Pagine

mercoledì 19 agosto 2020

POETI
di Angelo Gaccione


I libri di Luigi Bianco non si possono raccontare, gli si farebbe torto. Sono libri che bisogna necessariamente prendere fra le mani e osservarli, ancora prima di sottoporli a lettura e meditarli. Libri che da anni, e per scelta, nascono quasi alla macchia, fuori da ogni circuito istituzionale, da ogni compromesso di politica editoriale, di industria culturale mercificata. Non è un caso che i libri di Bianco, pubblicati in proprio con le sue edizioni Amodali (anzi, amodali, rigidamente in formato minuscolo come i versi distribuiti lungo le pagine), con innesti fra i più vari, che siano lettere greche, numeri, o segni di diversa natura, non hanno neppure un prezzo di copertina. E tuttavia girano, vanno per il mondo, raggiungono mani selezionate, quelle che Bianco privilegia, secondo un rigido parametro morale, che vede la stima al primo posto. In genere dopo averli letti li faccio girare, a mia volta, fra mani altrettanto giuste. Qualche volta ne ho lasciato copia con dentro un biglietto su un sedile della Metropolitana, raccomandandomi di rimetterla in circolazione a lettura ultimata. Presto ne farò viaggiare una copia con me lasciandola nello scompartimento del treno e sempre con le dovute raccomandazioni.


A questo punto dovrei raccontarvi della materia di cui le pagine di questi libri sono fatte. Dovrei mettere in campo tutto il mio estro per dirvi di pietàs e di indignazione; di scelte radicali e di sentimenti; di luoghi e di volti; di eventi e di rinunce; di legami e di sogni… Ecco, vi bastino solo i sogni. E se riuscite a custodire e difendere per tutta la vita, come Bianco, i vostri di sogni, ebbene: vorrà dire che non l’avete sprecata del tutto la vostra vita.
Mi rendo conto che estrapolare dei semplici frammenti da libri che si presentano come corpi compatti e con una impaginazione grafica ben precisa, non sia il massimo, ma sono costretto ad adattare i testi ad una gabbia predefinita e inalterabile del giornale. Per lo meno se non voglio rinunciare al gesto di segnalarne la comparsa.





scrivo dal parco degli abissi
issato dal catrame della sconfitta
il mare mi libera dalla miseria
io misero clandestino
senza nomi di glorie umane

non so dirti delle mie passioni
un corpo stanco non sollecita più
nervi sensibili
vivo nel calmo piacere
di una luna rossa
che sale placida dal mare
mitragliate di rovine mi fanno chiudere
le parole dell’esterno ufficiale

sono lontano ma so
so che qualcuno muore
nel cercare la felicità
so che qualcuno vive solo
di fatica e privazioni
so che altri allevano schiavi
come sempre e più di sempre…

(A caso di nero di puro, 2019)





(…) terra di pietre sepolte
terra di pietre risorte
nei vicoli storti
di un paese in contumacia

terra d’assenze statali
predata da un nord
solo in vedetta d’affari
terra mia primitiva

accendi i fari della salvezza
stacca per sempre le tue pietre
dal nord inquinato
non solo smog
da tempo la ’ndrangheta
inquina più che da noi
terra mia
di ciclamini e ginestre
di mari appesi alle montagne
vivi nella tua lentezza e tolleranza
sii fiera del tuo destino
in solitudine

sii clemente
con uomini e donne che baciano
i tuoi piedi stanchi
i giovani andati
a baciare
le mani fredde d’Europa…

(Ancora senza àncore, 2020)