di Lisa Mazzi
Berlino. È iniziato luglio e siamo alla
terza o quarta fase del Covid, che, grazie alle nuove “aperture” della politica
europea, permette a molti una partenza per le agognate vacanze, o, per gli
expat, al tanto desiderato rientro a casa, non solo per riabbracciare i
famigliari dopo il lungo periodo del lockdown, ma anche perché, in Germania,
nella fattispecie a Berlino, l’estate, nel 2020, fatica molto a rivelarsi come
tale.
In questa specie di limbo, dove l’azzurro è pallido e il
grigio, in tutte le sue sfumature, detiene il controllo del campo, con valori
massimi sui 22, 23 gradi, diventa sempre più difficile accettare la situazione
senza imprecare quotidianamente, o rimediare cercando in vino veritas.
In questa fase di elucubrazioni mentali sui rischi reali
che ancora persistono e i desideri più o meno repressi di evasione, ho iniziato
a riflettere sul tempo. Banale si potrebbe dire, ma non è così, visto che in
italiano, come per altro in tutte le lingue neolatine, la parola “tempo” è
polisemica, riferendosi sia alla dimensione atmosferica, che a quella temporale
e, non dimentichiamolo, anche a quella musicale, per cui occuparsi del tempo
permette di spaziare a vari livelli.
A differenza del tedesco che inchioda il parlante con
lemmi ben precisi a seconda del significato come Wetter (neutro) per il meteo,
Zeit (femminile) per il suo significato filosofico tra lo scorrere e il
fermarsi dello stesso e Takt (maschile) per la musica. Già quest’ultima onomatopea
da sola basta a scoraggiare subito chi provi a cimentarsi in qualche saggio
musicale e si trovi appunto fuori tempo.
Uno dei primi effetti del lockdown sulle persone è stato
sicuramente quello di assaporare la lentezza, a cui si è stati improvvisamente
costretti rimanendo chiusi in casa e cancellando tutti gli impegni dell’agenda
quotidiana. Lentezza che poteva essere considerata anche come fattore positivo
per abbattere lo stress accumulato con il ritmo frenetico prima della pandemia.
Oppure come negativo perché il trascorrere delle ore in solitudine, o in
compagnia forzata dei conviventi creava non pochi problemi e facendo sembrare
sempre più lontano e irraggiungibile il ritorno alla normalità. Questa
sensazione ci ha accompagnato sicuramente da febbraio (marzo per la Germania)
fino ad aprile, quando il bel tempo persistente in quel di Berlino ci portava a
sperare nell’arrivo imminente di un’estate calda e soleggiata in grado di
spazzar via le restrizioni e magari lo stesso Virus.
In effetti la Germania non ha mai messo in atto un
severissimo lockdown come l’Italia, e il fatto di essere una Repubblica
Federale ha permesso ai governi locali di agire a seconda della situazione
necessaria nei vari Länder. Il mese di aprile è finito diffondendo una
sensazione di positività. Il numero dei decessi era rimasto contenuto e la vita
sembrava poter iniziare a riprendere. Ma appunto sembrava, perché, come tutti
sappiamo, il Virus continua ancora oggi ad espandersi, se non si sta attenti, riproponendo
hot spots e quarantene in Europa, per non parlare di quei paesi, dove i
politici tendono a minimizzare gli effetti della pandemia e hanno ormai perso
il controllo della situazione. Quando è iniziato maggio la voglia e la fretta
di recuperare il tempo e il denaro perduto hanno fatto mettere per così dire
una marcia in più e così, oltre all’allungarsi delle giornate, si è diffusa la
percezione che il tempo andasse più in fretta. Non parliamo poi di giugno,
letteralmente volato e siamo già a luglio, senza che il tempo, quello
atmosferico, vale a dire l’estate, dopo aver fatto capolino per non più di
qualche giorno, si sia decisa ancora ad arrivare. E nell’attesa, cerchiamo di
rincorrerla senza poter essere sicuri di acchiapparla, perché il calendario,
ogni giorno che passa con temperature tra il mite e il freddino, ghigliottina
irrevocabilmente le nostre speranze.
Se non ci ammaliamo di Covid, ci ammaliamo di nostalgia
per quel mare e quel sole, che quest’anno, in parte, ci vengono negati.
Il cielo sopra Berlino, diventato famoso grazie
all’omonimo film di Wim Wenders è sempre stato grigio per antonomasia, anche se
qualche volta qui l’estate è durata più di una sola settimana all’anno,
permettendo anche a chi non andava in vacanza, o se qualcuno arrivava qui da
turista di apprezzare l’azzurro del cielo e l’acqua verdazzurra dei laghi e
fiumi berlinesi, ma allora almeno non eravamo costretti alle mascherine e il Covid
lo lasciavamo ai libri e ai film di fantascienza.
Ora stiamo rincorrendo l’estate, il bel tempo, vorremmo
vincere il Virus e fermarlo in tempo, prima che ci freghi una seconda volta se siamo
sfortunati, o se non andiamo “a tempo”.