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sabato 8 agosto 2020

Taccuino
di Angelo Gaccione

IL CASTELLO DI BORNATO 

L'ingresso

Dai piedi della fontana, lo slargo dove tra l’altro è murata la lapide che ricorda il giovane partigiano Francesco Bessi, fucilato con altri 12 compagni a Lovere il 22 dicembre 1943 (Bessi aveva appena 18 anni), e sulla cui parete corre in orizzontale il graffito in bianco e nero “Guerra e Pace”, il Castello di Bornato (frazione di Cazzago San Martino), si raggiunge attraverso una breve salita costeggiando le possenti mura in pietra dove gli arbusti di capperi si sono tenacemente abbarbicati esibendo la loro suggestiva chioma ricadente. È un vero e proprio ricamo di boccioli verdi belli grossi; cocunci di questa identica dimensione ne avevo visti lungo la cerchia muraria di Grosseto che cinge, quasi intatta, la città toscana.
Non so se Cazzago è una corruzione di Cacciago ed abbia avuto a che fare con una zona di caccia; e tanto meno se Bornato abbia a che vedere con il termine dialettale “burna” con riferimento al sostantivo sorgente: meglio non impelagarsi in questo ginepraio, visto come il tempo e le continue modifiche dell’uso delle parole, abbiano alterato e confuso contorni e sostanza di molti toponimi. 

Scorcio del giardino

Il Castello è stato invece, certamente, un presidio militare. Un baluardo sull’intera pianura padana da tenere d’occhio, visto che spazia per ben settanta chilometri. Dal professor Sergio Sardini, che è stata mia dotta e premurosa guida, ho appreso che l’archivio è andato perduto in un incendio, ragion per cui sulla datazione certa del Castello occorre essere cauti. Confusione anche sul nome del personaggio che nel Medio Evo gli diede la fisionomia con cui si presenta ai nostri occhi: mura merlate a coda di rondine di tipo ghibelline, due torrioni rotondi e una quadrata con funzione, quest’ultima, di prigione. Per alcuni si tratta di Everardo Bornato, per altri di Edoardo, per altri ancora di Inverardo. Pare che gli inizi della costruzione risalgano al 1275, diverse fonti lo danno per certo nel 1280, cinque anni dopo. La parte sinistra è fattura medievale; la parte destra, di impianto rinascimentale, è un’aggiunta ad opera dei Gandini che ne ebbero il possesso nella seconda metà del Cinquecento, come dimostra lo stemma murato all’ingresso.


Mi sono chiesto come sia potuto accadere che un Castello di così lontane origini fosse giunto tanto ben conservato a noi contemporanei. Ho appreso dal prof. Sardini la ragione di tale miracolo: è stato sempre abitato. Gli attuali proprietari, gli Orlando, lo acquistarono nel 1938. Il ritratto di Luigi Orlando, fa ora bella mostra di sé nella sala che porta il suo nome, e dove c’è uno splendido caminetto di marmo bianco di botticino. 

Ritratto di Luigi Orlando

Un camino più grande, e altrettanto prezioso, lo troviamo nella Sala degli Dèi, detta anche dell’Olimpo; è in pietra di Sarnico e vi è incastonato al centro lo stemma dei Gandini. Sul soffitto una tela gigantesca con Giove, Marte, Nettuno e Bacco, dipinta da Pompeo Ghitti. Decisamente neobarocchi i dipinti della Sala dei Pavoni alle cui pareti è appeso un quadro in cui è visibile, assieme al committente e ad altri personaggi, la miniatura del castello stesso. 

Uno dei riquadri della Sala dei Pavoni

La Sala da pranzo, denominata pure dei Giganti, delle Finte Statue, e anche delle Allegorie, si caratterizza per la presenza di quattro figure a dimensione umana dipinte dentro nicchie. Il colpo d’occhio deve dare l’idea di statue scolpite, ma non lo sono. Sono “statue finte”, appunto. Sono, chiaramente, delle allegorie, come si può leggere dai cartigli in lingua latina: De fortitudine dulcedo (assieme alla forza la dolcezza); Priusquam incipio consulto (riflettere prima di agire); Fortunae submittendus animus (l’animo è sottomesso al capriccio della fortuna); Audi multa loquer pauca (ascolta molto e parla poco). Quattro princìpi di saggezza disposti ai quattro punti della Sala, di modo che i commensali ce li avessero a portata di sguardo durante il banchetto e i ricevimenti.

Sala delle Finte Statue
o delle Allegorie

Ora la Sala è arredata magnificamente come se ci si dovesse sedere e delibare, ed espone porcellane di Capodimonte, della Richard Ginori di Firenze, di Herend (Ungheria). Che meraviglia siano i soffitti di queste sale non è facile descriverlo. Originalissimi quelli realizzati a travetti policromi, sono davvero una festa per gli occhi.

La camera da letto

La camera da letto è strepitosa, sia per gli arredi, sia per i dipinti realizzati da Pietro Antonio Sorisene, mentre i paesaggi racchiusi nelle sovrabbondanti cornici barocche dipinte sulle pareti, dovrebbero essere opera dei Marcola (o Marcuola), una famiglia di pittori molto attivi nel veronese. Dalle poche e incerte notizie che sono riuscito a procurarmi pare che i Marcola fossero molto richiesti presso le ville gentilizie, ma, ovviamente non erano i soli.
Per non dilungarmi ulteriormente, devo dirvi che vi ho raccontato solo dei brandelli di quanto troverete in questo Castello della Franciacorta, circondato dai vigneti della celeberrima bevanda e da un territorio estremamente curato. Scoprirete da soli con una visita, se il mio “magnificare” è stato all’altezza; quel che è certo è che non vi deluderà.

Dante al Castello?

Naturalmente come tutti i castelli ha le sue leggende. Un quadro ottocentesco  presente in villa, ci mostra una visita di Dante Alighieri e un possibile suo soggiorno. Non ci sono documenti o testimonianze scritte a suffragare la presenza del vate, ma è un castello, e senza leggende che castello è?

La "padrona di casa" Luisa Orlando
con Angelo Gaccione

ALBUM

Gli esterni




Veduta della Villa











Gli archi medievali

I merli a coda di rondine

I vigneti

Gli interni


Altra veduta della Sala
delle Allegorie

Sala dei Pavoni

Scorcio della Sala
delle Finte Statue


Veduta di uno dei soffitti

Soffitto neobarocco della Sala dei Pavoni

Salone degli Dèi o Olimpo

Soffitto a travetti policromi

Porcellane R. Ginori

Porcellane di Capodimonte

Particolare della camera da letto

Decorazione di uno dei soffitti

Camino in pietra di Sarnico

Stemma sul camino

Veduta dei camminamenti
sotterranei

Miniatura del progetto del Castello