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giovedì 20 agosto 2020

Spigolature
L’ ALBERO DELL’ IMPICCATO
di Angelo Gaccione



Sono passati cinque secoli dalla nascita di Giovanni Della Casa, il monsignore toscano autore del celebre Galateo overo de’ costumi, con cui si prefiggeva di insegnare le buone maniere al suo giovane interlocutore. In verità non vi è alcuna interlocuzione, e quello che avrebbe dovuto essere un dialogo a due voci, si rivela un lungo ed unico monologo. Il vecchio ammaestrante è lui il sapiente, ed è la sua voce a prevalere sul giovanetto da ammaestrare. Il “vecchio” ragiona sui modi che si debbono o tenere, o schifare sia in ambito privato, sia in ambito pubblico.
È un’opera datata, il Galateo, e farebbe inorridire i nostri civilissimi contemporanei. Ma potrebbe inorridire anche lui, il Monsignore, se si trovasse per magia fra di noi e constatare come nella civilissima Milano, dei bipedi (italiani o stranieri non importa, lo stampo è lo stesso) a distanza di cinque secoli, escono di casa con una busta piena di immondizia e la abbandonano bellamente, e impunemente, per vie e strade. Vedere un automobilista sporgersi - con perfetta nonchalance - dal finestrino e svuotare in mezzo alla strada il contenuto del suo posacenere; incontrare gente con pantaloni a brandelli perché lo impone la moda; apparirgli nei luoghi più insospettati, esibizioniste di ogni età acconciate come battone. Si dirà: che sarà mai? Il nostro tempo ha problemi molto più drammatici cui badare. È vero: esiste una gerarchia di valori in termini di importanza, ed esiste una gerarchia di problemi in termini di drammaticità. Ma nutro la convinzione che a distanza di cinque secoli, comportamenti, ragionamenti e modi che si debbono tenere o schifare, come recita il Galateo, non hanno perso nulla della loro validità: anzi. Se nulla ci fa schifo, allora tutto è lecito; come lamentarci dunque, della pessima china che i tempi hanno preso?
Ragionando qualche mese fa con un amico calabrese, a proposito di comportamenti pubblici e privati, abbiamo dovuto constatare come ai nostri giorni sia del tutto scomparsa la nozione di vergogna, e come quasi più nessuno ricorra al suicidio, qualunque azione infame o riprovevole abbia commesso. Un abisso, rispetto alla condotta dei nostri padri o dei nostri nonni, che del senso della vergogna e dell’onore avevano fatto il loro abito morale. Ho ricordato alcuni casi di impiccati al tempo della mia giovinezza che mi avevano molto turbato. Era stato tuttavia un giusto contrappasso per essere venuti meno (non importa l’entità della colpa) alla propria coscienza ed al proprio dovere. Come sono cambiati i tempi! Oggi non penzola un solo corpo dall’albero dell’impiccato. E pensare che non dovrebbero bastare le foreste.