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sabato 29 febbraio 2020

Libri
CARROZZA 7
Zanini e la sua narrativa consapevole
di Angelo Gaccione

Claudio Zanini

Di sessantacinque capitoli più una breve nota conclusiva consta il nuovo romanzo di Claudio Zanini (Carrozza n. 7, Edizioni Bietti 2018 pagg. 368 € 16,00). È un romanzo apertamente e scopertamente “politico”; potete arricciare il naso davanti a questo termine, ma tutto è politico, qualsiasi gesto, qualsiasi scelta: persino l’acquisto di un innocuo giocattolo per il vostro bambino. Ma per politico qui si intende una cosciente e consapevole intelligenza delle cose. Un saper leggere, cioè, sotto la superficie dei fatti, per esempio, o dentro la sostanza di parole-concetti che in astratto suonano prodigiose e persino auliche e solenni. Ma solo in astratto. Nella più cinica e modesta realtà delle cose, spogliate dall’aura mistica (mistificatrice?) che le avvolge, rivelano tutta la loro miseria. Si scrive, per esempio, pomposamente esportazione della democrazia, ma si legge mettere le mani sui pozzi petroliferi di un altro Paese; si scrive: libertà economica e di impresa, e si legge guerra senza quartiere per il controllo dei mercati ed il possesso delle risorse. Si scrive: ricostruzione e si legge indebitamento fino alla strozzatura e all’agonia finale, ad opera di banche, multinazionali, potentati economici privati. Si scrive: alleanza militare per la sicurezza e si legge sperpero di ricchezza nazionale in armamenti, coinvolgimento in conflitti bellici in luoghi del mondo dove non dovremmo essere; cessione di sovranità a Stati che occupano il nostro territorio con le loro basi militari e ne dispongono come padroni. Alleviamo la serpe in seno, come dice una nota metafora.
Le stesse parole che dal punto di vista della rappresentazione grafica si leggono per tutti allo stesso modo, non rivestono sempre nella sostanza e nella cinica realtà delle cose, uguale significato o valore. La bellissima parola libertà che per una parte della società vuol dire assenza di tiranni, di oppressione, di despoti; per un ristretto gruppo di oligarchi, di profittatori, vuol dire più prosaicamente mercato selvaggio, licenza, mano libera verso il raggiungimento del profitto con ogni mezzo e ad ogni costo: guerra e devastazione compresa. La libertà, cioè, di una forsennata corsa al profitto. Prendiamo ad esempio quell’ottima cosa che è la libertà di stampa e facciamoci qualche domanda: chi la esercita? In favore di chi? A chi appartengono i mezzi? Ne avete accesso voi o la gente comune? Ecco, se ci poniamo queste domande ci rendiamo subito conto che la libertà di stampa è la libertà di chi può concretamente esercitarla. La parola eguaglianza è altrettanto preziosa. Ma chi possiede il denaro e la finanza? Che uso ne fa? A vantaggio di chi? E quando parliamo di Patria, Nazione, Sacro Suolo, siamo sicuri che abbiamo in mente la stessa cosa? I mafiosi, gli speculatori, i trafficanti, i mercanti di armi, gli evasori fiscali, i corrotti della politica, dell’economia, della finanza, i saccheggiatori delle risorse, gli avvelenatori della natura, gli sfregiatori del territorio, i vandali del paesaggio, i profittatori del bene pubblico a proprio vantaggio, sono anch’essi parte di quella stessa Patria, di quella identica Nazione, di quel Sacro Suolo, o ne sono i nemici? Nemici interni, intestini, dunque traditori e assassini di quella che chiamiamo Patria, Nazione, Sacro Suolo, perché tramano contro questi valori e muovono una guerra quotidiana, implacabile, rovinosa.

