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sabato 28 marzo 2020

QUELLE BARE FUORI CITTÀ 
E L’UOMO NUOVO CHE SARÀ
di Federico Migliorati


“La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera”
G. Pascoli

Il medico di famiglia, l’insegnante in pensione, l’operaio, la casalinga, il sacerdote, il presidente di associazione, l’oste: storie di vita che il Coronavirus ha travolto come un fiume in piena, in quella che doveva essere una tranquilla fine dell’inverno. Un’immagine su tutte ci rimarrà impressa, tra le tante che quotidianamente i mezzi di informazione ci propinano a ritmo serrato: è quella delle numerose bare che vengono caricate sui camion dell’Esercito a Bergamo ove l’epidemia ha stroncato uomini e donne più che altrove. Si dirigono, quei mezzi, verso altre città: sotto le Orobie il forno crematorio non ha più capienza per accogliere i tanti, troppi morti. Come per l’ultimo tratto di vita, affrontato da soli lontano dai propri cari, in una stanza d’ospedale asettica pur se attorniati dall’impegno instancabile di medici e infermieri, anche la morte li conduce altrove. Questo triste periodo che pare non conoscere fine ci ha costretto ad apprendere il vero significato della parola assenza, termine a cui avviciniamo immediatamente quelli di dolore, patimento, sofferenza, angoscia. In pochi giorni il mondo che abitavamo è stato spazzato via da un vortice senza precedenti. Viviamo un presente tragico e ci dirigiamo verso un futuro inconoscibile, a cui affidiamo speranze e auspici di un pronto ritorno a quella normalità da tutti agognata. Ma da ciò non  usciremo uguali a prima: avremo finalmente un cuore rafforzato, irrobustito dal bene che è stato prodotto, finito in mille rivoli ad aiutare sofferenti e operatori che a loro si dedicano. Avremo riscoperto il senso di comunità, al di là delle divergenze politiche e ideologiche, di territorio o di ceto sociale: tutti finalmente uniti perché tutti ugualmente feriti, nell’anima e, alcuni, anche nel corpo. Ci disporremo ad inseguire e custodire l’importanza degli affetti più cari, riportati al loro giusto valore, a ridare al diuturno dipanarsi dei giorni un ruolo diverso, meno superficiale e banale, a rendere l’amore e la carità i contenuti essenziali del nostro agire. Qualcuno, infine, avrà speso questo tempo cercando e trovando la fede, come un tesoro prezioso a cui affidarsi non per opportunismo, ma per convinta adesione al messaggio di Colui che mai delude.