli, apprezzato dal Duca Enrico II di Lorena, muore a Lunéville nel 1652.

La rissa tra musici mendicanti

La donna a sinistra si spaventa, i musici a destra se la ridono, in mezzo i due, grandi e grossi, si minacciano. Ognuno di loro mostra insistite espressioni e gesti differenti, realizzati con una spiccata invenzione coloristica.

Suonatore di ghironda con cane

La figura imponente e severa del padrone si contrappone al cagnolino schiacciato per terra, impaurito, i sassi accanto e un cadere sul pavimento di un laccio che forse è stato usato come frusta sull’animale. Una contrapposizione padrone-cane che rende più commovente la vittima.

Giobbe deriso dalla moglie

Il biblico Giobbe, seduto, malato, svestito, barbuto, massiccio, la ciotola sbeccata ai piedi, ha perso tutto, bestiame e figli senza lamentarsi. La moglie, di raffinata eleganza, si diverte crudelmente a prenderlo in giro.
Tre esempi ambigui, che dimostrano una inconsueta libertà interpretativa. Anche le tecniche esecutive sono variabili, da una pasta grassa, spessa, vibrante ad una stesura piatta, fredda, tendenzialmente uniforme. Sempre da un profondo buio misterioso la luce della candela fa nascere i personaggi. Uno dei ‘Maestri’ viene nominato “del Lume di Candela”. Il tempo e il dove sfuggono, in una voluta impronta teatrale.
La mostra presenta anche, oltre i lavori del De La Tour, altri artisti dello stesso periodo, Franz Hals, Gerrit van Honthorst, Jan van Bijlert ecc. Prendo come esempio “Gesù a dodici anni tra i dottori” di Paulus Bor, 1630-35.

Gesù a 12 anni tra i dottori

Inutile sottolineare l’aspetto sottilmente comico della scena, la differenza di grandezza tra il piccolo Gesù e i vecchi dottori, il cartiglio sulla fronte del più alto, la varietà delle barbe ecc. La scioltezza con cui vengono affrontate scene religiose e laiche conferma la libertà dei pittori di quel periodo e la disponibilità, il gusto degli aristocratici compratori, pur tra i disastri e le difficoltà, le malattie del secolo. Un tempo in cui, nella mano dell’artista, l’intensità del buio esalta la forza artificiale della luce.