La copertina del libro

Questa lunga digressione era necessaria per entrare nel cuore di un romanzo come questo di Zanini, che non concede alibi di sorta a qualsivoglia ambiguità, e in un serrato dialogo del capitolo 39 (pag. 209) mette in bocca a Saul Pallemberg e al professor Zeit queste parole a proposito della misteriosa morte del rappresentante di bambole Settembrini: 

“Si deve sempre diffidare delle maiuscole, professore!”

“Caro Pallemberg, neanche io credo alle maiuscole! Tutti i nomi come patria, famiglia, nazione, storia, eccetera scritti o detti con l’iniziale maiuscola mi suonano equivoci e ingannevoli”

“Caro professore, gli altisonanti proclami nascondono i più torbidi interessi, è noto. Tuttavia…”

“È la stampa che dovrebbe rivelare i secondi fini, le strategie sommerse, i reali interessi in gioco di un conflitto…”

Perché sul quel treno che va a Quorum, sulla fauna che lo compone (spie, militari, influenti manipolatori di governi e multinazionali, ecc.), sulle tresche e sui dialoghi che negli scompartimenti e negli appartati salottini si svolgono, la materia che abbiamo messa a preambolo di questo scritto e che emerge da questi piccoli lacerti che abbiamo poco sopra enucleato, rappresenta il cuore del discorso intorno a cui lo scrittore organizza la sua trama. In verità eventi drammatici ed ambigui si svolgono anche “fuori scena”, cioè al di fuori del treno, che resta tuttavia sempre sotto i riflettori e sempre tutto vi si riconduce. Subirà anche un drammatico assalto manu militare. Ma che cosa va a fare tutta questa gente a Quorum? La partita è di quelle pesanti: come scoprirete dai capitoli conclusivi del romanzo, una guerra civile virulenta oppone fazioni e gruppi. Come in ogni rivoluzione le dinamiche si ripresentano quasi canoniche, ma sottotraccia i profittatori vestono panni solo apparentemente rassicuranti, e chi ha mire di accaparramento del potere (il romanzo è anche un discorso sul potere e le sue dinamiche; non per nulla Machiavelli stende la sua invisibile ombra), usa i suoi persuasivi metodi che sono sempre gli stessi: aiuti interessati che finiranno per aprir loro le porte e raccogliere i frutti a guerra finita, quando l’ordine sarà ristabilito, e molti ideali venuti meno. Naturalmente a sporcarsi le mani saranno altri, mentre una classe in disfacimento (una nobiltà fuori dalla storia che resta pervicacemente ancorata a miti e riti ormai desueti) pagherà il suo malinteso senso dell’onore e sarà votata alla sconfitta. I lettori scopriranno anche come quasi tutti i viaggiatori verso Quorum si riveleranno pedine di un gioco più grande di loro e di cui non sono consapevoli, fatto di intrighi militari e diplomatici, e dove le idealità finiranno per rimanere deluse.  Carrozza 7 è un libro importante non solo per l’abile orchestrazione con cui sono condotte le vicende; lo è per lo stile molto curato, per le descrizioni precise e di grande bellezza poetica, per le immagini vivide che ci danno l’impressione di averle visivamente davanti agli occhi, per i dialoghi mai banali, per il pensiero robusto che vi circola e per la credibilità dei personaggi e del loro agire. È un romanzo importante perché ci mostra ciò che già conosciamo dalla saggistica e dallo studio della realtà, ma che la narrativa sa rendere più convincente perché finisce per offrirsi a noi come una vera e propria allegoria contemporanea. E soprattutto perché Zanini è dotato di una solida conoscenza della storia e sa scandagliare fra le sue pieghe. Nessun altro scrittore dopo Cassola è apparso all’orizzonte con una critica così radicale nei confronti della guerra e della sua barbarica insensatezza. Questo di Zanini è un romanzo apertamente schierato contro la guerra: “La guerra è un vortice che inghiotte e macina tutto. (…) la guerra è una tragedia anche se vi si è costretti” leggiamo a pagina 22. Ed è anche per questo che io l’ho sentito in maniera viscerale.